Autore: FTA Pagina 1 di 26

83. I limiti territoriali del patto di non concorrenza nel contratto di lavoro subordinato

L’art. 2125 del codice civile disciplina il patto di non concorrenza nel contratto di lavoro subordinato e stabilisce, tra gli altri requisiti, che tale patto a carico dell’ex dipendente sia nullo ove il vincolo non sia contenuto entro determinati limiti di luogo.

Il concetto di “territorio” di cui all’art. 2115 del codice civile deve essere interpretato in maniera elastica in quanto più coerente con la realtà socio-economica in cui agiscono attualmente gli operatori economici, per cui il luogo non deve essere inteso come parametro fisico dove collocare o meno una postazione di lavoro (specie per i lavori di natura intellettuale ed eseguiti per il tramite di strumenti tecnologi e rete internet), bensì deve essere inteso quale “spazio” nel quale si riflettono gli effetti della prestazione lavorativa del dipendente in questione.

In buona sostanza, per determinare il luogo di applicazione del patto di non concorrenza non ci si deve concentrare sul luogo dove si svolge il lavoro, ma sul mercato di riferimento a cui il lavoro è destinato.

 

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100. Termini di prescrizione dei contributi Enasarco e del FIRR

Con riferimento ai termini di prescrizione dei contributi Enasarco e del FIRR occorre tener presente che:

  • ai sensi dell’art. 3, comma 9, della legge n. 335 dell’8 agosto 1995 i contributi previdenziali Enasarco sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale e quindi tali contributi si prescrivono in 5 anni;
  • il FIRR è soggetto al termine ordinario di prescrizione decennale, in quanto non rientra nell’ipotesi di cui all’art. 2948, comma 1 n. 5, codice civile, che invece si riferisce espressamente alle sole indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro, per cui il FIRR si prescrive in 10 anni.

 

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99. Derogabile l’onerosità del patto di non concorrenza nel contratto di agenzia

Con ordinanza n. 23331 del 29 agosto 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla derogabilità del carattere oneroso dell’indennità del patto di non concorrenza post-contrattuale nel contratto di agenzia.

In particolare, in tale pronuncia la Suprema Corte ha stabilito che:

  • secondo l’art. 1751-bis codice civile la corresponsione di una indennità all’agente commerciale non è prevista a pena di nullità del patto di non concorrenza post contrattuale;
  • l’onerosità del patto di non concorrenza post-contrattuale nel contratto di agenzia non è inderogabile, in quanto non presidiata da una sanzione di nullità espressa e non diretta alla tutela di un interesse pubblico generale;
  • la disciplina del patto di non concorrenza di cui all’art. 1751-bis codice civile è derogabile dalle parti, per cui non è nulla la clausola di un contratto di agenzia che prevede la liquidazione dell’indennità relativa al patto di non concorrenza in questione nel corso del rapporto e in misura provvigionale.

 

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82. Illegittimo il licenziamento per rimborsi spese indebiti senza prova del dolo del lavoratore

Con ordinanza n. 23053 del 23 agosto 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla proporzionalità della sanzione del licenziamento senza preavviso per giusta causa nel caso di un lavoratore, che aveva presentato alla datrice di lavoro alcune note di rimborso spese errate con conseguente rimborso non dovuto pari ad € 365,20.

Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte è tornata in particolare a trattare il tema delle conseguenze e delle tutele applicabili in caso di difetto di proporzionalità del licenziamento rispetto al fatto contestato, ribadendo che:

  • la valutazione della non proporzionalità rientra tra le ipotesi in cui è possibile applicare la reintegrazione nel posto di lavoro, solo se lo scollamento tra la gravità della condotta e la sanzione adottata emerga da una disposizione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, che preveda per tale fattispecie l’applicazione di una sanzione conservativa;
  • in caso contrario la sproporzione tra la condotta e la sanzione espulsiva rientra sempre nelle “altre ipotesi” in cui non sussistono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo, che comportano l’applicazione della tutela indennitaria forte ex art. 18, comma 5°, della legge n. 300 del 1970.

La Corte di Cassazione ha ritenuto, quindi, che in astratto non va esclusa a priori l’esistenza di una giusta causa di licenziamento (giudizio da effettuarsi tenendo presenti la natura e la qualità del rapporto di lavoro, la qualità e il grado del vincolo di fiducia connesso al rapporto di lavoro, l’entità della violazione commessa e l’intensità dell’elemento soggettivo), ma nel caso concreto la sanzione applicata dalla datrice di lavoro alla condotta è sproporzionata rispetto all’entità della violazione commessa dal lavoratore, soprattutto in assenza di un fine illecito collegato alla medesima condotta, dato che nel giudizio di merito non è emersa l’esistenza di un preventivo accordo tra il lavoratore e il direttore, che ha autorizzato il suddetto rimborso spese, tale da fare opinare una collusione volta a frodare l’azienda.

Pertanto, sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento in questione per difetto di proporzionalità così come stabilito dal Tribunale in sede di opposizione Fornero e dalla Corte di Appello, che – da un lato – hanno dichiarato risolto il rapporto di lavoro respingendo la domanda di reintegrazione del lavoratore, ma – dall’altro lato – hanno condannato la società datrice di lavoro al pagamento di una indennità risarcitoria pari a 20 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

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81. L’obbligo di repechage nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Con l’ordinanza n. 17036 del 20 giugno 2024  la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’obbligo di repechage in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che l’obbligo datoriale di repéchage è limitato alle mansioni inferiori compatibili con il bagaglio professionale di cui il lavoratore è dotato al momento del licenziamento, che non necessitino di una specifica formazione che il medesimo lavoratore non abbia.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione, applicando il suddetto principio di diritto, ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la Corte territoriale aveva accertato l’incapacità dei ricorrenti allo svolgimento delle mansioni inferiori di addetto al servizio mensa, se non seguendo un idoneo percorso di riqualificazione professionale, in quanto entrambi i lavoratori licenziati erano provvisti di un idoneo bagaglio professionale.

In buona sostanza, con l’ordinanza in commento la Suprema ha stabilito che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la datrice di lavoro ha un obbligo di repechage dei lavoratori licenziati anche in relazione alle eventuali mansioni inferiori disponibili in azienda, ma non ha invece un obbligo alla specifica formazione dei medesimi lavoratori per rendere possibile lo svolgimento delle eventuali mansioni inferiori disponibili in azienda.

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98. L’esclusiva nel contratto di agenzia

Con la sentenza n. 111 del 30 maggio 2024 il Tribunale di Piacenza si è pronunciato sul tema del diritto di esclusiva nel contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza il Tribunale adito ha stabilito che:

  • il diritto di esclusiva previsto dall’art. 1743 codice civile è un elemento non essenziale, ma naturale del contratto di agenzia ed è, quindi, derogabile per volontà delle parti;
  • la deroga all’esclusiva in favore dell’agente comporta che allo stesso agente non spetta il diritto, sancito dall’art. 1748 codice civile, alla provvigione per gli affari conclusi nella zona direttamente dalla preponente.

 

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97. L’omessa contestazione degli estratti conto provvigionali

Con la sentenza n. 305 del 25 giugno 2024 la Corte di Appello di Milano si è pronunciata sul tema dell’omessa contestazione degli estratti conto provvigionali da parte dell’agente, richiamando il consolidato orientamento della Corte di Cassazione sul punto.

Infatti, secondo la Suprema Corte in tema di rapporto di agenzia deve escludersi che l’omessa contestazione degli estratti conto provvigionali comporti una approvazione tacita di modifiche unilaterali apportate, con riguardo a condizioni economiche per alcuni specifici affari, dal preponente e, di conseguenza, una rinuncia dell’agente a maggiori compensi provvigionali, posto che la rinuncia tacita ad un diritto può desumersi soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco la sua effettiva e definitiva volontà abdicativa.

A tale consolidato orientamento della Cassazione si è adeguata la Corte di Appello di Milano con la sentenza in commento, stabilendo che qualora un contratto di agenzia contenga una clausola in base alla quale l’estratto conto provvigioni si considera approvato se non contestato entro 30 giorni, tale approvazione dell’estratto conto non preclude l’impugnabilità della validità e dell’efficacia dei singoli rapporti obbligatori e dei titoli contrattuali da cui derivano gli addebiti e gli accrediti.

Pertanto, l’approvazione tacita dell’estratto conto provvigioni da parte dell’agente riguarda solo le somme risultanti nell’estratto conto, ma non vale come rinuncia ad eventuali crediti per affari non compresi negli estratti conto approvati. 

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96. Spetta l’indennità di fine rapporto all’agente che recede per pensionamento?

Di regola, ai sensi dell’art. 1751 codice civile, quando l’agente recede dal contratto di agenzia non è dovuta l’indennità di fine rapporto sia quella prevista dall’art. 1751 codice civile, sia quella prevista dagli Accordi Economici Collettivi, a meno che il recesso dell’agente sia giustificato da circostanze attribuibili alla preponente o da circostanze attribuibili all’agente, come l’età, l’infermità o la malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività.

Pertanto, come chiarito di recente dalla Corte di Cassazione, la maturazione del diritto alla pensione da parte dell’agente non integra di per sé l’ipotesi che consente ai sensi dell’art. 1751 codice civile di recedere da un rapporto di agenza senza perdere il diritto all’indennità di fine rapporto, posto che l’uso del termine “età” nell’art. 1751 codice civile, accanto a quelli di “infermità o malattia”, rende evidente che la finalità di tale norma è quella di limitare il diritto all’indennità di fine rapporto a ipotesi caratterizzate da impedimento assoluto dell’attività idoneo, appunto, a giustificare il recesso dell’agente.

Di conseguenza, il recesso per pensionamento effettuato da parte dell’agente deve seguire un iter preciso per essere valido ai fini del mantenimento del diritto ad ottenere il pagamento dell’indennità di fine rapporto da parte della preponente e più precisamente da un punto di vista operativo:

  • l’agente deve presentare la domanda di pensionamento all’INPS e/o all’Enasarco;
  • l’agente deve attendere che la domanda di pensionamento sia accettata dall’ente previdenziale;
  • l’agente potrà comunicare alla preponente il suo recesso per pensionamento solo dopo la ricezione del primo rateo della pensione, mantenendo così il diritto all’indennità di fine rapporto.

 

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95. Quando l’influencer può essere inquadrato come agente di commercio?

Con la sentenza n. 2615 del 4 marzo 2024 il Tribunale di Roma ha individuato gli elementi sulla base dei quali l’influencer può essere inquadrato come agente di commercio con le relative conseguenze anche sotto il profilo della iscrizione e contribuzione Enasarco.

Nel caso di specie tra la società e gli influencer era stato stipulato un accordo scritto in base al quale “[…] l’influencer dovrà promuovere per conto nostro prodotti del brand di proprietà di […] sulle pagine social media e siti di proprietà dell’influencer, indicando nelle proprie pagine web il codice personalizzato […] per ogni singolo ordine direttamente procurato e andato a buon fine, l’influencer avrà diritto di percepire dalla Società un compenso nella misura del 10%”.

In buona sostanza, secondo il Tribunale di Roma il codice sconto personalizzato funge da collegamento ai siti web della società ed allo stesso tempo permette alla società di determinare gli ordini riconducibili all’influencer, con la conseguenza che l’influencer svolge una vera e propria attività promozionale di vendita per cui riceve un compenso determinato in funzione degli ordini direttamente procurati dallo stesso influencer e andati a buon fine, e cioè una retribuzione in forma provvigionale liquidata con cadenze periodiche per lo più mensili.

Pertanto, nella sentenza in esame il Giudice ha stabilito che un’attività del genere è riconducibile alla fattispecie civilistica dell’agenzia regolata dagli artt. 1742 e seguenti del codice civile, i cui caratteri distintivi sono la continuità e la stabilità, che nel caso di specie sono stati riscontrati dal Tribunale nel suddetto accordo scritto e nella fatturazione provvigionale periodica.

 

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94. Il foro competente per territorio nelle cause tra agente-persona fisica e preponente

Con ordinanza n. 11932 del 3 maggio 2024 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della questione relativa al foro competente per territorio nelle cause tra agente-persona fisica e preponente.

In particolare, nel suddetto provvedimento la Suprema Corte ha affermato che:

  • nelle cause relative a rapporti di agenzia con agente-persona fisica il foro competente per territorio coincide con il foro in cui l’agente ha il suo domicilio;
  • per domicilio dell’agente deve intendersi il luogo in cui l’agente ha stabilito il centro dei suoi affari;
  • il criterio sopra indicato per la determinazione del foro territorialmente competente trova applicazione anche nell’ipotesi di causa promossa successivamente alla cessazione del rapporto di agenzia con la precisazione che, in tal caso, deve farsi riferimento all’ultimo domicilio dell’agente in costanza di rapporto di agenzia.

 

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