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101. La giusta causa di recesso per fatto imputabile all’agente

Con sentenza n. 16942 del 6 novembre 2024 il Tribunale di Roma si è pronunciato sul tema della giusta causa di recesso per fatto imputabile all’agente.

In particolare, nella suddetta pronuncia il Giudice adito ha affermato che:

  • l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119, primo comma, cod. civ. in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia – in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali – assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato;
  • di conseguenza, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata.

In buona sostanza, il Tribunale di Roma – aderendo all’orientamento consolidato della Corte di Cassazione – ha stabilito che nel rapporto di agenzia la fiducia assume un carattere più intenso in considerazione della maggiore autonomia di gestione dell’attività e, quindi, il venir meno di tale rapporto fiduciario per fatto imputabile all’agente è presupposto sufficiente ad integrare la giusta causa del recesso.

 

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33. Licenziamento per svolgimento di altra attività lavorativa durante l’assenza per malattia

Con ordinanza n. 18245 del 2 settembre 2020 la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa comminato al dipendente, che durante l’assenza per malattia aveva svolto altra attività lavorativa, pregiudicando così i tempi di guarigione dalla malattia diagnosticata e il sollecito recupero delle energie da porre a disposizione del datore di lavoro.

In particolare, secondo la Suprema Corte, lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la medesima attività extralavorativa da parte del lavoratore durante lo stato di malattia sia idonea a violare i doveri contrattuali di correttezza e buona fede nell’adempimento dell’obbligazione e a giustificare il recesso del datore di lavoro (solo) laddove si riscontri che l’attività espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione.

In buona sostanza, in tema di licenziamento per svolgimento di altra attività lavorativa durante l’assenza per malattia, con il provvedimento in commento la Cassazione:

  • ha riaffermato il principio in base al quale lo svolgimento di altra attività lavorativa configura la violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nell’ipotesi in cui tale attività sia sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia valutata con un giudizio ex ante;
  • ha precisato come, in ogni caso, il lavoratore non debba astenersi da ogni attività essendo l’unico limite rappresentato dalla necessaria compatibilità di tale attività con lo stato di malattia e dalla sua conformità all’obbligo di correttezza e buona fede gravante sul lavoratore;
  • ha stabilito che il licenziamento per giusta causa è legittimo laddove l’attività espletata costituisca indice di una scarsa attenzione del lavoratore alla propria salute ed ai relativi doveri di cura e di non ritardata guarigione.

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43. Recesso per giusta causa basato sulla violazione dell’obbligo di lealtà e buona fede

Con la sentenza n. 27508 del 28 ottobre 2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema del recesso per giusta causa da parte dell’agente in caso di violazione dell’obbligo di agire con lealtà e buona fede da parte della preponente.

In particolare nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che:

  • l’istituto del recesso per giusta causa, previsto in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi però tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia (in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali) assume una maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato;
  • di conseguenza, ai fini della legittimità del recesso per giusta causa in un rapporto di agenzia, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata;
  • ai sensi dell’art. 1749 cod. civ. la preponente è obbligata ad agire con correttezza e buona fede nei confronti dell’agente, potendo la violazione di tale obbligo configurare, in base alla gravità delle circostanze, una giusta causa di recesso del rapporto, con il conseguente diritto dell’agente che recede per tale motivo ad ottenere l’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 cod. civ.;
  • nel caso in cui il Giudice accerta l’insussistenza della giusta causa, il recesso dell’agente si converte in recesso senza preavviso, che determina la riespansione del diritto della preponente ad ottenere l’indennità di mancato preavviso, oltre all’eventuale risarcimento del danno ulteriore.

La sentenza in commento trae origine da un recesso per giusta causa effettuato da due promotori finanziari per asserita violazione dell’obbligo di lealtà e buona fede ex art. 1749 cod. civ. da parte di una banca per presunto abuso ispettivo nei loro confronti, a causa dell’accesso negli uffici dei due promotori degli ispettori inviati dalla stessa banca e dalla loro successiva relazione.

Pertanto, dalla sentenza in esame si deduce che, sebbene sia astrattamente legittimo per un agente porre a fondamento del suo recesso per giusta causa la violazione da parte della preponente dell’obbligo di lealtà e buona fede di cui all’art. 1749 cod. civ., spetta al giudice di merito accertare caso per caso se tale violazione integri o meno gli estremi di una giusta causa di recesso, tenendo presente le specifiche circostanze del caso concreto.

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41. Insussistenza giusta causa

Con due recentissime sentenze, rispettivamente del 10 agosto 2019 e del 18 luglio 2019, il Tribunale di Bolzano e il Tribunale di Milano si sono pronunciate sulle conseguenze derivanti in caso di insussistenza della giusta causa in un rapporto di agenzia.

In particolare, in entrambe le suddette sentenze è stato richiamato il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella sua pronuncia n. 19579 del 30 settembre 2016, secondo cui: “In tema di rapporto di agenzia, il recesso dell’agente per giusta causa si converte, ove si accerti l’insussistenza di quest’ultima e salvo che non emerga una diversa volontà dell’agente medesimo, in un recesso senza preavviso, che determina la riespansione del diritto della controparte a percepire le previste indennità ed all’eventuale risarcimento del danno”.

In buona sostanza, le due sentenze in commento hanno ribadito che alla mancanza di giusta causa consegue la riqualificazione della cessazione del rapporto come recesso senza preavviso, precisando che tale riqualificazione si verifica sia quando a recedere è l’agente (come nel caso oggetto della pronuncia della Corte di Cassazione sopra menzionata), sia quando a recedere è la preponente.

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38. Il lieve ritardo nel pagamento delle provvigioni non costituisce giusta causa

Con la sentenza del 27 febbraio 2019 la Corte d’Appello di Milano ha stabilito che il lieve ritardo della preponente nel pagamento delle provvigioni non costituisce per l’agente una giusta causa di recesso.

In particolare, la Corte d’Appello di Milano ha ritenuto che – indipendentemente dal motivo dell’omesso pagamento delle provvigioni da parte della preponente e cioè se trattasi di un puro disguido o meno – il ritardo, nel caso di specie di nove giorni, rispetto all’usuale momento di pagamento delle provvigioni è oggettivamente di lieve portata e non costituisce una causa tale da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di agenzia e con esso il protrarsi della normale funzionalità dell’attività dell’agente.

Pertanto la Corte d’Appello di Milano ha reputato infondato il recesso per giusta causa effettuato dall’agente e, conseguentemente, lo ha condannato a corrispondere alla preponente l’indennità sostituiva del preavviso da lui non svolto.

La sentenza in commento è interessante, in quanto da essa si ricava che di per sé il ritardo nel pagamento delle provvigioni da parte della preponente non rappresenta un valido motivo di recesso per giusta causa se non è significativo.

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36. Determinazione contrattuale dei motivi di recesso per giusta causa

Con la sentenza del 14 febbraio 2019 la Corte di Appello di Brescia si è pronunciata sul tema della determinazione contrattuale dei motivi di recesso per giusta causa.

In particolare, nella suddetta sentenza la Corte di Appello di Brescia ha dichiarato la validità delle clausole che prevedono una tipizzazione delle ipotesi di recesso per giusta causa e cioè una predeterminazione nel contratto individuale di agenzia delle circostanze che integrano gli estremi della giusta causa.  

In buona sostanza, la Corte territoriale bresciana ha ritenuto lecita la determinazione contrattuale dei motivi di recesso per giusta causa.

La pronuncia in commento è destinata a far discutere, in quanto la tipizzazione dei motivi di recesso per giusta causa non solo consentirebbe alle parti di qualificare a priori come “giusta causa” anche situazioni che non integrano gli estremi di cui all’art. 2119 del codice civile, ma sostanzialmente rappresenterebbe un “doppione” dell’istituto della clausola risolutiva espressa.

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35. La revoca dell’incarico di area manager non costituisce giusta causa

Con la sentenza n. 2184 del 15 gennaio 2019 la Corte di Appello di Bari si è pronunciata sul caso di un area manager che aveva effettuato un recesso per giusta causa basato sulla revoca dell’incarico accessorio di coordinamento di altri agenti.

In particolare nella suddetta sentenza la Corte di Appello di Bari ha affermato che:

  • il rapporto tra contratto di agenzia ed incarico accessorio di area manager deve essere ricostruito attraverso lo schema del collegamento negoziale con vincolo di dipendenza unilaterale, per cui le vicende del contratto di agenzia si ripercuotono sull’incarico accessorio e non viceversa;
  • stante la natura accessoria dell’incarico di area manager, la revoca di tale incarico non produce alcun effetto sul contratto di agenzia, che continua a rimanere in essere tra le parti;
  • la revoca dell’incarico accessorio (contratto collegato) non costituisce giusta causa di recesso del contratto di agenzia (contratto principale), sicché è illegittimo il recesso per giusta causa fondato su tale revoca;
  • in tal caso l’area manager recedente deve corrispondere alla preponente l’indennità sostitutiva del preavviso calcolata sulla base delle sole provvigioni dirette e non anche sulle c.d. provvigioni indirette, ossia su quelle derivanti dall’espletamento dell’incarico accessorio di area manager.

In buona sostanza, la sentenza in commento si inserisce nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’incarico accessorio di area manager (contratto collegato) è liberamente revocabile dalla preponente senza che ciò incida sul contratto di agenzia (contratto principale).

Tuttavia la particolarità della sentenza in esame è costituita dal fatto che la Corte territoriale di Bari ha condannato l’area manager a corrispondere alla preponente l’indennità sostitutiva del preavviso calcolata sulla base delle sole provvigioni dirette e non anche sulle c.d. provvigioni indirette.

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1. legittimo il recesso per giusta causa della preponente se l’agente utilizza espressioni critiche

È legittimo il recesso per giusta causa della preponente se l’agente utilizza espressioni critiche aventi determinate caratteristiche

Con la sentenza 24/4/2015 il Tribunale di Palermo – Sezione Lavoro ha ritenuto legittimo il recesso per giusta causa intimato da una banca ad un promotore finanziario, che aveva utilizzato nei confronti della preponente espressioni critiche aventi le seguenti caratteristiche:

  • intento di conseguire ingiustificati vantaggi personali per il promotore anche a detrimento degli interessi della banca;
  • modalità tali da generare discredito fuori dall’ambito dei diretti interlocutori del promotore (e cioè i suoi manager), coinvolgendo anche soggetti estranei alla banca.

In particolare il Tribunale di Palermo ha stabilito che quando le critiche di un agente nei confronti della preponente hanno le caratteristiche sopra indicate vengono superati i limiti entro i quali – secondo una precedente sentenza della Cassazione (Cass. n. 12873/2004) – è lecito per un agente manifestare espressioni critiche verso la preponente.

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