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79. Legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo a seguito della scelta di sostituire un dipendente con un agente di commercio

Con sentenza n. 1539 del 25 marzo 2024 il Tribunale di Napoli Sezione lavoro si è pronunciato sulla legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogato dalla datrice di lavoro ad una dipendente per soppressione del posto di lavoro e sostituzione della medesima dipendente con un agente di commercio.

In particolare, nel caso in questione la datrice di lavoro ha ricondotto il suddetto licenziamento alla decisione di “sopprimere la posizione lavorativa di addetto alla rete commerciale per l’Area Campania e Basilicata” ricoperta dalla dipendente.

Nella comunicazione di licenziamento la datrice di lavoro ha comunicato l’impossibilità di procedere ad una ricollocazione della dipendente licenziata in quanto le mansioni precedentemente svolte dalla ricorrente sono state affidate ad un agente di commercio.

In buona sostanza, rispetto al giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro ha rappresentato la necessità del licenziamento a fronte della scelta aziendale di soppressione della posizione lavorativa, per uniformare le modalità di gestione degli affari su tutto il territorio.

Parte resistente ha, infatti, dedotto che la propria rete commerciale è sempre stata costituita esclusivamente da agenti, tranne che nel caso della ricorrente, allegando la volontà di addivenire ad una uniformità di trattamento economico e normativo, al fine anche di facilitare la propria gestione contabile – amministrativa.

La datrice di lavoro ha depositato in atti i contratti di agenzia stipulati nel corso degli anni con i singoli agenti, dando così prova dell’effettiva organizzazione aziendale secondo lo schema riportato in giudizio, confermando che l’unica inquadrata come dipendente era effettivamente la ricorrente.

È risultato in causa altresì pacifico – in quanto riportato da entrambe le parti – che, prima di procedere al licenziamento, la posizione di agente era stata offerta anche alla ricorrente, che l’ha rifiutata.

Pertanto, il Tribunale di Napoli ha ritenuto effettivamente sussistente il giustificato motivo oggettivo posto dalla resistente a fondamento del licenziamento della ricorrente.

A supporto il Tribunale ha ribadito che in tema di giustificato motivo oggettivo la giurisprudenza di legittimità ha da anni affermato il principio secondo cui in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo la verifica del giudice circa la legittimità del recesso si deve concentrare su tre elementi:

  • l’effettività delle ragioni poste dal datore di lavoro a giustificazione della decisione di ridimensionamento e riassetto organizzativo del personale, con la precisazione, tuttavia, che tale indagine deve essere limitata al dato oggettivo e non può estendersi ad un sindacato sull’opportunità della scelta fatta dal datore di lavoro, rispetto a cui l’imprenditore gode dell’autonomia garantita dall’art. 41 Cost.;
  • l’esistenza del nesso di causalità tra l’individuazione del posto da sopprimere rispetto al riassetto organizzativo;
  • l’inesistenza di soluzioni alternative al licenziamento.

Alla luce di tali elementi il licenziamento per giustificato motivo oggettivo a seguito della scelta della datrice di lavoro di sostituire un dipendente con un agente di commercio è stato ritenuto legittimo dal Tribunale di Napoli Sezione Lavoro e la domanda di impugnativa da parte della dipendente è stata quindi rigettata con la sentenza in commento.

 

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78. La novità in materia di lavoro subordinato a tempo determinato

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio 2024 la legge n. 18 del 23 febbraio 2024 di conversione del D.L. n. 215 del 30 dicembre 2023 c.d. Decreto Milleproroghe, che contiene una novità in materia di contratto di lavoro a tempo determinato.

Come noto, il Decreto Lavoro n. 48 del 4 maggio 2023 era intervenuto in materia di causali giustificatrici per i rapporti di lavoro a tempo determinato prevedendo la possibilità, fino alla data del 30 aprile 2024, di stipulare contratti a tempo determinato di durata superiore ai 12 mesi in presenza di accordo individuale tra le parti, fatto salvo quanto previsto dai contratti collettivi e per la sostituzione di altri lavoratori.

La suddetta legge di conversione del Decreto Milleproroghe ha invece fissato al 31 dicembre 2024 il termine per l’utilizzo della causale prevista dall’art. 24 del citato Decreto Lavoro e cioè “per esigenze di natura tecnica organizzativa o produttiva individuate dalle parti”.

In buona sostanza, con il c.d. Decreto Milleproroghe è stata prorogata sino al 31 dicembre 2024 la possibilità per le parti del contratto individuale di lavoro di individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustifichino l’apposizione, nei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, di un termine superiore ai 12 mesi e fino a 24 mesi.

 

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77. Tutela indennitaria in assenza di un valido patto di prova

Con sentenza n. 497 del 6 novembre 2023 il Tribunale di Vicenza ha riaffermato il principio sulla tipologia di tutela da applicarsi in caso di nullità della clausola che contiene il patto di prova.

La nullità della clausola che contiene il patto di prova determina la automatica conversione dell’assunzione del lavoratore in prova in assunzione definitiva sin dall’inizio, con il conseguente venire meno del regime di libera recedibilità in prova.

Il recesso ad nutum intimato in assenza di valido patto di prova equivale ad un ordinario licenziamento soggetto alla verifica giudiziale della sussistenza o meno della giusta causa o del giustificato motivo, assoggettato alla regola della tutela indennitaria di cui all’art. 3, comma 1, del D.lgs. n. 23 del 2015.

Tale articolo prevede espressamente che nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio del lavoratore, in misura comunque non inferiore a sei e non superiore a trentasei mensilità.

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76. L’onere della prova dell’aliunde perceptum

Con ordinanza n. 1533 del 15 gennaio 2024 la Corte di Cassazione ha ribadito il principio che, in caso di licenziamento, l’eccezione del c.d. aliunde perceptum deve essere provata dal datore di lavoro che la sollevi ogni qual volta si discuta del danno da lucro cessante del lavoratore.

Secondo la giurisprudenza l’onere di provare l’aliunde perceptum è a carico del datore di lavoro, sia con riferimento alla sussistenza di un diverso rapporto di lavoro, sia con riferimento all’ammontare dei compensi percepiti.

Pertanto, ai fini dell’aliunde perceptum, si tiene conto di quanto ricevuto dal lavoratore per effetto dello svolgimento di attività lavorativa subordinata o autonoma dopo il licenziamento, purché non si tratti di attività che l’interessato avrebbe svolto ugualmente anche in costanza di rapporto.

 

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75. Da quando decorre il termine per le sanzioni disciplinari?

Con la sentenza n. 378 del 20 novembre 2023 il Tribunale di Alessandria Sezione lavoro ha precisato il giorno di decorrenza del termine per emettere il provvedimento disciplinare da parte del datore di lavoro.

Se la disposizione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro in tema di sanzioni disciplinari prevede che la misura sanzionatoria debba essere adottata dal datore di lavoro “entro 15 giorni dalla scadenza del termine assegnato al lavoratore … per presentare le sue controdeduzioni”, tale disposizione deve essere correttamente intesa nel senso che il “dies a quo” di decorrenza del termine per il provvedimento disciplinare vada collocato:

  • allo scadere dei 5 giorni previsti dall’art. 7, comma 5, dello Statuto dei lavoratori per le sanzioni superiori al rimprovero verbale; ovvero
  • allo scadere del diverso e maggior termine concesso dal datore di lavoro al lavoratore per potersi adeguatamente difendere, anche con l’intervento di un rappresentante sindacale.

In buona sostanza, in tema di sanzioni disciplinari il termine di 5 giorni indicato dall’art. 7, comma 5, dello Statuto dei lavoratori per l’adozione di sanzioni più gravi rispetto al rimprovero verbale, decorrente dalla contestazione del fatto per iscritto, va inteso come termine minimo che deve intercorrere tra la contestazione e la decisione, tenuto anche conto del diritto del lavoratore a presentare le proprie difese o a essere ascoltato.

Pertanto, nel caso di specie, nel confermare in sede di opposizione l’ordinanza che aveva dichiarato legittimo il licenziamento per giusta causa irrogato alla lavoratrice ricorrente, il Tribunale adito ha tenuto conto dell’accordo di differimento dell’audizione intervenuto tra datore di lavoro e il delegato sindacale ed ha ritenuto rispettato il termine di 15 giorni previsto dal CCNL, facendolo decorrere dalla data dell’audizione in cui la lavoratrice medesima aveva potuto esporre verbalmente, assistita dall’organizzazione sindacale, le proprie tesi difensive.

 

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74. L’oggetto del patto di prova nel contratto di lavoro

Con sentenza n. 8898 del 25 novembre 2023 il Tribunale di Roma ha ribadito che il patto di prova previsto in un contratto di lavoro deve contenere l’indicazione delle specifiche mansioni che ne costituiscono l’oggetto.

Nel caso di specie, a seguito della ricezione della lettera di recesso per mancato superamento del periodo di prova, il lavoratore aveva contestato la validità del patto di prova per mancata specificazione delle mansioni assegnate dalla datrice di lavoro.

Il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda del lavoratore, perché la società datrice di lavoro aveva affidato al lavoratore compiti identificati sin dall’inizio del rapporto, anche in ragione del fatto che la mansione assegnata al lavoratore risultava essere un profilo professionale tipizzato nel contratto collettivo nazionale del lavoro di riferimento.

In buona sostanza, con la sentenza in commento il Tribunale di Roma ha ribadito il principio giurisprudenziale in base al quale l’indicazione delle mansioni può essere operata anche con rinvio alle declaratorie del CCNL, purché tale rinvio sia sufficientemente specifico e riferibile alla nozione classificatoria più dettagliata.

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73. Il punto del Ministero del Lavoro sul contratto di lavoro subordinato a termine

Con circolare n. 9 del 9 ottobre 2023 il Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni sulle innovazioni più significative introdotte dal decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023 sulla disciplina del contratto di lavoro subordinato a termine.

Per garantire l’uniforme applicazione delle nuove disposizioni con tale circolare il Ministero del Lavoro ha evidenziato innanzitutto che:

  • il decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023 ha lasciato inalterato il limite massimo di durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato che possono intercorrere tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, che resta fissato in ventiquattro mesi, fatte salve le diverse previsioni dei contratti collettivi e la possibilità di un’ulteriore stipula di un contratto a tempo determinato, della durata massima di dodici mesi, presso la sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Non ha, altresì, subìto variazioni il numero massimo di proroghe consentite – sempre quattro nell’arco temporale di ventiquattro mesi – oltre che il regime delle interruzioni (c.d. stop and go) tra un contratto di lavoro e l’altro;
  • il decreto-legge n. 48 del 4 maggio 2023 modifica, invece, le specifiche condizioni che possono legittimare l’apposizione del termine al contratto di lavoro, la disciplina delle condizioni delle proroghe e dei rinnovi, nonché le modalità di computo dei limiti percentuali dei lavoratori che possono essere assunti con contratto di somministrazione.

Sono state, infatti, del tutto soppresse le condizioni in precedenza riferite ad esigenze temporanee e oggettive estranee all’ordinaria attività del datore di lavoro e ad esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria del datore di lavoro.

La riforma in esame ha inteso valorizzare il ruolo della contrattazione collettiva nella individuazione dei casi che consentono di apporre al contratto di lavoro un termine superiore ai dodici mesi, ma in ogni caso non eccedente la durata massima di ventiquattro mesi:

  • riaffermando la prerogativa, già in precedenza riconosciuta alla contrattazione collettiva, di individuare tali casi, purché ciò avvenga ad opera dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e dai contratti collettivi aziendali stipulati dalle rappresentanze sindacali aziendali delle suddette associazioni, ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria;
  • specificando che le condizioni possano essere individuate dai contratti collettivi applicati in azienda, in un’ottica di valorizzazione della contrattazione di prossimità;
  • introducendo la possibilità per le parti del contratto individuale di lavoro di individuare – in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi – esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustificano l’apposizione di un termine al contratto di lavoro di durata superiore ai dodici mesi (ma ugualmente non superiore ai ventiquattro mesi).

La possibilità per le parti di individuare nel contratto individuale di lavoro le esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva è consentita entro la data del 30 aprile 2024, data che è riferita alla stipula del contratto di lavoro, la cui durata potrà anche andare oltre il 30 aprile 2024.

Le proroghe e i rinnovi possono intervenire liberamente, senza alcuna condizione, nei primi dodici mesi, mentre vige l’obbligo delle condizioni per eventuali periodi successivi ai dodici mesi.

Resta fermo l’onere per il datore di lavoro di specificare nel contratto le regioni concrete ed effettive della sostituzione di altri lavoratori, essendo comunque vietata la sostituzione per i lavoratori che esercitino il diritto di sciopero.

Restano, infine, utilizzabili le causali introdotte da qualsiasi livello della contrattazione collettiva che individuino concrete condizioni per il ricorso al contratto a termine, purché non si limitino ad un mero rinvio alle fattispecie legali di cui alla previgente disciplina, ormai superata dalla riforma in esame.

 

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72. Inefficaci dimissioni e accordo consensuale senza il rispetto delle modalità previste dalla legge

Con ordinanza del 26 settembre 2023 la Corte di Cassazione ha stabilito che il rapporto di lavoro subordinato può essere risolto per dimissioni o per accordo consensuale delle parti solamente previa adozione di specifiche modalità formali oppure presso le sedi assistite, a pena di inefficacia dell’atto.

Nel caso di specie, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del lavoratore cassando con rinvio la sentenza impugnata che, nel confermare anche in sede di gravame la legittimità delle dimissioni rese dal ricorrente, aveva omesso di considerare che la controversia doveva essere definita applicando la disposizione che impone specifiche modalità per la presentazione delle dimissioni da parte del medesimo lavoratore.

Infatti, ai fini dell’efficacia delle dimissioni, l’art. 26 del D. Lgs. n. 151 del 2015 ha previsto il rispetto della forma telematica salvo che per le dimissioni e la risoluzione consensuale intervenute in sede assistita o avanti alla Commissione di certificazione, allo scopo di:

  • conferire data certa alle dimissioni al fine di rendere impossibile il fenomeno delle dimissioni in bianco;
  • fornire la garanzia che la volontà del lavoratore di risolvere il contratto di lavoro, espressa tramite le dimissioni o l’accordo di risoluzione consensuale, si sia formata e sia stata espressa dal lavoratore medesimo liberamente e genuinamente e cioè senza alcuna costrizione da parte del datore di lavoro.

 

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71. Mancato godimento delle ferie da parte del dipendente

Con ordinanza n. 21297 del 19 luglio 2023 la Cassazione è tornata a pronunciarsi sul termine di prescrizione del diritto del dipendente all’indennità sostitutiva delle ferie non godute.

Con tale ordinanza la Suprema Corte ha ribadito che il termine di prescrizione del diritto del dipendente all’indennità sostitutiva di ferie non godute decorre secondo le regole generali dal momento in cui il medesimo diritto può essere fatto valere e cioè dalla data di cessazione del rapporto di lavoro.

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70. Le novità della Legge n. 85 del 3 luglio 2023 di conversionene del decreto Lavoro

L’articolo illustra le principali novità della Legge n. 85 del 3 luglio 2023 di conversione del c.d. decreto Lavoro, indicando le date di decorrenza di tali novità.

 

Nuove causali per i contratti a termine di durata superiore ai 12 mesi: viene confermata la possibilità della stipula di un contratto a tempo determinato a-causale di durata non superiore a 12 mesi. È esclusa anche per i rinnovi, come già previsto per le proroghe, l’esigenza delle causali se la durata complessiva del rapporto non supera i 12 mesi. Ai fini del computo dei 12 mesi si tiene conto dei soli contratti stipulati a far data dal 5 maggio 2023. Viene confermata la possibilità dal 5 maggio 2023 di stipulare contratti a termine di durata superiore a 12 mesi e non oltre 24 mesi solamente nelle seguenti ipotesi:

  • nei casi previsti dai contratti collettivi, anche di secondo livello (territoriali o aziendali);
  • in caso di mancata previsione da parte della contrattazione collettiva, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti e comunque entro il 30 aprile 2024;
  • per esigenze di sostituzione di altri lavoratori.

 

Contratti di somministrazione: dalla data di entrata in vigore della legge di conversione in esame sono esclusi dal limite percentuale previsto per i lavoratori con contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato i lavoratori somministrati assunti con contratto di lavoro in apprendistato, dei soggetti in mobilità, dei disoccupati o cassa integrati da almeno sei mesi e i lavoratori svantaggiati e molto svantaggiati ai sensi del Reg. UE n. 651/2014.

 

Obblighi informativi: vengono confermate le semplificazioni in vigore dal 5 maggio 2023 riguardo agli obblighi di informazione e di pubblicazione relativi al rapporto di lavoro, che devono essere adempiuti dal datore di lavoro o dal committente in favore dei lavoratori. L’obbligo di informazione riguardante “le modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili prive di un orario normale di lavoro programmato” potrà essere assolto mediante la consegna al lavoratore del contratto individuale di lavoro redatto per iscritto o della copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro.

 

Taglio cuneo fiscale: dal 1° luglio al 31 dicembre 2023 è aumentata di 4 punti la percentuale di esonero sulla quota dei contributi previdenziali dovuti dai lavoratori dipendenti pubblici e privati, già riconosciuto nella misura di due punti percentuali dalla Legge di bilancio 2023, senza ulteriori effetti sulla tredicesima. Per effetto di tale incremento, dal mese di luglio e sino a dicembre, l’esonero sarà pari al 7% per le retribuzioni imponibili sino a € 1.923,00 e al 6% per le retribuzioni imponibili non eccedenti l’importo mensile di € 2.692,00.

 

Fringe benefit: elativamente al periodo d’imposta 2023, per i dipendenti con figli fiscalmente a carico viene incrementato da € 258,23 a € 3.000,00 il limite di esenzione dal computo del reddito imponibile del lavoratore dipendente per i beni ceduti e i servizi prestati al lavoratore medesimo e delle somme erogate o rimborsate dal datore di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale. Sono considerati fiscalmente a carico i figli che non superano i 24 anni di età e che hanno percepito nell’anno un reddito pari o inferiore a € 4.000,00 o, in alternativa, di età superiore ai 24 anni con un reddito complessivo annuo non superiore a € 2.840,51.

 

Smart working: sono prorogati:

  • fino al 30 settembre 2023 il diritto allo smart working per i lavoratori dipendenti pubblici e privati rientranti nelle condizioni fragilità accertata ai sensi del D.M. 4 febbraio 2022;
  • fino al 31 dicembre 2023 il diritto per: i) lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano almeno un figlio minore di 14 anni, a condizione che nel nucleo familiare non via sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito con sospensione o cessazione dell’attività lavorativa, o privo di impiego; ii) lavoratori ritenuti maggiormente esposti al rischio COVID-19, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione o da esiti di malattie oncologiche o comorbilità, sulla base di valutazioni opportunatamente certificate dal medico competente ove presente.

 

Lavoro occasionale: viene confermata la modifica dal 5 maggio 2023 della disciplina del lavoro occasionale per i soggetti operanti nei settori dei congressi, delle fiere, degli eventi, degli stabilimenti termali e dei parchi divertimento.

 

Bonus lavoratori dipendenti del settore turistico: dal 1° giugno al 21 settembre 2023 viene riconosciuta ai lavoratori del comparto del turismo (inclusi gli stabilimenti termali) con un reddito fino a € 40.000,00 una somma a titolo di trattamento integrativo speciale, che non concorre alla formazione del reddito, pari al 15% delle retribuzioni lorde corrisposte in relazione al lavoro notturno e alle prestazioni di lavoro straordinario.

 

Supporto per la formazione e il lavoro: a decorrere dal 1° settembre 2023 entra in vigore il supporto per la formazione e il lavoro come misura di attivazione al lavoro o comunque di politica attiva del lavoro, mediante la partecipazione a progetti formativi e di accompagnamento al lavoro.

 

Contributo assunzione giovani NEET: per le nuove assunzioni, effettuate dal 1° giugno 2023 al 31 dicembre 2023, a tempo indeterminato, anche a scopo di somministrazione o con contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, di giovani NEET al di sotto dei 30 anni, registrati al PON “Iniziativa Occupazione Giovani”, viene riconosciuto ai datori di lavoro privati un incentivo pari al 60% della retribuzione mensile lorda imponibile ai fini previdenziali, per un periodo di 12 mesi. 

 

Contributo assunzione giovani disabili: per le assunzioni effettuate nel periodo dal 1° agosto 2022 al 31 dicembre 2023 con contratto a tempo indeterminato di soggetti con disabilità e di età inferiore a 35 anni viene istituito un contributo a favore degli Enti del Terzo settore e di altri enti ad essi assimilabili, le cui modalità attuative saranno definite in apposito decreto, da adottare entro il 1° marzo 2024.

 

Reddito di cittadinanza: è operativa fino al 31 dicembre 2023 una disciplina transitoria relativa alle modalità e ai tempi di fruizione del reddito e della pensione di cittadinanza, oltre che all’applicazione del sistema sanzionatorio penale.

 

Assegno di inclusione: a decorrere dal 1° gennaio 2024 è istituito l’assegno di inclusione, riconosciuto in favore dei nuclei familiari in cui vi sia almeno un soggetto minorenne o avente almeno 60 anni di età o disabile o in condizione di svantaggio e inserito in programmi di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali certificati dalla pubblica amministrazione.

 

Salute e sicurezza sul lavoro: viene confermata la vigenza dal 5 maggio 2023 delle modifiche al D.lgs. 81/2008 dirette al rafforzamento delle regole di sicurezza sul lavoro e di tutela contro gli infortuni.

 

Sanzioni per omesso versamento dei contributi: viene confermata la vigenza dal 5 maggio 2023 delle nuove sanzioni in caso di omesso versamento dei contributi da parte dei datori di lavoro e da parte dei committenti dei contratti di co.co.co. rientranti nella Gestione separata. Per omissioni non superiori a € 10.000,00 si applica la sanzione amministrativa da 1 volta e mezza a 4 volte l’importo omesso.

 

 

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