Con sentenza n. 223 del 7 ottobre 2021 la Corte di Appello di Brescia – Sezione lavoro si è pronunciata sul tema della ripartizione dell’onere della prova nelle cause in cui un agente agisce in giudizio per ottenere il pagamento delle provvigioni.

In particolare, in tale sentenza la Corte adita ha stabilito che:

  • in linea generale, è pacifico che nei contratti a prestazione corrispettive e di durata, la prova del diritto alla controprestazione passa necessariamente dalla dimostrazione non soltanto della fonte negoziale, ma anche dell’esecuzione della propria prestazione e questa dimostrazione grava senz’altro, ex art. 2697 codice civile, sulla parte che deduce l’inadempimento del contratto;
  • in materia di contratti di agenzia il suddetto principio generale di diritto implica che l’agente che agisce in giudizio per ottenere dalla preponente il pagamento di provvigioni non corrispostegli, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del suo diritto, ovvero deve provare, oltre che la sussistenza del rapporto di agenzia, l’avvenuta conclusione dell’affare, per quanto tale prova possa avvenire mediante ogni mezzo, finanche facendo ricorso alle presunzioni e tenendo altresì conto, secondo più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità, anche del principio – riconducibile all’art. 24 Costituzione e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova;
  • sotto quest’ultimo profilo, è da ricordare che l’art. 1748 codice civile riconosce il diritto dell’agente di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate e, al riguardo, va considerato che la documentazione in possesso della preponente può rivelarsi indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, attraverso precisi dati quantitativi, le allegazioni dell’agente, sia in materia di affari sia in materia di altri diritti derivanti dal rapporto di agenzia, sicché non è imputabile all’agente la carenza di indicazione di dati quantitativi, laddove derivi dall’inadempimento dell’obbligo di informazioni posto dalla legge a carico del preponente.

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