Categoria: Agenzia Pagina 11 di 13

30. Il termine di prescrizione per il recupero degli anticipi provvigionali

Il termine di prescrizione per il recupero degli anticipi provvigionali

Con le sentenze n. 18266 e n. 18267, entrambe dell’11 luglio 2018, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul termine di prescrizione per il recupero degli anticipi provvigionali erogati dalla preponente secondo il meccanismo utilizzato nella prassi al fine di contemperare l’interesse dell’agente ad evitare l’alea di una ridotta capacità produttiva e quello della preponente a fissare, in linea tendenziale, la misura dei compensi provvigionali.

In particolare nelle due suddette sentenze la Cassazione ha affermato che:

  • i fatti costitutivi del diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo sono riconducibili ad un pagamento non dovuto;
  • con il termine “pagamento” l’art. 2033 c.c. intende far riferimento a qualsiasi prestazione derivante da un vincolo obbligatorio che risulti a posteriori non dovuta; l’azione di ripetizione di indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c. consiste in un rimedio giuridico per tutte le situazioni in cui un’attribuzione patrimoniale a favore di qualcuno sia stata eseguita senza un valido titolo giustificativo;
  • in applicazione dei suddetti principi giuridici deve ritenersi che gli anticipi provvigionali erogati dalla preponente, una volta intervenuta l’anticipata risoluzione del contratto di agenzia, siano oggettivamente privi di un valido titolo giustificativo;
  • pertanto, se un simile pagamento sia stato eseguito, a seguito del sopravvenuto venir meno della causa del pagamento per effetto della anticipata risoluzione del rapporto, il diritto soggettivo alla restituzione delle somme versate quale compenso per affari non conclusi non deriva dal contratto – come sostenuto da parte ricorrente che lo ritiene per questo motivo assoggettato al regime prescrizionale quinquennale di cui all’art. 2948 c.c. – bensì dall’art. 2033 c.c., poiché un contratto non può attribuire alle parti diritti ulteriori rispetto a quelli in esso previsti e da esso regolamentati;
  • stante l’assenza della conclusione di contratti per l’anticipata risoluzione del rapporto di agenzia, la provvigione in eccesso erogata dalla preponente non è sorretta da un titolo giustificativo e forma oggetto di indebito oggettivo, a cui si applica la prescrizione decennale.

In buona sostanza, la sentenza in commento si inserisce nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il termine di prescrizione per il recupero degli anticipi provvigionali è di dieci anni e non di cinque anni come le provvigioni, trattandosi di un’ipotesi di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.

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29. La revoca dell’incarico accessorio di area manager

La revoca dell’incarico accessorio di area manager

Con la sentenza n. 16940 del 27 giugno 2018 la Corte di Cassazione è tornata pronunciarsi sulla natura dell’incarico di area manager e sulla legittimità della revoca di tale incarico da parte della preponente senza obbligo di preavviso.

In particolare nella suddetta sentenza la Cassazione ha affermato che:

  • il rapporto tra contratto di agenzia ed incarico accessorio di area manager deve essere ricostruito attraverso lo schema del collegamento negoziale con vincolo di dipendenza unilaterale, per cui le vicende del contratto di agenzia si ripercuotono sull’incarico accessorio e non viceversa;
  • stante la natura accessoria dell’incarico di area manager, la revoca di tale incarico non produce alcun effetto sul contratto di agenzia, che continua a rimanere in essere tra le parti;
  • è lecito prevedere a favore della preponente la possibilità di revocare in ogni momento l’incarico di area manager senza obbligo di preavviso o di corresponsione della relativa indennità sostitutiva.

In buona sostanza, la sentenza in commento si inserisce nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, nell’incarico accessorio di area manager, può essere prevista la revoca in qualsiasi momento senza preavviso, mediante semplice comunicazione scritta della preponente che non necessita di una motivazione specifica, senza diritto per l’area manager ad alcuna indennità e/o ad alcun risarcimento del danno.

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28. Passaggio dell’agente da ditta individuale a società

Il passaggio da agente-persona fisica (ditta individuale) ad agente-persona giuridica (società di persone o società di capitali) comporta di fatto la cessazione del precedente rapporto intercorrente tra l’agente e la preponente e l’inizio di un nuovo rapporto tra quest’ultima e la neocostituita società di agenzia.

Considerando che l’iniziativa di modificare il rapporto di agenzia viene presa dall’agente, ne consegue che la preponente può legittimamente non corrispondergli alcuna indennità di fine rapporto (né ex art. 1751 c.c. né ex A.E.C.).

Inoltre al momento della cessazione del nuovo rapporto instauratosi con l’agente operante sotto forma societaria, quest’ultimo non ha alcun titolo alla quota parte dell’indennità di fine rapporto (ex art. 1751 c.c. o ex A.E.C.) relativa al periodo lavorato come ditta individuale.

Per evitare le conseguenze sopra indicate, qualora l’agente opti per il passaggio da agente in forma individuale ad agente in forma societaria, lo stesso dovrebbe preventivamente effettuare una serie di valutazioni possibilmente in accordo con la preponente.

Tuttavia va precisato che, da un punto di vista giuridico, la preponente non ha nessun obbligo nei confronti dell’agente di acconsentire al passaggio da ditta individuale a società.

Nessun problema si pone, invece, per il FIRR, il quale sarà corrisposto dall’Enasarco al momento in cui tale ente riceverà la comunicazione di cessazione del rapporto, stante il passaggio da agente individuale ad agente in forma societaria.

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27. Pensionamento del socio amministratore e indennità di fine rapporto

Con la sentenza n. 8008 del 30 marzo 2018 la Cassazione si è pronunciata sul diritto di una società agente (nella specie una S.a.s.) ad ottenere l’indennità di fine rapporto in caso di pensionamento del socio amministratore.

In particolare, con la suddetta sentenza la Suprema Corte ha negato il diritto di una società agente ad ottenere l’indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c. in caso di raggiungimento dell’età pensionabile da parte del socio amministratore, rilevando che:

  • la società agente è un soggetto dotato di propria personalità giuridica ed è un autonomo centro di imputazione di interessi;
  • il raggiungimento dell’età pensionabile da parte del socio amministratore (nella specie socio accomandatario) è un fatto interno alla società, del tutto irrilevante ai fini della prosecuzione del rapporto di agenzia, anche perché gli altri soci avrebbero potuto sostituirsi al socio pensionato nella carica di amministratore e legale rappresentante della società;
  • nelle società di persone neppure il venir meno del socio amministratore (ad esempio per decesso) comporta l’impossibilità di prosecuzione dell’attività sociale e l’automatico scioglimento della società.

In buona sostanza, la Cassazione ha ritenuto che il recesso da un contratto di agenzia effettuato da una società agente a causa del raggiungimento dell’età pensionabile da parte del suo amministratore integra un fatto imputabile alla società agente, essendo dipesa la cessazione del contratto di agenzia da una scelta dei soci e, quindi, nessuna indennità di fine rapporto spetta in tal caso all’agente, il quale ha sciolto il contratto di agenzia di sua iniziativa.

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26. La risoluzione consensuale del contratto di agenzia

La risoluzione consensuale del contratto di agenzia

Con la sentenza del 23 febbraio 2018 il Tribunale di Bolzano ha stabilito che: “nel caso di risoluzione del contratto di agenzia per mutuo consenso il preponente non è tenuto a corrispondere all’agente né l’indennità sostitutiva del preavviso ex art. 1750 c.c., non essendovi l’obbligo del preavviso né dell’indennità suppletiva di clientela, prevista per la sola ipotesi che il contratto si sciolga ad iniziativa della casa mandante”.

Traendo spunto da tale sentenza è possibile svolgere alcune considerazioni di ordine generale sul tema della risoluzione consensuale del contratto di agenzia, che è una delle modalità di scioglimento di tale contratto.

In particolare, nel caso di risoluzione consensuale del contratto di agenzia, è principio consolidato in giurisprudenza che:

  • la preponente non sarebbe tenuta a corrispondere all’agente l’indennità sostitutiva del preavviso, poiché quando il contratto si risolve consensualmente le parti non hanno diritto al preavviso;
  • l’agente non avrebbe diritto all’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 del codice civile, in quanto tale indennità spetta all’agente solo quando il contratto si scioglie su iniziativa della preponente.

Controverso è, invece, in giurisprudenza il riconoscimento all’agente dell’indennità suppletiva di clientela in caso di risoluzione consensuale di un contratto di agenzia, sebbene le pronunce che negano il diritto dell’agente all’indennità suppletiva di clientela siano numericamente superiori rispetto a quelle di senso contrario.

La sentenza in commento, quindi, si inserisce nell’orientamento giurisprudenziale prevalente che nega il diritto dell’agente all’indennità suppletiva di clientela in caso di risoluzione consensuale del contratto di agenzia.  

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25. Le differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato

Le differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato

Con la sentenza n. 4884 dell’1 marzo 2018 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi delle differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato, precisando anche gli elementi utili ai fini della corretta qualificazione giuridica del rapporto di lavoro nell’una o nell’altra tipologia contrattuale.

In particolare nella suddetta sentenza la Cassazione ha stabilito che:

  • l’elemento distintivo tra il rapporto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento, in favore della preponente, di un’attività economica esercitata in forma imprenditoriale, con organizzazione di mezzi e assunzione del rischio da parte dell’agente, che si manifesta nell’autonoma scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto delle istruzioni ricevute dalla preponente;
  • costituisce, invece, oggetto del rapporto di lavoro subordinato la prestazione, in regime di subordinazione, di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore, che sopporta il rischio dell’attività svolta;
  • elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato nonché elemento distintivo rispetto a quello di agenzia è costituito dalla soggezione personale del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro;
  • in mancanza della sopra indicata soggezione del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, è possibile fare riferimento, ai fini qualificatori, ad ulteriori elementi, aventi però carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria (come ad esempio la continuità della prestazione lavorativa, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l’assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppur minima struttura imprenditoriale).

Nel caso da cui trae origine la pronuncia in commento la Suprema Corte ha altresì affermato che il Giudice di appello aveva correttamente individuato gli elementi indiziari dotati di efficacia probatoria sussidiaria ai fini della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro come lavoro subordinato e non come agenzia e più precisamente:

  • lo stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale attraverso la sua sottoposizione a specifiche e vincolanti istruzioni per la gestione della clientela, a ripetuti richiami al rispetto delle procedure dettate, a turni di lavoro e feriali stabiliti unilateralmente dalla società;
  • lo svolgimento dell’attività esclusivamente nei locali aziendali e con strumenti forniti dalla società (scrivania, computer, targa col nome, indirizzo di posta elettronica e numero di telefono diretto);
  • l’assenza in capo al lavoratore di qualsiasi rischio imprenditoriale e di una seppur minima struttura organizzativa;
  • la gestione contabile dell’attività lavorativa da parte della società, che, mediante il suo ufficio amministrativo, provvedeva direttamente a predisporre le fatture per il pagamento delle provvigioni.

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24. La motivazione del recesso per giusta causa da parte della preponente

La motivazione del recesso per giusta causa da parte della preponente

Con la sentenza n. 1754 del 24 gennaio 2018 la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini della legittimità del recesso per giusta da un rapporto di agenzia, la comunicazione di recesso inviata all’agente dalla preponente non deve contenere necessariamente l’indicazione specifica dei motivi di recesso, essendo sufficiente che di tali motivi l’agente sia a conoscenza in altro modo o che essi siano, in caso di controversia, dedotti e correlativamente accertati dal giudice.

Tale sentenza della Suprema Corte conferma che negli ultimi anni, salvo qualche minoritaria pronuncia in senso contrario di alcuni giudici di primo grado, si sta ormai consolidando in giurisprudenza l’orientamento secondo cui, anche in caso di recesso per giusta causa da parte della preponente, la relativa comunicazione di recesso non necessita della contestuale indicazione dei motivi di recesso.

Pertanto si potrebbe affermare che sia da ritenersi superato il precedente indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in caso di recesso per giusta causa, l’obbligo di contestuale indicazione dei motivi di recesso sarebbe solo a carico della preponente e non anche dell’agente.

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23. La responsabilità dell’agente per i comportamenti dei suoi collaboratori

La responsabilità dell’agente per i comportamenti dei suoi collaboratori

Numerose sentenze della Cassazione hanno considerato applicabili gli articoli 1228 e 2049 del codice civile per giustificare un recesso per giusta causa da un rapporto di agenzia assicurativa, a fronte di frodi realizzate da un subagente assicurativo, stante il dovere di vigilanza dell’agente assicurativo che avrebbe dovuto controllare il suo collaboratore, in modo da evitare il verificarsi delle truffe successivamente accertate.

In particolare nelle suddette sentenze sono stati affermati i seguenti principi di diritto, che sono applicabili anche agli agenti di commercio:

  • i collaboratori esterni (subagenti o procacciatori) di un agente si inseriscono nella struttura organizzativa e imprenditoriale dell’agente medesimo, a cui rimane estranea la preponente;
  • l’agente risponde dell’operato dei propri collaboratori ai sensi degli articoli 1228 e 2049 del codice civile;
  • gli illeciti dei collaboratori dell’agente sono idonei a ledere il rapporto fiduciario tra l’agente e la preponente, legittimando quest’ultima a recedere per giusta causa dal rapporto di agenzia ex articolo 2119 del codice civile;
  • l’inserimento dei collaboratori (subagenti o procacciatori) nell’organizzazione imprenditoriale dell’agente, alla quale rimane estranea la preponente, esclude la responsabilità di quest’ultima, in quanto ciascun committente risponde, in base agli articoli 2049 e 1228 del codice civile, dei fatti illeciti commessi soltanto dai propri collaboratori e non dai collaboratori dei soggetti ai quali essi sono legati mediante rapporti contrattuali che lasciano all’autonomia organizzativa dei commissionari lo svolgimento dell’attività loro affidata.

In buona sostanza, può essere considerato legittimo un recesso per giusta causa da un contratto di agenzia effettuato da una preponente per comportamenti dei collaboratori dell’agente (subagenti, consulenti commerciali, procacciatori ecc.), sussistendo a carico dello stesso agente il dovere di vigilanza sui suoi collaboratori in applicazione degli articoli 1228 e 2049 del codice civile.

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22. Minimo provvigionale garantito o anticipo provvigionale

Con la sentenza n. 26267 del 6 novembre 2017 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla differenza tra l’espressione “minimo provvigionale garantito” e l’espressione “anticipo provvigionale”.

La sentenza in commento trae origine dalla previsione in un contratto di agenzia di un promotore finanziario di un compenso “minimo provvigionale garantito” condizionato al raggiungimento di un determinato obiettivo di produzione.

Secondo la prospettazione della banca – preponente il compenso minimo provvigionale garantito era dovuto al promotore solo nell’ipotesi di integrale raggiungimento dell’obiettivo e che, in caso contrario, tale compenso non gli era dovuto, né sussisteva alcun obbligo per la preponente di riparametrare il compenso in base al grado di raggiungimento dell’obiettivo, trattandosi di una mera facoltà della stessa preponente.

La Corte di Cassazione – dopo aver ribadito che la pattuizione di un compenso minimo garantito non è incompatibile con un contratto di agenzia – ha confermato l’interpretazione della Corte d’Appello, secondo cui l’espressione “minimo provvigionale garantito” utilizzata nel contratto di agenzia in questione mal si concilia con un compenso soltanto anticipato, osservando che di solito si usa l’espressione “anticipo provvigionale” quando si tratta di un compenso soggetto a restituzione, qualora non coperto dalle provvigioni effettivamente maturate dall’agente.

In buona sostanza, rigettando il ricorso della banca – preponente, la Suprema Corte ha affermato che un compenso soggetto a restituzione parziale o totale in caso di mancato raggiungimento di determinati obiettivi non costituisce un “compenso minimo garantito”, bensì un “anticipo provvigionale”.

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21. Recesso prima della scadenza da un contratto di agenzia a termine e risarcimento del danno

Recesso prima della scadenza da un contratto di agenzia a termine e risarcimento del danno

Di regola un contratto di agenzia a tempo determinato si scioglie automaticamente alla sua scadenza naturale, non essendo possibile recedere da tale contratto con la concessione del periodo di preavviso, in quanto l’istituto del preavviso riguarda unicamente il recesso dal contratto di agenzia a tempo indeterminato e non può essere esteso anche al contratto di agenzia a tempo determinato.

Tuttavia solo nei due seguenti casi è possibile recedere anticipatamente da un contratto di agenzia a termine:

  • mutuo consenso;
  • giusta causa.

Al di fuori dei due casi eccezionali sopra indicati, il recesso effettuato da una delle parti prima della scadenza pattuita è inefficace, con la conseguenza che il contratto di agenzia resta in vita fino a tale scadenza e la parte recedente è tenuta nei confronti dell’altra al risarcimento del danno.

Sebbene non sia agevole quantificare il danno derivante da un ingiustificato recesso anticipato da un contratto a termine, in linea generale si può affermare che:

  • se è la preponente a recedere prima della scadenza da un contratto di agenzia a tempo determinato, il danno è commisurato al compenso che l’agente avrebbe percepito qualora il contratto fosse proseguito fino alla sua naturale scadenza;
  • se, invece, è l’agente a recedere prima della scadenza da un contratto di agenzia a tempo determinato, il danno è commisurato sia al danno emergente pari ai costi sostenuti per la ricerca di nuovi agenti, sia al lucro cessante pari alla diminuzione di utili nella zona assegnata all’agente receduto.

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