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4. Il contratto di agenzia in Spagna

Il contratto di agenzia in Spagna è regolato dalla legge 12/1992 del 27 maggio 1992 (“Ley 12/1992, de 27 de mayo, sobre Contrato de Agencia”), che ha recepito nell’ordinamento spagnolo la direttiva 86/653/CEE.

L’agente di commercio può essere sia una persona fisica, sia una persona giuridica.

L’agente di commercio può operare per più preponenti, se non è stato diversamente pattuito. E’ necessario però il consenso della preponente se l’attività per un’altra preponente riguarda merci o prestazioni dello stesso tipo o simili e si pone in concorrenza con essa.

La legge spagnola non stabilisce alcuna forma particolare per il contratto di agenzia, ma in ogni momento ciascuna delle parti può pretendere dall’altra una stesura per iscritto dell’accordo.

Ad ogni modo determinate clausole contrattuali, come ad esempio quella sulla provvigione oppure  quella sul c.d. “star del credere”, necessitano sempre della forma scritta.

In Spagna, a differenza dell’Italia, il c.d. “star del credere” è valido, con la conseguenza che, secondo la legge spagnola, in caso di insolvenza dei clienti, l’agente risponde senza limiti, purché lo “star del credere” sia stato pattuito per iscritto e a fronte del riconoscimento di una provvigione aggiuntiva.

Il contratto di agenzia può essere a tempo determinato o indeterminato. In mancanza però di accordo tra le parti sulla durata del contratto, lo stesso si presume a tempo indeterminato.

La legge spagnola ammette la risoluzione immediata del contratto (a tempo determinato o indeterminato), qualora si verifichi una delle seguenti situazioni:

  • violazione totale o parziale degli obblighi legali o contrattuali da parte dell’altro contraente;
  • stato di insolvenza dell’altro contraente.

In caso di risoluzione del contratto (a tempo determinato o indeterminato), se l’agente ha acquisito nuovi clienti per la preponente o ha sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti preesistenti, l’agente medesimo ha diritto ad un indennizzo, se la preponente ottiene dalla precedente attività dell’agente sensibili vantaggi come prima e se il pagamento dell’indennizzo corrisponde ad equità.

L’indennizzo non deve superare l’importo medio annuale delle provvigioni ottenute dall’agente negli ultimi cinque anni; se, invece, l’intera durata del rapporto contrattuale è inferiore, l’indennizzo viene calcolato sul relativo periodo.

Inoltre sussiste il diritto al risarcimento del danno per l’agente se il contratto a tempo indeterminato viene risolto unilateralmente dalla preponente: tale diritto comprende sia il risarcimento dei danni che l’agente subisce per effetto della risoluzione anticipata del contratto, sia il risarcimento dei danni derivanti dal mancato ammortamento delle spese sostenute dall’agente medesimo su indicazione della preponente per l’esecuzione del contratto.

Entrambi i suddetti diritti dell’agente sono esclusi in caso di recesso da parte dell’agente, a meno che tale recesso sia imputabile al comportamento della preponente.

Nel contratto di agenzia può essere pattuito un divieto di concorrenza post-contrattuale, la cui durata non può superare i due anni.

Tuttavia la legge spagnola non stabilisce l’ammontare dell’indennità dovuta all’agente in tal caso, ma lascia alle parti la possibilità di determinare l’importo di tale indennità.

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3. Il concetto di nuovi clienti secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea

Il concetto di “nuovi clienti” secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea

Con la sentenza 7 aprile 2016, C-315/14, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato che l’art. 17, paragrafo 2, lettera a), primo trattino della direttiva 86/653 deve essere interpretato nel senso che “nuovi clienti” possono essere anche quelli procurati dall’agente che hanno già intrattenuto in precedenza rapporti d’affari con la preponente per quanto riguarda gli articoli commercializzati dalla preponente in una determinata gamma di prodotti, ma non per quanto riguarda quelli per i quali la preponente ha conferito all’agente un incarico di vendita esclusivo.

Per meglio comprendere l’importanza e la novità della sentenza in commento è utile ricostruire brevemente la vicenda da cui ha tratto origine tale sentenza, che è stata emessa in un procedimento promosso da un agente tedesco dopo la cessazione di un rapporto di agenzia con una società tedesca produttrice di vari marchi di montature per occhiali, al fine di ottenere l’indennità di fine rapporto.

La società tedesca collabora con vari agenti, ad ognuno dei quali conferisce solo collezioni di montature per occhiali di determinati marchi, ma non tutta la sua gamma di prodotti.

L’agente che ha promosso la causa in questione aveva ricevuto un incarico per la vendita delle collezioni di montature per occhiali relative a due marchi.

Di conseguenza, tale agente si trovava in concorrenza con gli altri agenti di zona della preponente ai quali era stato conferito un incarico per la vendita di altre collezioni di marchi di montature per occhiali.

La società tedesca aveva fornito all’agente un elenco di clienti comprendente ottici che avevano già acquistato da essa collezioni di montature per occhiali di marchi diversi da quelli oggetto del contratto e, quindi, la medesima società ha sostenuto in causa che tali clienti non potevano essere considerati “nuovi clienti” ai fini dell’ottenimento dell’indennità di fine rapporto.

Per contro, l’agente tedesco ha sostenuto che gli ottici che, grazie ai suoi sforzi, avevano acquistato per la prima volta montature per occhiali con i marchi a lui contrattualmente assegnati dovevano essere considerati come “nuovi clienti”, anche se erano già stati in precedenza clienti della preponente per altri marchi di montature per occhiali.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha risolto la controversia in esame enunciando il principio di diritto sopra riportato, e cioè che “nuovi clienti” possono essere anche quelli procurati dall’agente che hanno già intrattenuto in precedenza rapporti d’affari con la preponente per quanto riguarda gli articoli commercializzati dalla preponente in una determinata gamma di prodotti, ma non per quanto riguarda quelli per i quali la preponente ha conferito all’agente un incarico di vendita esclusivo.

Tale principio potrebbe essere utilizzato anche in Italia nelle cause tra agenti e preponenti riguardanti il riconoscimento dell’indennità di fine rapporto di cui all’art. 1751 c.c. quando vi sono circostanze analoghe a quelle presenti nella sentenza in commento (in particolare zona non in esclusiva e affidamento all’agente solo di determinate linee di prodotti). Sarà, quindi, interessante notare se la giurisprudenza italiana interpreterà il concetto di “nuovi clienti” conformemente alla sentenza 7 aprile 2016 della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

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2. Il contratto di agenzia nel Regno Unito

La figura dell’agente di commercio è stata regolata in Europa dalla Direttiva 86/653/CEE del Consiglio UE del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati Membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti.

Nel Regno Unito il diritto dei contratti di agenzia è dominato dal principio della libertà contrattuale. Vi sono al momento restrizioni solo relativamente ad alcuni diritti e doveri fondamentali dei contraenti in ragione della suddetta Direttiva UE sugli agenti, che è stata recepita in Gran Bretagna con la legge The Commercial Agents (Council Directive) Regulations 1993.

Inoltre, valgono i principi generali della legislazione contrattualistica e della concorrenza.

In buona sostanza, la maggior parte degli articoli della suddetta Direttiva è destinata a dare una tutela minima all’agente e, quindi, non può essere derogata a suo svantaggio.

Ciò riguarda le norme degli artt. 3 e 4 (diritti e doveri dei contraenti), l’art. 10 commi 2 e 3 (sussistenza ed esigibilità del diritto alla provvigione), l’art. 11 comma 3 (diritto alla provvigione), l’art. 13 comma 1 (diritto di entrambi i contraenti di pretendere un esemplare scritto del contratto), l’art. 17 (diritto all’indennizzo dell’agente dopo la fine del contratto), l’art. 19 (illiceità degli accordi che escludono il diritto all’indennizzo).

Ne consegue che, qualora una clausola contrattuale si discosti dal contenuto dei predetti articoli, tale clausola è nulla in quanto illecita e sarà di volta in volta sostituita dalla norma applicabile della Direttiva UE sugli agenti, mentre il resto del contratto resterà valido.

Operativamente nel Regno Unito ogni persona fisica o giuridica può essere agente, non essendo necessario che abbia la sede o la residenza in Gran Bretagna per poter svolgere tale attività.

L’agente non è tenuto a iscriversi alla Camera di Commercio, né ad un albo, non ci sono accordi di categoria vincolanti, né sussiste per le preponente alcun obbligo di versare contributi, trattenute o quote annuali.

Per contro, tutti gli obblighi previdenziali gravano esclusivamente sull’agente.

Nel Regno Unito il contratto di agenzia non è sottoposto ad alcun requisito di forma, nonostante la sopra citata Direttiva UE sugli agenti preveda la forma scritta.

Inoltre va considerato che, sebbene anche il contratto di agenzia concluso in forma orale sia da ritenersi valido, ciascuno dei contraenti può comunque pretendere dall’altro una copia scritta del contratto che ne riporti l’esatto contenuto.

Il contratto di agenzia non è sottoposto ad obblighi di registrazione.

Il contratto è, di solito, a tempo determinato, ma ove si protragga oltre il termine stabilito diventa a tempo indeterminato. Non vi sono norme relative ad un periodo di prova dell’agente.

Nel caso in cui manchi un accordo contrattuale sull’ammontare della provvigione, il compenso dell’agente viene determinato, ai sensi dell’art. 6 della suddetta Direttiva UE, secondo la remunerazione “usuale” e/o “ragionevole”.

Il preavviso minimo per la risoluzione è di un mese per i contratti annuali, due mesi per i biennali, tre mesi per quelli che durano tre o più anni.

Alla risoluzione del contratto l’agente ha diritto a un indennizzo o a un risarcimento danni pari “all’attuale valore di mercato del contratto se questo fosse durato nel tempo”.

La legge non dispone un modello inderogabile, rimettendo la scelta ai contraenti.

La forma più comune di liquidazione è il risarcimento del danno finalizzato ad una compensazione calcolata sulla base del pregiudizio insito per l’agente nell’interruzione del rapporto.

Non vi sono disposizioni di legge che impongano una clausola di non concorrenza post-contrattuale: i contraenti possono, quindi, decidere liberamente che l’agente sia obbligato ad astenersi per un certo periodo di tempo dopo la cessazione del contratto da ogni attività di concorrenza in danno del preponente e che in cambio di questa limitazione della sua libertà lavorativa riceva un’indennità. Sotto il profilo del diritto della concorrenza, tale clausola è lecita soltanto se si riferisce esattamente ai prodotti del preponente, se è limitata ad una determinata zona e non supera una certa durata.

La durata massima consentita, ai sensi dell’art. 20 comma 3 della citata Direttiva UE sugli agenti, è di due anni. Inoltre, sempre secondo tale Direttiva, la clausola sulla concorrenza necessita, come detto, della forma scritta.

Nel Regno Unito l’agente può servirsi di un ausiliario, il quale è obbligato soltanto nei confronti dell’agente, ma non ha con il preponente alcuna relazione contrattuale.

Di conseguenza, laddove il contratto principale (tra agente e preponente) sia dichiarato nullo o annullabile, ciò non determina comunque alcun effetto sul contratto con l’ausiliario, che rimane valido.

In linea di massima gli accordi sulla competenza giudiziaria sono possibili, così come eventuali clausole sul diritto applicabile. Tuttavia, qualora il giudice competente in base all’accordo contrattuale non dovesse applicare il diritto del relativo Paese, si dovrà ovviamente considerare che ciò comporta rilevanti costi aggiuntivi (ad esempio per le asseverazioni in relazione al diritto applicabile secondo il giudice o per l’intervento di un interprete).

Laddove le parti non abbiano stabilito nulla in merito al diritto applicabile, si applica il diritto del Paese nel quale l’agente esercita la propria attività. Infine va tenuto presente che all’interno del Regno Unito esistono giurisdizioni differenti, in considerazione delle varie nazioni che lo compongono.

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1. Il risarcimento del danno ulteriore secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea

Il risarcimento del danno ulteriore secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea

Con la sentenza 3 dicembre 2015, C-338/14, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato che l’art. 17, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 86/653 deve essere interpretato nel senso che la concessione del risarcimento del danno ulteriore non è subordinata alla dimostrazione dell’esistenza di un illecito imputabile al preponente, che presenti un nesso causale con il danno invocato, ma esige che il danno invocato sia distinto da quello risarcito dall’indennità di fine rapporto.

In Italia l’art. 17, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 86/653 è stato attuato dall’art. 1751, IV comma, c.c., in base al quale il riconoscimento all’agente dell’indennità di fine rapporto non priva comunque lo stesso agente del diritto al risarcimento del danno ulteriore derivante dalla cessazione del rapporto.

Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza italiana l’art. 1751, IV comma, c.c. si riferisce ai danni ulteriori da fatto illecito (contrattuale o extracontrattuale) connesso alla cessazione del rapporto di agenzia.

Tuttavia con la suddetta sentenza la Corte di Giustizia dell’Unione europea sembra aver stabilito che il riconoscimento a favore dell’agente del risarcimento del danno ulteriore non presuppone necessariamente un illecito imputabile al preponente.

Pertanto il principio di diritto enunciato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea potrebbe essere utilizzato per sostenere che l’art. 1751, IV comma, c.c. deve essere interpretato in conformità a tale principio, con la conseguenza che pure in caso di una risoluzione legittima del contratto di agenzia, oltre all’indennità di fine rapporto, si potrebbe richiedere anche il risarcimento dei danni ulteriori, purché tali danni siano distinti da quelli risarciti con l’indennità fine rapporto (ad esempio danni per denigrazione professionale, per ingiuriosità del recesso del preponente, per investimenti non recuperabili, per costi di licenziamento del personale non più utilizzabile).

Sarà, quindi, interessante notare se la giurisprudenza italiana interpreterà l’art. 1751, IV comma, c.c. conformemente alla sentenza 3 dicembre 2015 della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

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42. Il contratto di subagenzia e la figura del subagente

Con la sentenza n. 23973 del 26 settembre 2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul contratto di subagenzia e sull’inquadramento giuridico della figura del subagente.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che:

  • il contratto di sub-agenzia consiste in una peculiare ipotesi di contratto derivato, unilateralmente e funzionalmente collegato al contratto principale di agenzia, per il quale trovano applicazione le norme dettate in tema di contratto di agenzia, ad esclusione di quelle relative al potere rappresentativo del preponente (articolo 1745 cod. civ.);
  • il contratto di agenzia e di subagenzia, nonostante la sostanziale sovrapponibilità dell’oggetto, si differenzia con riguardo alla persona del preponente, posto che nel secondo caso è l’agente a ricoprire il ruolo di preponente nei rapporti con il subagente;
  • sussiste una tendenziale autonomia tra i due rapporti esistenti, da un lato, tra preponente e agente, e tra agente e subagente dall’altro;
  • il subagente è un ausiliario dell’agente, che non risponde del proprio operato al preponente, ma direttamente all’agente, operando sotto la responsabilità di quest’ultimo;
  • la figura del subagente non è espressamente disciplinata dal codice civile, ma a tale figura si applicano le norme del contratto di agenzia, eccetto l’art. 1745 cod. civ.;
  • la responsabilità del preponente è esclusa per fatto illecito del subagente, posto che ciascun padrone o committente risponde, ai sensi degli articoli 2049 e 1228 cod. civ., dei fatti illeciti commessi soltanto dai loro collaboratori e non dai collaboratori dei soggetti ai quali essi sono legati mediante rapporti contrattuali che lasciano all’autonomia organizzativa lo svolgimento dell’attività loro affidata.

In buona sostanza, con la sentenza in commento la Cassazione ha fatto il punto sul contratto di subagenzia e sulla figura del subagente, richiamando una serie di principi di diritto, che ormai rappresentano orientamenti giurisprudenziali consolidati in materia.

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41. Insussistenza giusta causa

Con due recentissime sentenze, rispettivamente del 10 agosto 2019 e del 18 luglio 2019, il Tribunale di Bolzano e il Tribunale di Milano si sono pronunciate sulle conseguenze derivanti in caso di insussistenza della giusta causa in un rapporto di agenzia.

In particolare, in entrambe le suddette sentenze è stato richiamato il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella sua pronuncia n. 19579 del 30 settembre 2016, secondo cui: “In tema di rapporto di agenzia, il recesso dell’agente per giusta causa si converte, ove si accerti l’insussistenza di quest’ultima e salvo che non emerga una diversa volontà dell’agente medesimo, in un recesso senza preavviso, che determina la riespansione del diritto della controparte a percepire le previste indennità ed all’eventuale risarcimento del danno”.

In buona sostanza, le due sentenze in commento hanno ribadito che alla mancanza di giusta causa consegue la riqualificazione della cessazione del rapporto come recesso senza preavviso, precisando che tale riqualificazione si verifica sia quando a recedere è l’agente (come nel caso oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione sopra menzionata), sia quando a recedere è la preponente.

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40. Mancata contestazione estratti conto provvigionali

Con la sentenza n. 12544 del 10 maggio 2019 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema della mancata contestazione degli estratti conto provvigionali.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che: “In tema di rapporto di agenzia, deve escludersi che l’omessa contestazione degli estratti conto provvigionali comporti una approvazione tacita di modifiche unilaterali apportate, con riguardo a condizioni economiche per alcuni specifici affari, dal preponente e, di conseguenza, una rinuncia dell’agente a maggiori compensi provvigionali, posto che la rinuncia tacita ad un diritto può desumersi soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco la sua effettiva e definitiva volontà abdicativa.”.

In buona sostanza, nella sentenza in commento la Cassazione ha stabilito che la mancata contestazione degli estratti conto provvigionali trasmessi periodicamente dalla preponente non costituisce un elemento sufficiente a far desumere un’accettazione tacita delle differenti condizioni economiche riconosciute dalla preponente per alcuni specifici affari.

In proposito si segnala che la sentenza n. 12544 del 10 maggio 2019 si pone in contrasto con il principio di diritto in precedenza enunciato dalla stessa Suprema Corte nella sentenza n. 13379 del 10 giugno 2009, a cui poi si è conformata la successiva giurisprudenza di merito.

Infatti nella suddetta pronuncia del 2009 la Cassazione ha affermato che in caso di modifiche unilaterali delle provvigioni da parte della preponente, la continuazione pluriennale della collaborazione da parte dell’agente comporta implicita accettazione delle nuove condizioni contrattuali.

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39. Termini di prescrizione e contratto di agenzia

Con la sentenza n. 14498 del 28 maggio 2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata sui termini di prescrizione nel contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che:

  • le provvigioni, essendo somme di denaro pagabili “periodicamente ad anno o in termini più brevi”, sono soggette al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, comma 1 n. 4, codice civile;
  • l’indennità di cessazione del rapporto di agenzia ex art. 1751 codice civile, è soggetto al termine ordinario di prescrizione decennale, in quanto non rientrante nell’ipotesi di cui all’art. 2948, comma 1 n. 5, codice civile, che è invece riferita espressamente alle sole indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro.

In buona sostanza, il diritto ad ottenere il pagamento delle provvigioni si prescrive in cinque anni, mentre il diritto ad ottenere il pagamento dell’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 codice civile si prescrive in dieci anni, fermo restando che – a pena di decadenza da tale diritto – entro un anno dalla cessazione del rapporto di agenzia l’agente deve chiedere espressamente alla preponente il pagamento di tale indennità.

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38. Il lieve ritardo nel pagamento delle provvigioni non costituisce giusta causa

Con la sentenza del 27 febbraio 2019 la Corte d’Appello di Milano ha stabilito che il lieve ritardo della preponente nel pagamento delle provvigioni non costituisce per l’agente una giusta causa di recesso.

In particolare, la Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che – indipendentemente dal motivo dell’omesso pagamento delle provvigioni da parte della preponente e cioè se trattasi di un puro disguido o meno – il ritardo, nel caso di specie di nove giorni, rispetto all’usuale momento di pagamento delle provvigioni è oggettivamente di lieve portata e non costituisce una causa tale da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di agenzia e con esso il protrarsi della normale funzionalità dell’attività dell’agente.

Pertanto la Corte d’Appello di Milano ha reputato infondato il recesso per giusta causa effettuato dall’agente e, conseguentemente, lo ha condannato a corrispondere alla preponente l’indennità sostituiva del preavviso da lui non svolto.

La sentenza in commento è interessante, in quanto da essa si ricava che di per sé il ritardo nel pagamento delle provvigioni da parte della preponente non rappresenta un valido motivo di recesso per giusta causa se non è significativo.

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37. L’ingiunzione per ottenere la documentazione della preponente

Con la sentenza del 6 febbraio 2019 il Tribunale di Treviso – Sezione lavoro ha confermato il decreto ingiuntivo emesso nei confronti di una preponente, con cui quest’ultima era stata condannata a consegnare all’agente gli estratti conto delle vendite da lui promosse e l’estratto autentico del registro IVA relativo a tali vendite.

In particolare, il Giudice ha motivato la sua decisione sulla base del diritto di informazione dell’agente previsto dall’art. 1749 del codice civile e del diritto di accesso alla documentazione della preponente elaborato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 19319 del 29 settembre 2016.

La sentenza in commento si inserisce, quindi, nell’orientamento giurisprudenziale ad oggi minoritario secondo cui è possibile utilizzare lo strumento processuale del ricorso per decreto ingiuntivo per ottenere l’esibizione delle scritture contabili della preponente.

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