Categoria: Il contratto di agenzia in Italia Pagina 8 di 11

34. Trattamento fiscale delle transazioni tra agente e preponente

Quando si raggiunge un accordo transattivo tra agente e preponente, un aspetto importante da considerare è il trattamento fiscale a cui andranno assoggettati gli importi da percepire.

Pertanto, nel momento in cui si redige un accordo transattivo tra agente e preponente, è necessario tener presente che:

  • a prescindere dal fatto che l’agente sia una persona fisica, una società di persone oppure una società di capitali, gli importi ottenuti a titolo di provvigioni maturate e non corrisposte seguiranno la tassazione normalmente prevista per le provvigioni con la relativa aliquota, oltre IVA e contributi ENASARCO;
  • se l’agente è una persona fisica oppure una società di persone, gli importi ottenuti a titolo di indennità suppletiva di clientela e/o indennità meritocratica e/o FIRR e/o indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c. e/o indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale, sono soggetti a tassazione separata e non sono soggetti ad IVA;
  • se l’agente è una società di capitali, gli importi ottenuti a titolo di indennità suppletiva di clientela e/o indennità meritocratica e/o FIRR e/o indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c. e/o indennità per il patto di non concorrenza post-contrattuale costituiscono reddito di impresa e quindi non dovrà essere operata nessuna ritenuta.

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33. Area manager e art. 1751 codice civile

Area manager e art. 1751 codice civile

Con la sentenza n. 25740 del 15 ottobre 2018 la Corte di Cassazione ha stabilito che relativamente all’incarico accessorio di area manager l’agente non ha diritto all’indennità di fine rapporto di cui all’art. 1751 del codice civile.

In particolare nella suddetta sentenza la Cassazione ha affermato che, ai fini del riconoscimento dell’indennità prevista dall’art. 1751 del codice civile, è necessario che l’agente abbia procurato alla preponente nuovi clienti oppure abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti già acquisiti, restando conseguentemente esclusa dall’ambito di applicazione di tale norma l’attività di reclutamento e coordinamento degli agenti, in quanto quest’ultima attività si pone come strumentale ed accessoria rispetto a quella, direttamente volta alla promozione della clientela, che l’indennità di fine rapporto è specificamente finalizzata a premiare.

In altri termini, nella sentenza in esame la Suprema Corte ha precisato che:

  • l’indennità di fine rapporto ex art. 1751 del codice civile ha come scopo quello di premiare l’attività dell’agente direttamente rivolta alla promozione della clientela (da intendersi sia come reperimento di nuovi clienti, sia come allargamento della base degli affari con i clienti già acquisiti) e non anche quella di coordinamento e/o reclutamento di altri agenti;
  • diversamente, la preponente sarebbe tenuta ad un duplice pagamento dell’indennità di fine rapporto sia in favore del singolo agente che ha effettivamente concluso l’affare sia in favore dell’area manager, in contrasto con il canone di equità previsto dall’art. 1751 del codice civile.

La pronuncia in commento rappresenta ad oggi una sentenza isolata, che è destinata a far discutere e ad avere importanti effetti pratici specialmente nelle reti vendita in cui è presente la figura dell’agente-area manager.

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32. Giusta causa e contratto di agenzia

Con la sentenza n. 23556 del 28 settembre 2018 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi della giusta causa nel contratto di agenzia.

In tale sentenza la Suprema Corte ha innanzitutto ribadito che:

  • il recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119 del codice civile per il lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che nel rapporto di agenzia il vincolo fiduciario – in considerazione della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi in funzione del conseguimento delle finalità aziendali – assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato;
  • ai fini della legittimità del recesso per giusta causa è sufficiente anche un fatto di minore consistenza, il cui accertamento è rimesso al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità.

Inoltre nella pronuncia in commento la Corte di Cassazione ha precisato che la nozione di giusta causa prevista nel codice civile ha un contenuto generale ed astratto, per cui spetta alla giurisprudenza definire in concreto i fatti che integrano gli estremi della giusta causa.

In buona sostanza, nella sentenza n. 23556 del 28 settembre 2018 la Suprema Corte ha stabilito che spetta alla giurisprudenza elaborare la casistica dei comportamenti che concretizzano la giusta causa di recesso nel contratto di agenzia.

Pertanto, traendo spunto da quanto affermato dalla Suprema Corte nella suddetta sentenza, si indicano qui di seguito i comportamenti che integrano gli estremi della giusta causa in base all’elaborazione giurisprudenziale formatasi negli anni sul tema in esame.

Secondo la giurisprudenza costituisce un valido motivo di recesso per giusta causa su iniziativa della preponente:

  • l’inattività dell’agente;
  • le mancate visite alla clientela;
  • l’appropriazione indebita di somme spettanti della preponente;
  • la violazione dell’obbligo di esclusiva;
  • la mancata dimostrazione delle visite effettuate presso la clientela;
  • le irregolarità commesse dai subagenti e/o dai collaboratori dell’agente;
  • le offese alla preponente.

Secondo la giurisprudenza costituisce, invece, un valido motivo di recesso per giusta causa su iniziativa dell’agente:

  • il mancato pagamento delle provvigioni che si protrae da mesi;
  • il rifiuto sistematico degli ordini trasmessi dall’agente;
  • la violazione dell’obbligo di esclusiva;
  • il mancato invio del materiale di vendita e del campionario;
  • il mancato riscontro alle comunicazioni inviate dall’agente;
  • il mancato invito alle riunioni della rete vendita;
  • il mancato invito a partecipare ai viaggi incentive rivolti alla rete vendita.

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31. Recesso per giusta causa durante il periodo di preavviso

Con la sentenza n. 20821 del 20 agosto 2018 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della legittimità del recesso per giusta causa della preponente nel corso del periodo di preavviso.

In buona sostanza, con la suddetta pronuncia la Suprema Corte ha affermato che durante il periodo di preavviso, essendo il rapporto di agenzia ancora in corso, lo stesso è suscettibile di essere risolto in tronco con effetto immediato da parte della preponente in caso di sopravvenienza di una giusta causa di recesso, mediante apposita comunicazione scritta in cui si contesta all’agente l’inadempimento integrante gli estremi della giusta causa.

La sentenza in commento è interessante, in quanto affronta un tema su cui finora vi erano solo due precedenti pronunce della Suprema Corte, peraltro non recenti, e soprattutto fa chiarezza su una questione su cui nella prassi ci si interroga spesso durante il periodo di preavviso ossia se la preponente sia o meno legittimata a cessare con effetto immediato il rapporto in pendenza del periodo di preavviso (si pensi ad esempio al caso dell’agente che nel corso del preavviso omette di visitare la clientela).

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30. Il termine di prescrizione per il recupero degli anticipi provvigionali

Il termine di prescrizione per il recupero degli anticipi provvigionali

Con le sentenze n. 18266 e n. 18267, entrambe dell’11 luglio 2018, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul termine di prescrizione per il recupero degli anticipi provvigionali erogati dalla preponente secondo il meccanismo utilizzato nella prassi al fine di contemperare l’interesse dell’agente ad evitare l’alea di una ridotta capacità produttiva e quello della preponente a fissare, in linea tendenziale, la misura dei compensi provvigionali.

In particolare nelle due suddette sentenze la Cassazione ha affermato che:

  • i fatti costitutivi del diritto alla ripetizione dell’indebito oggettivo sono riconducibili ad un pagamento non dovuto;
  • con il termine “pagamento” l’art. 2033 c.c. intende far riferimento a qualsiasi prestazione derivante da un vincolo obbligatorio che risulti a posteriori non dovuta; l’azione di ripetizione di indebito oggettivo di cui all’art. 2033 c.c. consiste in un rimedio giuridico per tutte le situazioni in cui un’attribuzione patrimoniale a favore di qualcuno sia stata eseguita senza un valido titolo giustificativo;
  • in applicazione dei suddetti principi giuridici deve ritenersi che gli anticipi provvigionali erogati dalla preponente, una volta intervenuta l’anticipata risoluzione del contratto di agenzia, siano oggettivamente privi di un valido titolo giustificativo;
  • pertanto, se un simile pagamento sia stato eseguito, a seguito del sopravvenuto venir meno della causa del pagamento per effetto della anticipata risoluzione del rapporto, il diritto soggettivo alla restituzione delle somme versate quale compenso per affari non conclusi non deriva dal contratto – come sostenuto da parte ricorrente che lo ritiene per questo motivo assoggettato al regime prescrizionale quinquennale di cui all’art. 2948 c.c. – bensì dall’art. 2033 c.c., poiché un contratto non può attribuire alle parti diritti ulteriori rispetto a quelli in esso previsti e da esso regolamentati;
  • stante l’assenza della conclusione di contratti per l’anticipata risoluzione del rapporto di agenzia, la provvigione in eccesso erogata dalla preponente non è sorretta da un titolo giustificativo e forma oggetto di indebito oggettivo, a cui si applica la prescrizione decennale.

In buona sostanza, la sentenza in commento si inserisce nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il termine di prescrizione per il recupero degli anticipi provvigionali è di dieci anni e non di cinque anni come le provvigioni, trattandosi di un’ipotesi di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.

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29. La revoca dell’incarico accessorio di area manager

La revoca dell’incarico accessorio di area manager

Con la sentenza n. 16940 del 27 giugno 2018 la Corte di Cassazione è tornata pronunciarsi sulla natura dell’incarico di area manager e sulla legittimità della revoca di tale incarico da parte della preponente senza obbligo di preavviso.

In particolare nella suddetta sentenza la Cassazione ha affermato che:

  • il rapporto tra contratto di agenzia ed incarico accessorio di area manager deve essere ricostruito attraverso lo schema del collegamento negoziale con vincolo di dipendenza unilaterale, per cui le vicende del contratto di agenzia si ripercuotono sull’incarico accessorio e non viceversa;
  • stante la natura accessoria dell’incarico di area manager, la revoca di tale incarico non produce alcun effetto sul contratto di agenzia, che continua a rimanere in essere tra le parti;
  • è lecito prevedere a favore della preponente la possibilità di revocare in ogni momento l’incarico di area manager senza obbligo di preavviso o di corresponsione della relativa indennità sostitutiva.

In buona sostanza, la sentenza in commento si inserisce nel consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, nell’incarico accessorio di area manager, può essere prevista la revoca in qualsiasi momento senza preavviso, mediante semplice comunicazione scritta della preponente che non necessita di una motivazione specifica, senza diritto per l’area manager ad alcuna indennità e/o ad alcun risarcimento del danno.

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28. Passaggio dell’agente da ditta individuale a società

Il passaggio da agente-persona fisica (ditta individuale) ad agente-persona giuridica (società di persone o società di capitali) comporta di fatto la cessazione del precedente rapporto intercorrente tra l’agente e la preponente e l’inizio di un nuovo rapporto tra quest’ultima e la neocostituita società di agenzia.

Considerando che l’iniziativa di modificare il rapporto di agenzia viene presa dall’agente, ne consegue che la preponente può legittimamente non corrispondergli alcuna indennità di fine rapporto (né ex art. 1751 c.c. né ex A.E.C.).

Inoltre al momento della cessazione del nuovo rapporto instauratosi con l’agente operante sotto forma societaria, quest’ultimo non ha alcun titolo alla quota parte dell’indennità di fine rapporto (ex art. 1751 c.c. o ex A.E.C.) relativa al periodo lavorato come ditta individuale.

Per evitare le conseguenze sopra indicate, qualora l’agente opti per il passaggio da agente in forma individuale ad agente in forma societaria, lo stesso dovrebbe preventivamente effettuare una serie di valutazioni possibilmente in accordo con la preponente.

Tuttavia va precisato che, da un punto di vista giuridico, la preponente non ha nessun obbligo nei confronti dell’agente di acconsentire al passaggio da ditta individuale a società.

Nessun problema si pone, invece, per il FIRR, il quale sarà corrisposto dall’Enasarco al momento in cui tale ente riceverà la comunicazione di cessazione del rapporto, stante il passaggio da agente individuale ad agente in forma societaria.

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27. Pensionamento del socio amministratore e indennità di fine rapporto

Con la sentenza n. 8008 del 30 marzo 2018 la Cassazione si è pronunciata sul diritto di una società agente (nella specie una S.a.s.) ad ottenere l’indennità di fine rapporto in caso di pensionamento del socio amministratore.

In particolare, con la suddetta sentenza la Suprema Corte ha negato il diritto di una società agente ad ottenere l’indennità di fine rapporto ex art. 1751 c.c. in caso di raggiungimento dell’età pensionabile da parte del socio amministratore, rilevando che:

  • la società agente è un soggetto dotato di propria personalità giuridica ed è un autonomo centro di imputazione di interessi;
  • il raggiungimento dell’età pensionabile da parte del socio amministratore (nella specie socio accomandatario) è un fatto interno alla società, del tutto irrilevante ai fini della prosecuzione del rapporto di agenzia, anche perché gli altri soci avrebbero potuto sostituirsi al socio pensionato nella carica di amministratore e legale rappresentante della società;
  • nelle società di persone neppure il venir meno del socio amministratore (ad esempio per decesso) comporta l’impossibilità di prosecuzione dell’attività sociale e l’automatico scioglimento della società.

In buona sostanza, la Cassazione ha ritenuto che il recesso da un contratto di agenzia effettuato da una società agente a causa del raggiungimento dell’età pensionabile da parte del suo amministratore integra un fatto imputabile alla società agente, essendo dipesa la cessazione del contratto di agenzia da una scelta dei soci e, quindi, nessuna indennità di fine rapporto spetta in tal caso all’agente, il quale ha sciolto il contratto di agenzia di sua iniziativa.

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26. La risoluzione consensuale del contratto di agenzia

La risoluzione consensuale del contratto di agenzia

Con la sentenza del 23 febbraio 2018 il Tribunale di Bolzano ha stabilito che: “nel caso di risoluzione del contratto di agenzia per mutuo consenso il preponente non è tenuto a corrispondere all’agente né l’indennità sostitutiva del preavviso ex art. 1750 c.c., non essendovi l’obbligo del preavviso né dell’indennità suppletiva di clientela, prevista per la sola ipotesi che il contratto si sciolga ad iniziativa della casa mandante”.

Traendo spunto da tale sentenza è possibile svolgere alcune considerazioni di ordine generale sul tema della risoluzione consensuale del contratto di agenzia, che è una delle modalità di scioglimento di tale contratto.

In particolare, nel caso di risoluzione consensuale del contratto di agenzia, è principio consolidato in giurisprudenza che:

  • la preponente non sarebbe tenuta a corrispondere all’agente l’indennità sostitutiva del preavviso, poiché quando il contratto si risolve consensualmente le parti non hanno diritto al preavviso;
  • l’agente non avrebbe diritto all’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 del codice civile, in quanto tale indennità spetta all’agente solo quando il contratto si scioglie su iniziativa della preponente.

Controverso è, invece, in giurisprudenza il riconoscimento all’agente dell’indennità suppletiva di clientela in caso di risoluzione consensuale di un contratto di agenzia, sebbene le pronunce che negano il diritto dell’agente all’indennità suppletiva di clientela siano numericamente superiori rispetto a quelle di senso contrario.

La sentenza in commento, quindi, si inserisce nell’orientamento giurisprudenziale prevalente che nega il diritto dell’agente all’indennità suppletiva di clientela in caso di risoluzione consensuale del contratto di agenzia.  

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25. Le differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato

Le differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato

Con la sentenza n. 4884 dell’1 marzo 2018 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi delle differenze tra un rapporto di agenzia e un rapporto di lavoro subordinato, precisando anche gli elementi utili ai fini della corretta qualificazione giuridica del rapporto di lavoro nell’una o nell’altra tipologia contrattuale.

In particolare nella suddetta sentenza la Cassazione ha stabilito che:

  • l’elemento distintivo tra il rapporto di agenzia e il rapporto di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento, in favore della preponente, di un’attività economica esercitata in forma imprenditoriale, con organizzazione di mezzi e assunzione del rischio da parte dell’agente, che si manifesta nell’autonoma scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto delle istruzioni ricevute dalla preponente;
  • costituisce, invece, oggetto del rapporto di lavoro subordinato la prestazione, in regime di subordinazione, di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore, che sopporta il rischio dell’attività svolta;
  • elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato nonché elemento distintivo rispetto a quello di agenzia è costituito dalla soggezione personale del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro;
  • in mancanza della sopra indicata soggezione del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, è possibile fare riferimento, ai fini qualificatori, ad ulteriori elementi, aventi però carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria (come ad esempio la continuità della prestazione lavorativa, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l’assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppur minima struttura imprenditoriale).

Nel caso da cui trae origine la pronuncia in commento la Suprema Corte ha altresì affermato che il Giudice di appello aveva correttamente individuato gli elementi indiziari dotati di efficacia probatoria sussidiaria ai fini della qualificazione giuridica del rapporto di lavoro come lavoro subordinato e non come agenzia e più precisamente:

  • lo stabile inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale attraverso la sua sottoposizione a specifiche e vincolanti istruzioni per la gestione della clientela, a ripetuti richiami al rispetto delle procedure dettate, a turni di lavoro e feriali stabiliti unilateralmente dalla società;
  • lo svolgimento dell’attività esclusivamente nei locali aziendali e con strumenti forniti dalla società (scrivania, computer, targa col nome, indirizzo di posta elettronica e numero di telefono diretto);
  • l’assenza in capo al lavoratore di qualsiasi rischio imprenditoriale e di una seppur minima struttura organizzativa;
  • la gestione contabile dell’attività lavorativa da parte della società, che, mediante il suo ufficio amministrativo, provvedeva direttamente a predisporre le fatture per il pagamento delle provvigioni.

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