Legittima la compensazione tra il TFR del dipendente e il risarcimento dei danni causati dallo stesso dipendente
Con ordinanza del 26 aprile 2018 n. 10132 la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro ha confermato l’orientamento più recente della giurisprudenza in materia di compensazione c.d. atecnica o impropria tra crediti, anche di diversa natura, che scaturiscono da un unico rapporto di lavoro subordinato.
Nel caso di specie i crediti consistevano, da un lato, nel trattamento di fine rapporto di un lavoratore dipendente e, dall’altro, nei gravi danni subiti dalla datrice di lavoro a causa del comportamento illecito del dipendente, che era stato licenziato dall’azienda con riferimento a fatti emersi nell’ambito di un procedimento penale concernente episodi di corruzione, per i quali il medesimo lavoratore era stato sottoposto a misura cautelare.
Con il ricorso in cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano, la datrice di lavoro aveva chiesto che venisse riconosciuto il proprio diritto di opporre in compensazione, rispetto al trattamento di fine rapporto invocato dal dipendente, le proprie pretese risarcitorie.
La Suprema Corte ha accolto tale ricorso basando la sua decisione sulla legittimità della compensazione c.d. atecnica o impropria, quando la reciproca relazione di debito/credito trae origine da un unico rapporto (come è indubbiamente il rapporto di lavoro) ancorché le ragioni di credito siano fondate su titoli di diversa natura, l’una contrattuale (il trattamento di fine rapporto) e l’altra extra-contrattuale (il risarcimento danni).
Nell’ordinanza in commento viene ribadito dalla Corte di Cassazione che si è in presenza di compensazione c.d. impropria quando la reciproca relazione di debito/credito nasce da un unico rapporto (qual è indubbiamente il rapporto di lavoro), in cui l’accertamento contabile del saldo finale delle contrapposte partite può essere compiuto dal giudice d’ufficio, diversamente da quanto accade invece nel caso di compensazione c.d. propria, che, per operare, presuppone l’autonomia dei rapporti e richiede l’eccezione di parte.
In buona sostanza, la Suprema Corte ha evidenziato che in tema di estinzione delle obbligazioni è configurabile la cosiddetta compensazione atecnica quando i crediti abbiano origine da un unico rapporto, la cui identità non è esclusa dal fatto che uno di essi abbia natura risarcitoria derivando da inadempimento, posto che in tal caso la valutazione delle reciproche pretese comporta l’accertamento del dare e avere, senza che sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda riconvenzionale o di un’apposita eccezione di compensazione, che per contro presuppongono l’autonomia dei rapporti ai quali i crediti si riferiscono.
Sulla base di tali considerazioni, la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1241 del codice civile, la disciplina della compensazione è applicabile anche nelle ipotesi in cui le reciproche ragioni di credito, pur avendo il loro comune presupposto nel medesimo rapporto, siano fondate su titoli aventi natura diversa e più precisamente tra crediti di natura contrattuale (ad esempio il trattamento di fine rapporto del dipendente) e crediti di natura extracontrattuale (ad esempio il risarcimento dei danni causati al datore di lavoro dai comportamenti illeciti del dipendente).
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