Categoria: Agenzia Pagina 12 di 13

20. L’indennità suppletiva di clientela non rientra tra i crediti privilegiati

L’indennità suppletiva di clientela non rientra tra i crediti privilegiati

Con la sentenza n. 18692 del 27 luglio 2017 la Corte di Cassazione ha escluso l’indennità suppletiva di clientela dall’ambito dei crediti privilegiati di cui all’art. 2751-bis n. 3 del codice civile, con la conseguenza che in caso di fallimento della preponente l’indennità suppletiva di clientela dovuta all’agente rientra tra i crediti chirografari.

In particolare nella suddetta sentenza la Cassazione ha affermato che:

  • l’indennità suppletiva di clientela è un istituto di origine contrattuale, che è applicabile agli agenti il cui rapporto è regolato, direttamente o indirettamente, da tali accordi;
  • l’indennità suppletiva di clientela non ha natura retributiva, ma si configura come un compenso indennitario finalizzato ad indennizzare l’agente per il danno derivante dalla perdita della clientela da lui procurata alla preponente nel corso del rapporto di agenzia;
  • l’art. 2751-bis n. 3 del codice civile, che riconosce il privilegio su “le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l’ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo”, non si applica all’indennità suppletiva di clientela, in quanto la finalità del privilegio previsto dall’art. 2751-bis n. 3 del codice civile consiste nel rafforzare la tutela dei crediti derivanti dalla prestazione di lavoro autonomo o parasubordinato, attraverso il riconoscimento della medesima collocazione privilegiata stabilita per i crediti retributivi derivanti da rapporti di lavoro subordinato, che sono diretti a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia.

In buona sostanza, con la sentenza in commento la Suprema Corte ha precisato che l’indennità suppletiva di clientela si configura come un compenso indennitario diverso dall’indennità sostitutiva del preavviso, per cui in caso di fallimento della preponente l’indennità suppletiva di clientela dovuta all’agente non rientra tra i crediti privilegiati, bensì tra i crediti chirografari, che hanno una tutela per così dire inferiore rispetto a quella prevista per i crediti privilegiati.

In concreto, quindi, potrebbe verificarsi il caso in cui un agente non ottiene nulla a titolo di indennità suppletiva di clientela, qualora nell’attivo fallimentare dell’ex preponente non ci sia denaro da distribuire ai creditori chirografari dopo che siano stati eventualmente soddisfatti i creditori privilegiati, tra i quali potrebbe rientrare lo stesso agente per le provvigioni dell’ultimo anno di collaborazione e per l’indennità sostitutiva del preavviso.

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19. Provvigione e buon fine dell’affare

Una delle questioni più dibattute nella gestione di una rete vendita è il momento in cui matura il diritto dell’agente a percepire la provvigione, dandosi erroneamente per scontato che tale momento coincida con il buon fine dell’affare.

Per fare chiarezza sulla questione del momento in cui matura la provvigione è opportuno esaminare l’art. 1748, IV comma, del codice civile, secondo cui:

Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente, dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

In buona sostanza, tale norma fissa due criteri per determinare il momento in cui matura la provvigione e più precisamente:

  • nella prima parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile è previsto un criterio generale – derogabile dalle parti – che fa riferimento al momento in cui il preponente esegue materialmente la propria prestazione o avrebbe dovuto eseguirla in base al contratto con il cliente;
  • nella seconda parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile è previsto, invece, un criterio inderogabile – essendo il limite temporale massimo entro il quale deve essere pagata la provvigione – che fa riferimento al momento in cui il cliente effettua materialmente il pagamento o avrebbe dovuto effettuarlo qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

Per meglio chiarire la questione in esame è utile fare qualche esempio.

In base al criterio generale enunciato nella prima parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile (che, come detto, è un criterio derogabile dalle parti nel contratto individuale di agenzia):

  • se il preponente consegna la merce al cliente alla data pattuita nel contratto, il diritto dell’agente a percepire la provvigione matura nel momento in cui viene effettuata tale consegna;
  • se il preponente è obbligato a consegnare la merce ad una determinata data e non lo fa, il diritto dell’agente a percepire la provvigione matura nel momento in cui tale consegna avrebbe dovuto essere effettuata.

In base al criterio inderogabile enunciato nella seconda parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile (che, come detto, rappresenta il limite temporale massimo entro cui l’agente deve essere pagato):

  • se il cliente paga il preponente alla data pattuita nel contratto, il diritto dell’agente a percepire la provvigione matura nel momento in cui viene effettuato tale pagamento;
  • se il cliente è obbligato a pagare ad una determinata data e non lo fa, il diritto dell’agente a percepire la provvigione matura nel momento in cui tale pagamento avrebbe dovuto essere effettuato.

Pertanto non necessariamente il momento in cui matura la provvigione coincide con il c.d. buon fine dell’affare e cioè con il momento in cui il cliente effettua il pagamento, con la conseguenza che si applicherà il criterio generale di cui alla prima parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile, salva diversa pattuizione contrattuale.

Occorre, quindi, prestare attenzione alla predisposizione e/o alla sottoscrizione di tale diversa pattuizione contrattuale, con cui può essere derogato il criterio generale sopra esaminato.

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18. Modificato dall’1 aprile 2017 l’A.E.C. settore commercio 16 febbraio 2016

Modificato dall’1 aprile 2017 l’A.E.C. settore commercio 16 febbraio 2016

Il 29 marzo 2017 è stato sottoscritto un accordo con cui sono state introdotte alcune modifiche all’A.E.C. settore commercio del 16 febbraio 2009, che rimane tuttora vigente.

Tali modifiche, in vigore dall’1 aprile 2017, riguardano:

1) Indennità suppletiva di clientela

È stato modificato l’art. 13, paragrafo IIterzo capoverso dell’A.E.C. settore commercio del 16 febbraio 2009 prevedendo che l’indennità suppletiva di clientela sarà corrisposta, ferme restando le condizioni previste, anche in caso di dimissioni dell’agente dovute a “conseguimento di pensione di vecchiaia e/o anticipata e/o APE Enasarco e/o INPS ”.

2) Commissione paritetica

È stata costituita una Commissione Paritetica per effettuare un percorso di analisi approfondimento sugli specifici ambiti di operatività del mercato dell’intermediazione commerciale e per approfondire tematiche specifiche come la formazione professionale degli agenti di commercio. Tale Commissione terminerà i propri lavori il 31 ottobre 2018.

3) Procedure per il rinnovo

È stato convenuto che le procedure del rinnovo del vigente A.E.C. settore commercio del 16 febbraio 2009 si avvieranno solo dopo che la Commissione Paritetica avrà terminato i suoi lavori e quindi successivamente al 31 ottobre 2018.

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17. Il patto di non concorrenza post-contrattuale nel contratto di agenzia

Il patto di non concorrenza post-contrattuale nel contratto di agenzia

Con la sentenza n 53 del 2017 la Sezione lavoro della Cassazione ha ribadito che quando in un contratto di agenzia è presente un patto di non concorrenza post-contrattuale ex art. 1751-bis c.c., l’agente ha diritto ad ottenere un’indennità di natura non provvigionale in occasione della cessazione del rapporto.

La sentenza in commento rappresenta – per il momento – l’ultima di una lunga serie di pronunce della Suprema Corte sul tema del patto di non concorrenza post-contrattuale nel contratto di agenzia, che si sono rese necessarie per risolvere le varie problematiche che si riscontrano nella prassi, nonostante tale patto sia espressamente disciplinato dall’art. 1751-bis c.c.

In particolare l’attuale formulazione dell’art. 1751-bis c.c., introdotta in attuazione della direttiva europea e in vigore dall’1 giugno 2001, prevede i seguenti requisiti di validità del patto di non concorrenza post-contrattuale:

  • forma scritta;
  • limitazione dell’ambito di applicazione del patto alla medesima zona, clientela e prodotti già indicati nel contratto di agenzia;
  • limitazione della durata del patto a due anni successivi all’estinzione del contratto di agenzia;
  • corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza post-contrattuale, che deve consistere in un’indennità di natura non provvigionale;
  • corresponsione della suddetta indennità all’agente in occasione della cessazione del rapporto;
  • determinazione dell’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale, affidata agli accordi economici collettivi. Laddove nel contratto individuale di agenzia manchi sul punto il rinvio agli accordi economici collettivi, allora l’ammontare dell’indennità in questione sarà determinata dal giudice in via equitativa.

Ebbene, a distanza di oltre quindici anni dall’entrata in vigore dell’attuale formulazione dell’art. 1751-bis c.c., in molti contratti di agenzia si riscontra la presenza delle seguenti clausole:

  • indicazione di zona, clientela e prodotti eccedenti quelli previsti nel contratto di agenzia;
  • durata del patto di non concorrenza post-contrattuale superiore a due anni;
  • indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale corrisposta in percentuale sul fatturato o come quota della provvigione;
  • indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale corrisposta nel corso del rapporto in maniera dilazionata;
  • calcolo dell’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale non effettuato secondo i criteri previsti dagli accordi economici collettivi.

Pertanto, prima di inserire in un contratto di agenzia una delle suddette clausole, sarebbe opportuno consultare degli esperti, in modo da valutare i rischi che ne potrebbero derivare.

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16. Il diritto dell’agente di accedere ai documenti contabili della preponente

Il diritto dell’agente di accedere ai documenti contabili della preponente

In diverse pronunce la Corte di Cassazione ha stabilito che il rigetto della richiesta effettuata dall’agente, in corso di rapporto o alla cessazione dello stesso, finalizzata ad ottenere copia della documentazione contabile in possesso solo della preponente non è conforme al diritto dell’agente di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni a lui liquidate.

La giurisprudenza ha qualificato tale diritto come una precisa garanzia normativa a favore dell’agente, che può essere esercitata sui seguenti documenti:

  • le fatture di vendita della merce;
  • le bolle di consegna della merce;
  • la copia dei libri IVA;
  • le ricevute di versamento Enasarco;
  • gli estratti conto provvigionali;
  • tutti i documenti necessari per la verifica del singolo affare procurato dall’agente riferiti alla zona e al periodo in cui l’agente stesso ha svolto la propria attività promozionale in favore della preponente.

Tuttavia nella prassi il diritto di accedere ai documenti contabili della preponente si concretizza solo in sede giudiziale, senza però attribuire all’agente un effettivo diritto di ispezione integrale dei suddetti documenti contabili, in quanto in concreto tale accesso si sostanzia esclusivamente nell’ottenimento di un estratto dei documenti contabili della preponente, a condizione che venga accolta da parte del giudice la richiesta di consulenza tecnica d’ufficio effettuata dall’agente nel corso di una causa.

In buona sostanza, al di là delle previsioni normative e degli orientamenti giurisprudenziali in materia, il diritto dell’agente di accedere ai documenti contabili della preponente si realizza di fatto solo in sede giudiziale e nei limiti sopra indicati.

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15. Svolgimento di fatto dell’attività di incasso da parte dell’agente

Svolgimento di fatto dell’attività di incasso da parte dell’agente

Nella prassi a volte si verificano casi in cui un agente svolge di fatto l’attività di incasso per conto della preponente, nonostante tale attività sia formalmente vietata dal contratto o manchino le condizioni previste dagli accordi economici collettivi.

In tali casi, quindi, si pone il problema se l’agente abbia o meno diritto ad un compenso per l’attività di incasso in concreto svolta in favore della preponente.

In proposito si segnala che in giurisprudenza vi sono due orientamenti che riconoscono all’agente il diritto ad un compenso in caso di svolgimento di fatto dell’attività di incasso.

In base al primo orientamento giurisprudenziale, tenuto conto che esiste la libertà di forma in ordine alla pattuizione attributiva all’agente dell’attività di incasso, deve essere valorizzato l’effettivo comportamento delle parti, per cui deve ritenersi conferito l’incarico di incasso per fatti concludenti, qualora l’agente dimostri in giudizio sia lo svolgimento in maniera stabile di tale attività, sia la mancata opposizione o il tacito consenso della preponente.

In base al secondo orientamento giurisprudenziale, laddove l’attività di incasso sia svolta di fatto dall’agente, quest’ultimo potrà richiedere il pagamento del relativo compenso mediante l’azione di ingiustificato arricchimento prevista dall’art. 2041 c.c., ma in tale ipotesi dovrà dimostrare in sede giudiziaria che la preponente si è giovata dell’attività di incasso da lui prestata, senza ricevere alcun corrispettivo.

Pertanto, in virtù dei due orientamenti giurisprudenziali sopra menzionati, l’agente avrà diritto ad un compenso per l’attività di incasso in concreto svolta pure se nel contratto di agenzia vi sia un espresso divieto di svolgere tale attività oppure se mancano le condizioni previste dagli accordi economici collettivi.

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14. Il diritto di accesso ai libri contabili della preponente

Il diritto di accesso ai libri contabili della preponente

Con la sentenza n. 19319 del 29/9/2016 la Sezione lavoro della Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema del diritto dell’agente all’accesso ai libri contabili della preponente.

In particolare nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che l’art. 1749 c.c. impone alla preponente lo specifico obbligo di mettere a disposizione dell’agente la documentazione e le informazioni necessarie all’espletamento dell’incarico e di consegnare, quanto meno ogni trimestre, un estratto conto dettagliato delle provvigioni dovute.

In buona sostanza, la Cassazione ha stabilito che l’agente è titolare di un vero e proprio diritto di accesso ai libri contabili della preponente, in quanto tali documenti sono necessari per il conteggio delle provvigioni e delle indennità, oltre che per una gestione trasparente del rapporto secondo i principi di buona fede e correttezza.

Parallelamente la preponente ha un vero e proprio obbligo di fornire la documentazione e le informazioni richieste dall’agente, in modo da consentirgli di poter ricostruire con esattezza l’andamento del rapporto di agenzia.

In base alla sentenza in commento la richiesta di esibizione documentale avanzata in giudizio dall’agente non può, quindi, essere considerata generica ed idonea a colmare un’eventuale lacuna probatoria, dato che la preponente ha comunque l’obbligo – anche indipendentemente dall’ordine del giudice – di mettere a disposizione dell’agente i documenti indispensabili per il calcolo delle provvigioni e delle indennità, che notoriamente sono nell’esclusiva disponibilità della stessa preponente.

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13. Divorzio e indennità di cessazione del rapporto di agenzia

Divorzio e indennità di cessazione del rapporto di agenzia

Con la sentenza n. 17883 del 9/9/2016 la Cassazione si è pronunciata in merito al diritto del coniuge divorziato titolare di assegno divorzile a percepire una quota dell’indennità di fine rapporto spettante all’altro coniuge al momento della cessazione del rapporto di agenzia.

Tale sentenza trae origine dalla domanda giudiziale proposta dalla ex moglie al fine di ottenere l’attribuzione di una quota dell’indennità di fine rapporto percepita dall’ex coniuge, agente assicurativo, per il periodo coincidente con il rapporto matrimoniale.

La Suprema Corte ha respinto il ricorso proposto dalla ex moglie, rilevando che è esclusa dall’ambito di applicazione dell’art. 12bis della legge n. 898 del 1970 l’ipotesi in cui, come nel caso di specie, l’attività svolta dall’altro coniuge abbia avuto natura imprenditoriale, essendo stata esercitata mediante una complessa ed articolata struttura organizzativa con vasta dotazione di mezzi e personale.

Per contro, quindi, dalla sentenza in esame si deduce che il coniuge divorziato titolare di assegno divorzile ha diritto ad ottenere una parte dell’indennità di fine rapporto dovuta all’ex coniuge al momento della cessazione di un rapporto di agenzia qualora la sua attività di agente si concretizzava in una prestazione di opera continuativa e coordinata prevalentemente personale.

 

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12. Recesso dell’agente per raggiungimento dell’età pensionabile

Recesso dell’agente per raggiungimento dell’età pensionabile e successiva ripresa dell’attività lavorativa da parte del medesimo agente

Con la sentenza 5/5/2016 il Tribunale di Ivrea si è pronunciato sul tema del mantenimento del diritto all’indennità di fine rapporto in caso di recesso dell’agente per conseguimento della pensione di vecchiaia Enasarco.

Tale sentenza trae origine dal ricorso presentato da una preponente che, dopo aver ricevuto il recesso di un proprio agente basato sul raggiungimento dell’età pensionabile, aveva corrisposto a quest’ultimo l’indennità di fine rapporto, ma, a distanza di pochi mesi, aveva poi scoperto che lo stesso agente aveva iniziato a collaborare con una società concorrente.

Pertanto la preponente aveva agito in giudizio per ottenere la restituzione dell’indennità di fine rapporto già corrisposta all’agente.

Il Giudice adito, considerando il conseguimento da parte dell’agente dell’età necessaria ad ottenere il riconoscimento della pensione di vecchiaia Enasarco, che secondo l’art. 1751 c.c. e gli Accordi Economici Collettivi non priva l’agente del diritto all’indennità di fine rapporto in caso di suo recesso basato su tale circostanza, ha ritenuto irrilevante il fatto che, a distanza di alcuni mesi dal proprio recesso, l’agente abbia intrapreso una nuova collaborazione con una società concorrente della ricorrente.

In buona sostanza, il Tribunale di Ivrea ha affermato che il recesso dell’agente per conseguimento della pensione di vecchiaia Enasarco attribuisce di per sé al medesimo agente il diritto a percepire l’indennità di fine rapporto, in assenza di qualsivoglia norma ostativa che preclude il riconoscimento di tale diritto ove dovessero verificarsi dopo il recesso fatti sopravvenuti.

La ripresa lavorativa successiva al pensionamento dell’agente non è, dunque, secondo il Tribunale di Ivrea un fatto che fa venir meno il diritto acquisito alla pensione di vecchiaia Enasarco ed all’indennità di fine rapporto riconosciuta dagli Accordi Economici Collettivi.

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11. Differenza tra monomandato e esclusiva

Nella prassi i concetti di monomandato ed esclusiva vengono spesso confusi tra di loro, essendo erroneamente considerati come sinonimi.

In realtà tali concetti sono distinti e hanno finalità diverse.

Per poter meglio cogliere tale distinzione occorre fornire prima una definizione dei due concetti.

Il concetto di monomandato è previsto esclusivamente dagli Accordi Economici Collettivi (i cosiddetti “A.E.C.”), secondo cui è agente monomandatario l’agente che si obbliga a prestare la propria attività in favore di un’unica preponente.

L’esclusiva in favore della preponente, invece, è prevista anche dal codice civile e implica per l’agente il divieto di assumere nella zona contrattualmente assegnata incarichi per conto di imprese in concorrenza con la stessa preponente.

E’ evidente, quindi, la differenza tra esclusiva e monomandato, considerando che:

  • con la clausola di monomandato la preponente impedisce all’agente di assumere incarichi per qualunque altra preponente, incluse, quindi, le preponenti che trattano prodotti non in concorrenza;
  • con la clausola di esclusiva in favore della preponente, invece, quest’ultima impedisce all’agente di assumere, nella zona contrattualmente assegnata, incarichi da parte di preponenti che trattano prodotti in concorrenza, con la conseguenza che (in presenza di una clausola di plurimandato) l’agente può assumere in tale zona incarichi da parte di preponenti che trattano prodotti non in concorrenza.

Infatti la finalità della clausola di monomandato è quella di far sì che l’agente impieghi le proprie energie unicamente per la promozione dei prodotti della preponente, mentre la finalità della clausola di esclusiva è quella di evitare che l’agente svolga in una determinata zona attività promozionale per prodotti in concorrenza.

Pertanto, in presenza di una clausola di monomandato l’agente deve operare per un’unica preponente a prescindere dal tipo di prodotti e dalla zona di riferimento, mentre in presenza di una clausola di esclusiva in favore della preponente (e in regime di plurimandato) l’agente può assumere incarichi nella stessa zona di riferimento da parte di preponenti che trattano prodotti non in concorrenza.

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