Autore: FTA Pagina 24 di 26

26. La risoluzione consensuale del contratto di agenzia

La risoluzione consensuale del contratto di agenzia

Con la sentenza del 23 febbraio 2018 il Tribunale di Bolzano ha stabilito che: “nel caso di risoluzione del contratto di agenzia per mutuo consenso il preponente non è tenuto a corrispondere all’agente né l’indennità sostitutiva del preavviso ex art. 1750 c.c., non essendovi l’obbligo del preavviso né dell’indennità suppletiva di clientela, prevista per la sola ipotesi che il contratto si sciolga ad iniziativa della casa mandante”.

Traendo spunto da tale sentenza è possibile svolgere alcune considerazioni di ordine generale sul tema della risoluzione consensuale del contratto di agenzia, che è una delle modalità di scioglimento di tale contratto.

In particolare, nel caso di risoluzione consensuale del contratto di agenzia, è principio consolidato in giurisprudenza che:

  • la preponente non sarebbe tenuta a corrispondere all’agente l’indennità sostitutiva del preavviso, poiché quando il contratto si risolve consensualmente le parti non hanno diritto al preavviso;
  • l’agente non avrebbe diritto all’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 del codice civile, in quanto tale indennità spetta all’agente solo quando il contratto si scioglie su iniziativa della preponente.

Controverso è, invece, in giurisprudenza il riconoscimento all’agente dell’indennità suppletiva di clientela in caso di risoluzione consensuale di un contratto di agenzia, sebbene le pronunce che negano il diritto dell’agente all’indennità suppletiva di clientela siano numericamente superiori rispetto a quelle di senso contrario.

La sentenza in commento, quindi, si inserisce nell’orientamento giurisprudenziale prevalente che nega il diritto dell’agente all’indennità suppletiva di clientela in caso di risoluzione consensuale del contratto di agenzia.  

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25. Le differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato

Le differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato

Con la sentenza n. 4884 dell’1 marzo 2018 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi delle differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato, precisando anche gli elementi utili ai fini della corretta qualificazione giuridica del rapporto di lavoro nell’una o nell’altra tipologia contrattuale.

In particolare nella suddetta sentenza la Cassazione ha stabilito che:

  • l’elemento distintivo tra il rapporto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento, in favore della preponente, di un’attività economica esercitata in forma imprenditoriale, con organizzazione di mezzi e assunzione del rischio da parte dell’agente, che si manifesta nell’autonoma scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto delle istruzioni ricevute dalla preponente;
  • costituisce, invece, oggetto del rapporto di lavoro subordinato la prestazione, in regime di subordinazione, di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore, che sopporta il rischio dell’attività svolta;
  • elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato nonché elemento distintivo rispetto a quello di agenzia è costituito dalla soggezione personale del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro;
  • in mancanza della sopra indicata soggezione del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, è possibile fare riferimento, ai fini qualificatori, ad ulteriori elementi, aventi però carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria (come ad esempio la continuità della prestazione lavorativa, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l’assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppur minima struttura imprenditoriale).

Nel caso da cui trae origine la pronuncia in commento la Suprema Corte ha altresì affermato che il Giudice di appello aveva correttamente individuato gli elementi indiziari dotati di efficacia probatoria sussidiaria ai fini della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro come lavoro subordinato e non come agenzia e più precisamente:

  • lo stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale attraverso la sua sottoposizione a specifiche e vincolanti istruzioni per la gestione della clientela, a ripetuti richiami al rispetto delle procedure dettate, a turni di lavoro e feriali stabiliti unilateralmente dalla società;
  • lo svolgimento dell’attività esclusivamente nei locali aziendali e con strumenti forniti dalla società (scrivania, computer, targa col nome, indirizzo di posta elettronica e numero di telefono diretto);
  • l’assenza in capo al lavoratore di qualsiasi rischio imprenditoriale e di una seppur minima struttura organizzativa;
  • la gestione contabile dell’attività lavorativa da parte della società, che, mediante il suo ufficio amministrativo, provvedeva direttamente a predisporre le fatture per il pagamento delle provvigioni.

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24. La motivazione del recesso per giusta causa da parte della preponente

La motivazione del recesso per giusta causa da parte della preponente

Con la sentenza n. 1754 del 24 gennaio 2018 la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini della legittimità del recesso per giusta da un rapporto di agenzia, la comunicazione di recesso inviata all’agente dalla preponente non deve contenere necessariamente l’indicazione specifica dei motivi di recesso, essendo sufficiente che di tali motivi l’agente sia a conoscenza in altro modo o che essi siano, in caso di controversia, dedotti e correlativamente accertati dal giudice.

Tale sentenza della Suprema Corte conferma che negli ultimi anni, salvo qualche minoritaria pronuncia in senso contrario di alcuni giudici di primo grado, si sta ormai consolidando in giurisprudenza l’orientamento secondo cui, anche in caso di recesso per giusta causa da parte della preponente, la relativa comunicazione di recesso non necessita della contestuale indicazione dei motivi di recesso.

Pertanto si potrebbe affermare che sia da ritenersi superato il precedente indirizzo giurisprudenziale secondo cui, in caso di recesso per giusta causa, l’obbligo di contestuale indicazione dei motivi di recesso sarebbe solo a carico della preponente e non anche dell’agente.

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23. La responsabilità dell’agente per i comportamenti dei suoi collaboratori

La responsabilità dell’agente per i comportamenti dei suoi collaboratori

Numerose sentenze della Cassazione hanno considerato applicabili gli articoli 1228 e 2049 del codice civile per giustificare un recesso per giusta causa da un rapporto di agenzia assicurativa, a fronte di frodi realizzate da un subagente assicurativo, stante il dovere di vigilanza dell’agente assicurativo che avrebbe dovuto controllare il suo collaboratore, in modo da evitare il verificarsi delle truffe successivamente accertate.

In particolare nelle suddette sentenze sono stati affermati i seguenti principi di diritto, che sono applicabili anche agli agenti di commercio:

  • i collaboratori esterni (subagenti o procacciatori) di un agente si inseriscono nella struttura organizzativa e imprenditoriale dell’agente medesimo, a cui rimane estranea la preponente;
  • l’agente risponde dell’operato dei propri collaboratori ai sensi degli articoli 1228 e 2049 del codice civile;
  • gli illeciti dei collaboratori dell’agente sono idonei a ledere il rapporto fiduciario tra l’agente e la preponente, legittimando quest’ultima a recedere per giusta causa dal rapporto di agenzia ex articolo 2119 del codice civile;
  • l’inserimento dei collaboratori (subagenti o procacciatori) nell’organizzazione imprenditoriale dell’agente, alla quale rimane estranea la preponente, esclude la responsabilità di quest’ultima, in quanto ciascun committente risponde, in base agli articoli 2049 e 1228 del codice civile, dei fatti illeciti commessi soltanto dai propri collaboratori e non dai collaboratori dei soggetti ai quali essi sono legati mediante rapporti contrattuali che lasciano all’autonomia organizzativa dei commissionari lo svolgimento dell’attività loro affidata.

In buona sostanza, può essere considerato legittimo un recesso per giusta causa da un contratto di agenzia effettuato da una preponente per comportamenti dei collaboratori dell’agente (subagenti, consulenti commerciali, procacciatori ecc.), sussistendo a carico dello stesso agente il dovere di vigilanza sui suoi collaboratori in applicazione degli articoli 1228 e 2049 del codice civile.

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22. Minimo provvigionale garantito o anticipo provvigionale

Con la sentenza n. 26267 del 6 novembre 2017 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla differenza tra l’espressione “minimo provvigionale garantito” e l’espressione “anticipo provvigionale”.

La sentenza in commento trae origine dalla previsione in un contratto di agenzia di un promotore finanziario di un compenso “minimo provvigionale garantito” condizionato al raggiungimento di un determinato obiettivo di produzione.

Secondo la prospettazione della banca – preponente il compenso minimo provvigionale garantito era dovuto al promotore solo nell’ipotesi di integrale raggiungimento dell’obiettivo e che, in caso contrario, tale compenso non gli era dovuto, né sussisteva alcun obbligo per la preponente di riparametrare il compenso in base al grado di raggiungimento dell’obiettivo, trattandosi di una mera facoltà della stessa preponente.

La Corte di Cassazione – dopo aver ribadito che la pattuizione di un compenso minimo garantito non è incompatibile con un contratto di agenzia – ha confermato l’interpretazione della Corte d’Appello, secondo cui l’espressione “minimo provvigionale garantito” utilizzata nel contratto di agenzia in questione mal si concilia con un compenso soltanto anticipato, osservando che di solito si usa l’espressione “anticipo provvigionale” quando si tratta di un compenso soggetto a restituzione, qualora non coperto dalle provvigioni effettivamente maturate dall’agente.

In buona sostanza, rigettando il ricorso della banca – preponente, la Suprema Corte ha affermato che un compenso soggetto a restituzione parziale o totale in caso di mancato raggiungimento di determinati obiettivi non costituisce un “compenso minimo garantito”, bensì un “anticipo provvigionale”.

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21. Recesso prima della scadenza da un contratto di agenzia a termine e risarcimento del danno

Recesso prima della scadenza da un contratto di agenzia a termine e risarcimento del danno

Di regola un contratto di agenzia a tempo determinato si scioglie automaticamente alla sua scadenza naturale, non essendo possibile recedere da tale contratto con la concessione del periodo di preavviso, in quanto l’istituto del preavviso riguarda unicamente il recesso dal contratto di agenzia a tempo indeterminato e non può essere esteso anche al contratto di agenzia a tempo determinato.

Tuttavia solo nei due seguenti casi è possibile recedere anticipatamente da un contratto di agenzia a termine:

  • mutuo consenso;
  • giusta causa.

Al di fuori dei due casi eccezionali sopra indicati, il recesso effettuato da una delle parti prima della scadenza pattuita è inefficace, con la conseguenza che il contratto di agenzia resta in vita fino a tale scadenza e la parte recedente è tenuta nei confronti dell’altra al risarcimento del danno.

Sebbene non sia agevole quantificare il danno derivante da un ingiustificato recesso anticipato da un contratto a termine, in linea generale si può affermare che:

  • se è la preponente a recedere prima della scadenza da un contratto di agenzia a tempo determinato, il danno è commisurato al compenso che l’agente avrebbe percepito qualora il contratto fosse proseguito fino alla sua naturale scadenza;
  • se, invece, è l’agente a recedere prima della scadenza da un contratto di agenzia a tempo determinato, il danno è commisurato sia al danno emergente pari ai costi sostenuti per la ricerca di nuovi agenti, sia al lucro cessante pari alla diminuzione di utili nella zona assegnata all’agente receduto.

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20. L’indennità suppletiva di clientela non rientra tra i crediti privilegiati

L’indennità suppletiva di clientela non rientra tra i crediti privilegiati

Con la sentenza n. 18692 del 27 luglio 2017 la Corte di Cassazione ha escluso l’indennità suppletiva di clientela dall’ambito dei crediti privilegiati di cui all’art. 2751-bis n. 3 del codice civile, con la conseguenza che in caso di fallimento della preponente l’indennità suppletiva di clientela dovuta all’agente rientra tra i crediti chirografari.

In particolare nella suddetta sentenza la Cassazione ha affermato che:

  • l’indennità suppletiva di clientela è un istituto di origine contrattuale, che è applicabile agli agenti il cui rapporto è regolato, direttamente o indirettamente, da tali accordi;
  • l’indennità suppletiva di clientela non ha natura retributiva, ma si configura come un compenso indennitario finalizzato ad indennizzare l’agente per il danno derivante dalla perdita della clientela da lui procurata alla preponente nel corso del rapporto di agenzia;
  • l’art. 2751-bis n. 3 del codice civile, che riconosce il privilegio su “le provvigioni derivanti dal rapporto di agenzia dovute per l’ultimo anno di prestazione e le indennità dovute per la cessazione del rapporto medesimo”, non si applica all’indennità suppletiva di clientela, in quanto la finalità del privilegio previsto dall’art. 2751-bis n. 3 del codice civile consiste nel rafforzare la tutela dei crediti derivanti dalla prestazione di lavoro autonomo o parasubordinato, attraverso il riconoscimento della medesima collocazione privilegiata stabilita per i crediti retributivi derivanti da rapporti di lavoro subordinato, che sono diretti a soddisfare le esigenze di sostentamento del lavoratore e della sua famiglia.

In buona sostanza, con la sentenza in commento la Suprema Corte ha precisato che l’indennità suppletiva di clientela si configura come un compenso indennitario diverso dall’indennità sostitutiva del preavviso, per cui in caso di fallimento della preponente l’indennità suppletiva di clientela dovuta all’agente non rientra tra i crediti privilegiati, bensì tra i crediti chirografari, che hanno una tutela per così dire inferiore rispetto a quella prevista per i crediti privilegiati.

In concreto, quindi, potrebbe verificarsi il caso in cui un agente non ottiene nulla a titolo di indennità suppletiva di clientela, qualora nell’attivo fallimentare dell’ex preponente non ci sia denaro da distribuire ai creditori chirografari dopo che siano stati eventualmente soddisfatti i creditori privilegiati, tra i quali potrebbe rientrare lo stesso agente per le provvigioni dell’ultimo anno di collaborazione e per l’indennità sostitutiva del preavviso.

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19. Provvigione e buon fine dell’affare

Una delle questioni più dibattute nella gestione di una rete vendita è il momento in cui matura il diritto dell’agente a percepire la provvigione, dandosi erroneamente per scontato che tale momento coincida con il buon fine dell’affare.

Per fare chiarezza sulla questione del momento in cui matura la provvigione è opportuno esaminare l’art. 1748, IV comma, del codice civile, secondo cui:

Salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente, dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

In buona sostanza, tale norma fissa due criteri per determinare il momento in cui matura la provvigione e più precisamente:

  • nella prima parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile è previsto un criterio generale – derogabile dalle parti – che fa riferimento al momento in cui il preponente esegue materialmente la propria prestazione o avrebbe dovuto eseguirla in base al contratto con il cliente;
  • nella seconda parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile è previsto, invece, un criterio inderogabile – essendo il limite temporale massimo entro il quale deve essere pagata la provvigione – che fa riferimento al momento in cui il cliente effettua materialmente il pagamento o avrebbe dovuto effettuarlo qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico.

Per meglio chiarire la questione in esame è utile fare qualche esempio.

In base al criterio generale enunciato nella prima parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile (che, come detto, è un criterio derogabile dalle parti nel contratto individuale di agenzia):

  • se il preponente consegna la merce al cliente alla data pattuita nel contratto, il diritto dell’agente a percepire la provvigione matura nel momento in cui viene effettuata tale consegna;
  • se il preponente è obbligato a consegnare la merce ad una determinata data e non lo fa, il diritto dell’agente a percepire la provvigione matura nel momento in cui tale consegna avrebbe dovuto essere effettuata.

In base al criterio inderogabile enunciato nella seconda parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile (che, come detto, rappresenta il limite temporale massimo entro cui l’agente deve essere pagato):

  • se il cliente paga il preponente alla data pattuita nel contratto, il diritto dell’agente a percepire la provvigione matura nel momento in cui viene effettuato tale pagamento;
  • se il cliente è obbligato a pagare ad una determinata data e non lo fa, il diritto dell’agente a percepire la provvigione matura nel momento in cui tale pagamento avrebbe dovuto essere effettuato.

Pertanto non necessariamente il momento in cui matura la provvigione coincide con il c.d. buon fine dell’affare e cioè con il momento in cui il cliente effettua il pagamento, con la conseguenza che si applicherà il criterio generale di cui alla prima parte del IV comma dell’art. 1748 del codice civile, salva diversa pattuizione contrattuale.

Occorre, quindi, prestare attenzione alla predisposizione e/o alla sottoscrizione di tale diversa pattuizione contrattuale, con cui può essere derogato il criterio generale sopra esaminato.

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18. Modificato dall’1 aprile 2017 l’A.E.C. settore commercio 16 febbraio 2016

Modificato dall’1 aprile 2017 l’A.E.C. settore commercio 16 febbraio 2016

Il 29 marzo 2017 è stato sottoscritto un accordo con cui sono state introdotte alcune modifiche all’A.E.C. settore commercio del 16 febbraio 2009, che rimane tuttora vigente.

Tali modifiche, in vigore dall’1 aprile 2017, riguardano:

1) Indennità suppletiva di clientela

È stato modificato l’art. 13, paragrafo IIterzo capoverso dell’A.E.C. settore commercio del 16 febbraio 2009 prevedendo che l’indennità suppletiva di clientela sarà corrisposta, ferme restando le condizioni previste, anche in caso di dimissioni dell’agente dovute a “conseguimento di pensione di vecchiaia e/o anticipata e/o APE Enasarco e/o INPS ”.

2) Commissione paritetica

È stata costituita una Commissione Paritetica per effettuare un percorso di analisi approfondimento sugli specifici ambiti di operatività del mercato dell’intermediazione commerciale e per approfondire tematiche specifiche come la formazione professionale degli agenti di commercio. Tale Commissione terminerà i propri lavori il 31 ottobre 2018.

3) Procedure per il rinnovo

È stato convenuto che le procedure del rinnovo del vigente A.E.C. settore commercio del 16 febbraio 2009 si avvieranno solo dopo che la Commissione Paritetica avrà terminato i suoi lavori e quindi successivamente al 31 ottobre 2018.

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17. Il patto di non concorrenza post-contrattuale nel contratto di agenzia

Il patto di non concorrenza post-contrattuale nel contratto di agenzia

Con la sentenza n 53 del 2017 la Sezione lavoro della Cassazione ha ribadito che quando in un contratto di agenzia è presente un patto di non concorrenza post-contrattuale ex art. 1751-bis c.c., l’agente ha diritto ad ottenere un’indennità di natura non provvigionale in occasione della cessazione del rapporto.

La sentenza in commento rappresenta – per il momento – l’ultima di una lunga serie di pronunce della Suprema Corte sul tema del patto di non concorrenza post-contrattuale nel contratto di agenzia, che si sono rese necessarie per risolvere le varie problematiche che si riscontrano nella prassi, nonostante tale patto sia espressamente disciplinato dall’art. 1751-bis c.c.

In particolare l’attuale formulazione dell’art. 1751-bis c.c., introdotta in attuazione della direttiva europea e in vigore dall’1 giugno 2001, prevede i seguenti requisiti di validità del patto di non concorrenza post-contrattuale:

  • forma scritta;
  • limitazione dell’ambito di applicazione del patto alla medesima zona, clientela e prodotti già indicati nel contratto di agenzia;
  • limitazione della durata del patto a due anni successivi all’estinzione del contratto di agenzia;
  • corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza post-contrattuale, che deve consistere in un’indennità di natura non provvigionale;
  • corresponsione della suddetta indennità all’agente in occasione della cessazione del rapporto;
  • determinazione dell’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale, affidata agli accordi economici collettivi. Laddove nel contratto individuale di agenzia manchi sul punto il rinvio agli accordi economici collettivi, allora l’ammontare dell’indennità in questione sarà determinata dal giudice in via equitativa.

Ebbene, a distanza di oltre quindici anni dall’entrata in vigore dell’attuale formulazione dell’art. 1751-bis c.c., in molti contratti di agenzia si riscontra la presenza delle seguenti clausole:

  • indicazione di zona, clientela e prodotti eccedenti quelli previsti nel contratto di agenzia;
  • durata del patto di non concorrenza post-contrattuale superiore a due anni;
  • indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale corrisposta in percentuale sul fatturato o come quota della provvigione;
  • indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale corrisposta nel corso del rapporto in maniera dilazionata;
  • calcolo dell’indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale non effettuato secondo i criteri previsti dagli accordi economici collettivi.

Pertanto, prima di inserire in un contratto di agenzia una delle suddette clausole, sarebbe opportuno consultare degli esperti, in modo da valutare i rischi che ne potrebbero derivare.

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