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68. Qual è la differenza tra agente e rappresentante di commercio?

Nel linguaggio comune si utilizzano i termini “agente di commercio” e “rappresentante di commercio” come se fossero sinonimi.

Tuttavia, da un punto di vista giuridico, sussiste una differenza tra l’agente di commercio e il rappresentante di commercio, che determina delle conseguenze anche da un punto di vista pratico.

Infatti, in base all’art. 1752 del codice civile, il rappresentante altro non è che un agente a cui la preponente ha conferito il potere di concludere contratti in nome e per conto della stessa preponente.

Da un punto di vista pratico, tale differenza implica che:

  • l’agente ha l’incarico di promuovere la conclusione dei contratti per conto della preponente, raccogliendo gli ordini dei clienti e trasmettendoli alla preponente, che però può rifiutarsi di dare esecuzione a tali ordini;
  • il rappresentante, invece, stipula direttamente i contratti con i clienti in nome e per conto della preponente, la quale non può rifiutarli essendosi già impegnata a darvi esecuzione per effetto dell’obbligazione assunta dal proprio rappresentante.

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67. Evoluzione normativa del patto di non concorrenza nel contratto di agenzia

Con sentenza n. 1143 del 14 gennaio 2022 la Corte di Cassazione ha ricostruito l’evoluzione normativa del patto di non concorrenza nel contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha precisato che:

  • prima che fosse espressamente disciplinato dall’art. 1751-bis codice civile, la giurisprudenza di legittimità riconduceva all’art. 2596 cod. civ. il patto di non concorrenza per il periodo successivo alla cessazione del contratto di agenzia;
  • a seguito del Decreto legislativo n. 303 del 1991 di attuazione della direttiva n. 86/653/CEE nel codice civile è stato aggiunto l’art. 1751-bis sul patto di non concorrenza con il seguente testo: “il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo svolgimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del contratto“;
  • tale disposizione, in base all’art. 6 del Decreto legislativo n. 303 del 1991, si applica anche ai contratti in corso di esecuzione al 1° gennaio 1990;
  • con l’art. 23 della legge 29 dicembre 2000, n. 422 (entrata in vigore il 4 febbraio 2001) si è aggiunto un comma 2 all’art. 1751-bis codice del seguente tenore: “L’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale. L’indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l’estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria. In difetto di accordo l’indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento: 1) alla media dei corrispettivi riscossi dall’agente in pendenza di contratto ed alla loro incidenza sul volume d’affari complessivo nello stesso periodo; 2) alle cause di cessazione del contratto di agenzia; 3) all’ampiezza della zona assegnata all’agente; 4) all’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente“;
  • lo stesso art. 23 della legge 29 dicembre 2000, n. 422 ha stabilito che le suindicate disposizioni sono efficaci a partire dal 1° giugno 2001 e si applicano esclusivamente agli agenti che esercitano in forma individuale, di società di persone o di società di capitali con un solo socio, nonché, ove previsto da accordi economici nazionali di categoria, a società di capitali costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti commerciali.

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66. Violazione del patto di esclusiva

Con sentenza n. 33572 dell’11 novembre 2021 la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’onere della prova da parte dell’agente riguardo agli affari conclusi dalla preponente in violazione del patto di esclusiva.

In particolare, nella suddetta sentenza la Cassazione ha stabilito che:

  • l’agente, che deduce la conclusione di affari diretti da parte della preponente nella zona a lui riservata in violazione del patto di esclusiva, ha l’onere di provare l’avvenuta conclusione di tali affari per ottenere il pagamento delle relative provvigioni;
  • l’agente non può supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova mediante richiesta di esibizione della contabilità aziendale della preponente relativa agli anni nei quali assume essersi verificata la violazione del patto di esclusiva, potendo richiedere solo che siano esibiti atti e documenti specificamente individuati e individuabili.

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65. La restituzione del campionario

Con sentenza n. 30768 del 29 ottobre 2021 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della restituzione del campionario da parte dell’agente.

In particolare, nella suddetta sentenza la Cassazione ha affermato che la risoluzione del contratto di agenzia, anche per mutuo consenso, comporta l’obbligo di restituzione del campionario di cui l’agente aveva la disponibilità, in ragione dell’attività di promozione della conclusione di contratti per conto della preponente.

Nella specie, la Suprema Corte ha riconosciuto l’obbligo, negato dai giudici di merito, di restituzione di un campionario consistente in calzature, rilevando come queste, per fatto notorio, siano suscettibili di essere poste sul mercato per la vendita, anche a prezzo ridotto, negli anni successivi ed evidenziando, altresì, la permanenza dell’interesse alla loro restituzione, qualora esse esprimano un valore ideativo, per la pregevolezza dei modelli e dei materiali.

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64. Quando matura il diritto dell’agente alla provvigione

Con sentenza n. 223 del 7 ottobre 2021 la Corte di Appello di Brescia – Sezione lavoro si è pronunciata anche sul momento in cui matura il diritto dell’agente alla provvigione, stabilendo quanto segue.

In base alla legge 15 febbraio 1999, n. 65, di attuazione della Direttiva Europea in materia di contratti di agenzia, che ha modificato l’art. 1748 codice civile, per tutti gli affari conclusi durante il contratto, l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento (art. 3 della legge che ha così modificato l’art. 1748 codice civile, comma 1) e, salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui la preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico (art. 3 della legge che ha così modificato l’art. 1748 codice civile, comma 4).

Relativamente all’art. 1748 codice civile, comma 4, di recente Corte di Cassazione, nella pronuncia n. 3483 del 2020 ha affermato che: “in tal modo la legge… ha distinto tra il momento di acquisizione della provvigione e il momento di esigibilità della provvigione già acquisita. Il momento di acquisizione è il momento in cui l’operazione promossa dall’agente è stata conclusa tra le parti; il momento di esigibilità è il momento in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione. Nella nuova disciplina giuridica, dunque, il fatto costitutivo della provvigione è la conclusione del contratto. Condizione di esigibilità è invece l’esecuzione del contratto da parte del preponente: la provvigione è esigibile nel momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione. Non è quindi necessaria la prova del buon fine dell’affare e cioè, in sostanza, dal pagamento del prezzo da parte del cliente“.

Pertanto, secondo la sentenza in esame della Corte di Appello di Brescia, la legge 15 febbraio 1999, n. 65 di attuazione della Direttiva Europea in materia di contratti di agenzia prevede una disciplina di maggior tutela del diritto alle provvigioni da parte dell’agente sia per quanto riguarda il momento genetico, sia in merito all’onere probatorio, nel senso che l’agente che afferma il diritto al pagamento della provvigione è tenuto a fornire soltanto la prova della conclusione dell’affare per effetto del proprio intervento e non del buon fine dello stesso.

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63. Diritto dell’agente alla provvigione e onere della prova

Con sentenza n. 223 del 7 ottobre 2021 la Corte di Appello di Brescia – Sezione lavoro si è pronunciata sul tema della ripartizione dell’onere della prova nelle cause in cui un agente agisce in giudizio per ottenere il pagamento delle provvigioni.

In particolare, in tale sentenza la Corte adita ha stabilito che:

  • in linea generale, è pacifico che nei contratti a prestazione corrispettive e di durata, la prova del diritto alla controprestazione passa necessariamente dalla dimostrazione non soltanto della fonte negoziale, ma anche dell’esecuzione della propria prestazione e questa dimostrazione grava senz’altro, ex art. 2697 codice civile, sulla parte che deduce l’inadempimento del contratto;
  • in materia di contratti di agenzia il suddetto principio generale di diritto implica che l’agente che agisce in giudizio per ottenere dalla preponente il pagamento di provvigioni non corrispostegli, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del suo diritto, ovvero deve provare, oltre che la sussistenza del rapporto di agenzia, l’avvenuta conclusione dell’affare, per quanto tale prova possa avvenire mediante ogni mezzo, finanche facendo ricorso alle presunzioni e tenendo altresì conto, secondo più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità, anche del principio – riconducibile all’art. 24 Costituzione e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova;
  • sotto quest’ultimo profilo, è da ricordare che l’art. 1748 codice civile riconosce il diritto dell’agente di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate e, al riguardo, va considerato che la documentazione in possesso della preponente può rivelarsi indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, attraverso precisi dati quantitativi, le allegazioni dell’agente, sia in materia di affari sia in materia di altri diritti derivanti dal rapporto di agenzia, sicché non è imputabile all’agente la carenza di indicazione di dati quantitativi, laddove derivi dall’inadempimento dell’obbligo di informazioni posto dalla legge a carico del preponente.

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62. Le indennità spettanti all’agente in caso di cessazione del contratto di agenzia

Con la sentenza n. 1120 del 2021 la Corte di Appello di L’Aquila si è pronunciata sul tema delle indennità spettanti all’agente in caso di cessazione del contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza Corte territoriale adita ha stabilito che nel caso di cessazione del contratto di agenzia all’agente sono dovute, alternativamente, due tipologie di indennità: quelle legali e quelle negoziali.

Le prime riguardano l’indennità di cessazione del rapporto e sono disciplinate dall’art. 1751 cod. civ. Esse non possono essere riconosciute all’agente che abbia esercitato il recesso senza alcuna responsabilità del preponente e comunque ai fini del loro riconoscimento non è sufficiente la provvista di nuovi clienti o il sensibile incremento degli affari con quelli vecchi, ma occorre anche che alla cessazione del rapporto il preponente continui a ricevere sostanziali vantaggi dai clienti procurati dall’agente, ovvero dall’incremento di affari con i preesistenti.

Nel secondo gruppo vanno invece ricomprese tre tipologie di indennità: l’indennità di risoluzione del rapporto (erogata mediante gli accantonamenti eseguiti presso l’apposito fondo gestito da Enasarco), l’indennità suppletiva di clientela e quella meritocratica.

La prima (FIRR) è dovuta in ogni caso di cessazione del mandato, mentre per le altre due occorre distinguere l’indennità suppletiva di clientela (ISC), che è dovuta quando il contratto si scioglie su iniziativa dell’agente per circostanze attribuibili alla casa mandante, e l’indennità meritocratica (IM) che spetta all’agente allo scioglimento del contratto solo nel caso in cui l’importo complessivo del FIRR e dell’indennità suppletiva di clientela non superi il massimale stabilito per l’indennità di fonte legale e l’agente, al momento della cessazione, abbia procurato nuovi clienti o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti.

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61. Prescrizione dell’indennità di incasso

Con la sentenza n. 22523 del 9 agosto 2021 la Corte di Cassazione – Sezione lavoro si è pronunciata sul tema del termine di prescrizione dell’indennità di incasso nel contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha stabilito che in tema di contratto di agenzia, l’indennità sostituiva di incasso è assoggettata alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 del codice civile analogicamente al termine di prescrizione a cui sono assoggettate le provvigioni, stante il vincolo di accessorietà che sussiste tra l’attività di incasso (obbligazione accessoria) e l’attività promozionale (obbligazione principale) svolta dall’agente in esecuzione dell’incarico a lui affidato.

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60. Il recesso in pendenza di preavviso equivale a rinuncia

Con sentenza n. 23822 del 2 settembre 2021 la Corte di Cassazione – Sezione lavoro si è occupata del tema del recesso da un contratto di agenzia in pendenza del periodo di preavviso.

In particolare, nella sentenza in esame la Suprema Corte ha sostanzialmente affermato che:

  • durante il periodo di preavviso il rapporto di agenzia è normalmente in essere, in base al principio di ultrattività di tale rapporto;
  • di conseguenza, in caso di recesso ordinario della preponente, nel periodo di preavviso l’agente è tenuto a svolgere la sua attività fino alla data di cessazione del periodo di preavviso;
  • laddove l’agente effettuasse un recesso per asserita giusta causa nel corso del periodo di preavviso e tale recesso fosse poi ritenuto infondato in sede giudiziaria, tale recesso dell’agente integrerebbe una rinuncia al residuo periodo di preavviso e determinerebbe l’anticipata risoluzione del rapporto di agenzia con l’effetto di escludere il diritto dell’agente all’indennità sostitutiva per il preavviso residuo, essendo il preavviso posto nel suo interesse.

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59. Variazioni provvigionali e giusta causa di recesso

Con sentenza n. 14181 del 24 maggio 2021 la Corte di Cassazione – Sezione lavoro ha escluso la sussistenza della giusta causa di recesso di un agente di commercio motivata con le variazioni di provvigioni e di zona effettuate dalla preponente nel corso del rapporto.  

In particolare, nella sentenza in esame la Suprema Corte ha affermato che:

  • le variazioni provvigionali e di zona erano state ripetutamente accettate dall’agente;
  • il contratto di agenzia stipulato dalle parti aveva previsto la facoltà della preponente di modificare le provvigioni e la zona e tale facoltà è da considerarsi legittima nell’osservanza dei principi di correttezza e buona fede;
  • nel contratto di agenzia l’attribuzione alla preponente del potere di modificare alcune clausole può trovare giustificazione nell’esigenza di meglio adeguare il rapporto alle esigenze delle parti, che possono mutare durante il decorso del tempo.

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