Autore: FTA Pagina 13 di 26

13. Differenze tra contratto di distribuzione e contratto di agenzia

Con la sentenza n. 932 del 26 agosto 2020 il Tribunale di Perugia si è pronunciato sulla natura del contratto di distribuzione (o di concessione di vendita) e sulle differenze tra tale contratto e quello di agenzia.

In particolare, nella suddetta pronuncia il Giudice ha affermato che:

  • il contratto di distribuzione è un contratto atipico, non inquadrabile tra quelli di scambio con prestazioni periodiche, avente natura di contratto normativo, dal quale deriva l’obbligo per il concessionario sia di promuovere la formazione di singoli contratti di compravendita, sia di concludere contratti di puro trasferimento dei prodotti, che gli vengono forniti, mediante la stipulazione a condizioni predeterminate nell’accordo iniziale;
  • il contratto di distribuzione (o di concessione di vendita) differisce da quello di agenzia, poiché in esso la collaborazione tra concedente e concessionario, pur prevista, non assurge ad elemento determinante.

In buona sostanza, con la sentenza in commento il Tribunale di Perugia ha aderito al consolidato orientamento della Cassazione sul tema in esame (v. Cass. 27 febbraio 2017 n. 4948; Cass. 19 febbraio 2010 n. 3990; Cass. 18 settembre 2009 n. 2009).

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32. Decreto Agosto: esonero dal versamento dei contributi previdenziali per assunzioni a tempo indeterminato

Il decreto legge 14 agosto 2020, n. 104 (c.d. Decreto Agosto), entrato in vigore il 15 agosto 2020, contiene novità normative in vari ambiti, tra cui in materia di esonero dal versamento dei contributi previdenziali per assunzioni a tempo indeterminato (art. 6 Decreto Agosto).

Fino al 31 dicembre 2020, ai datori di lavoro che assumono lavoratori subordinati a tempo indeterminato è riconosciuto, l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico (con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL e ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche).

L’esonero in esame è riconosciuto anche nei casi di trasformazione del contratto di lavoro subordinato a tempo determinato in contratto di lavoro a tempo indeterminato successiva alla data di entrata in vigore del Decreto Agosto ed è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta.

Sono esclusi:

  • i contratti di apprendistato;
  • i contratti di lavoro domestico;
  • i lavoratori che abbiano avuto un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti all’assunzione presso la medesima impresa.

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48. Agenti e appuntamenti fissati tramite call center

Con la sentenza del 15 giugno 2020 il Tribunale di Bari – sezione Lavoro ha stabilito che il rapporto di agenzia non è incompatibile con la soggezione dell’agente a direttive, istruzioni e controlli del preponente, che costituiscono elementi differenti da quelli caratterizzanti il rapporto di lavoro subordinato (e cioè: il rapporto di dipendenza tra lavoratore e datore di lavoro, la costante messa a disposizione delle energie lavorative, l’osservanza di un orario predeterminato, la retribuzione fissa e a cadenze prestabilite, ecc.).

In particolare, il Giudice ha affermato che:

  • nel contratto di agenzia l’attività di promozione della conclusione di contratti per conto del preponente, che costituisce l’obbligazione tipica dell’agente, non può consistere in una mera attività di propaganda, da cui possa solo indirettamente derivare un incremento delle vendite, ma deve consistere nell’attività di convincimento del potenziale cliente ad effettuare delle ordinazioni dei prodotti del preponente, atteso che è proprio con riguardo a questo risultato che viene attribuito all’agente il compenso, consistente nella provvigione sui contratti conclusi per suo tramite e andati a buon fine;
  • tale adempimento potrebbe richiedere l’assolvimento di obbligazioni ulteriori, quali l’esecuzione delle direttive elaborate dal preponente;
  • l’art. 1746 del codice civile stabilisce che l’agente deve adempiere l’incarico secondo le istruzioni ricevute dal preponente;
  • la direttiva europea 86/653/CEE ha fatto specifico riferimento all’agente quale lavoratore indipendente, tenuto comunque ad “attenersi alle ragionevoli istruzioni impartite dal preponente” (art. 3, comma 2, lettera c).

Sulla base dei principi di diritto sopra enunciati, il Tribunale di Bari ha ritenuto compatibile con lo schema negoziale del contratto di agenzia fissare gli appuntamenti agli agenti tramite del call center, precisando però che il preponente:

  • non può imporre la lista giornaliera dei clienti da visitare, ma può chiedere di visitare determinati clienti o categorie di clienti a cui tiene;
  • non può programmare gli itinerari che l’agente deve seguire, ma può pretendere dall’agente che organizzi le visite in modo tale da coprire la propria zona in maniera adeguata;
  • non può decidere l’organizzazione interna dell’agenzia, ma agli può pretendere determinati standard qualitativi del personale, adeguatezza dei locali e del numero dei collaboratori in base all’attività promozionale dell’agente stesso;
  • non può imporre rendiconti dettagliati sulle attività svolte dall’agente, ma può chiedere report sull’andamento del mercato.

In buona sostanza, la sentenza in commento – entro i limiti sopra indicati – ritiene compatibile lo schema negoziale del contratto di agenzia con l’attività dell’agente di presenziare ad appuntamenti predeterminati dal preponente e di relazionare periodicamente su tali appuntamenti.

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27. Le differenze tra telelavoro e smart working

La grave situazione italiana di questi giorni ha imposto a molti datori di lavoro di ripensare la propria organizzazione aziendale, spingendo il Governo a intervenire tramite Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo che consente in via straordinaria (fino al 31 luglio 2020) l’attivazione del c.d. smart working o “lavoro agile”, senza un preventivo accordo individuale scritto tra azienda e dipendente.

Questa modalità di lavoro è generalmente poco utilizzata in Italia rispetto a quanto accade in Europa: in Danimarca (Fonte EWCS 2016) il 37% dei dipendenti lavorano a distanza (telelavoro, lavoro in mobilità più o meno occasionale), mentre in Italia solo il 7% dei lavoratori.

Tuttavia quello che si sta mettendo in atto in questi giorni in Italia è più telelavoro che smart working.

Infatti, al di là della disciplina “emergenziale” dell’8 marzo, il telelavoro e lo smart working sono due particolari modalità di svolgimento della prestazione lavorativa fuori dai locali dell’azienda già previste nel nostro ordinamento, che sembrano simili, ma che si distinguono per i seguenti motivi:

  • Il telelavoro è basato sull’idea che il dipendente abbia una postazione fissa, ma dislocata in un luogo diverso dalla sede aziendale, tipicamente a casa del lavoratore oppure presso strutture esterne organizzate. Il dipendente ha di norma un orario ben definito e si collegherà all’azienda, mediante strumenti di comunicazione informatici e telematici.
  • Lo smart working, invece, è svolto all’esterno dell’azienda solo per una parte del giorno, della settimana e/o del mese, in luoghi sempre diversi, prevedendo viaggi e trasferte. Il lavoratore ha di norma un orario flessibile e decide in piena autonomia i tempi e il luogo di lavoro, senza una postazione fissa.

In buona sostanza, i due aspetti principali che differenziamo il telelavoro dallo smart working sono i seguenti: (i) la postazione di lavoro; (ii) l’orario di lavoro.

Riguardo la postazione di lavoro:

  • nel telelavoro la postazione del dipendente, fissa e predeterminata nel contratto, viene allestita nel luogo prestabilito e potrà essere cambiata solo su accordo delle parti;
  • nello smart working, invece, il lavoratore è libero di svolgere la propria attività dove preferisce, al di fuori della sede aziendale.

Riguardo l’orario di lavoro:

  • nel telelavoro le parti definiscono gli orari di lavoro all’interno del contratto, nei limiti fissati dalla legge e dai contratti collettivi applicabili;
  • nello smart working, al contrario, il lavoratore non ha precisi vincoli di orario di lavoro. Gli obiettivi da raggiungere vengono però definiti in un accordo scritto, che deve individuare i tempi di riposo del lavoratore e le misure idonee per assicurarne la disconnessione dagli strumenti tecnologici.

In teoria, in un contesto generale non emergenziale come quello che stiamo vivendo in questi giorni, il contratto di smart working potrebbe favorire il cosiddetto bilanciamento degli interessi della vita.

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47. Covid-19 e anticipo FIRR

Considerando le conseguenze economiche dell’emergenza Covid-19, con delibera del 9 giugno 2020 l’ENASARCO ha stabilito che gli agenti di commercio hanno la possibilità di richiedere in via straordinaria l’anticipo del FIRR, con una prima tranche pari al 10% delle somme accantonate da ciascun agente sui conti del Fondo Indennità Risoluzione del Rapporto (c.d. FIRR).

Ulteriori due eventuali tranche dell’anticipo FIRR, ognuna pari al 10%, saranno erogate in fasi successive, a seguito di specifiche deliberazioni del Consiglio di Amministrazione di ENASARCO, in base alla sostenibilità economica di tale ente.

Al più presto, e comunque non oltre due mesi dal 9 giugno 2020, sarà realizzato da ENASARCO un software specifico per la presentazione delle domande online ad opera di ciascun agente interessato.

La possibilità di accedere in via straordinaria ad un anticipo del FIRR va tenuta in considerazione sia da parte delle preponenti per informare di tale opportunità la propria rete commerciale, sia naturalmente da parte degli agenti, posto che nel periodo appena trascorso e nei prossimi mesi:

  • le preponenti si sono viste/si vedranno richiedere delle forme di “solidarietà/sussidi” da parte dei loro agenti;
  • gli agenti nei prossimi trimestri del 2020 vedranno ridursi i loro compensi provvigionali, a causa dell’impossibilità di visitare i clienti o comunque a causa del rallentamento o addirittura del “fermo” di molti settori produttivi durante il periodo del c.d. “lockdown“.

In buona sostanza, in questo particolare periodo la richiesta dell’anticipo FIRR formulata dall’agente direttamente a ENASARCO può rappresentare per le preponenti un’alternativa alla concessione dell’anticipo provvigionale.

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10. Cosa si intende per commercio elettronico o e-commerce

Il commercio elettronico o e-commerce è l’insieme delle transazioni effettuabili in via telematica relativamente alla cessione di beni e alla prestazione di servizi.

Più precisamente, secondo la definizione contenuta nella Comunicazione della Commissione Europea n. 157 del 15 aprile 1997, il commercio elettronico è definito come lo svolgimento di attività commerciali e di transazioni per via elettronica e comprende attività diverse, come:

  • la commercializzazione di beni e servizi;
  • la distribuzione di contenuti digitali;
  • l’effettuazione di operazioni finanziarie;
  • gli appalti pubblici;
  • altre procedure di tipo transattivo delle pubbliche amministrazioni.

Inoltre rientra nel commercio elettronico lo svolgimento di qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via telematica, a richiesta di un soggetto destinatario dei servizi stessi. Va inteso come servizio fornito a “distanza” un servizio fornito senza la simultanea presenza delle parti e si intende per via telematica un servizio inviato al destinatario e da questi ricevuto tramite internet ovvero mediante attrezzature elettroniche di trattamento.

Il commercio elettronico interessa diverse fasi del rapporto commerciale:

  • la ricerca e l’individuazione del potenziale cliente;
  • la trattativa e la negoziazione;
  • gli adempimenti e le scritture formali;
  • la consegna del bene o del servizio;
  • il pagamento.

In Italia sono circa 10 milioni gli utenti e-commerce e l’impulso maggiore della crescita delle transazioni in via telematica è determinato dagli acquisti in mobilità e dall’uso delle app tramite smartphone.

Gli acquisti via web sono relativi prevalentemente al settore dell’abbigliamento, dell’informatica, dell’editoria, musica e audiovisivi. Nell’ambito dei servizi, invece, sono in crescita gli acquisti via web nel settore del turismo e delle assicurazioni.

Nell’ultimo periodo le principali novità nel commercio elettronico sono rappresentate da:

  • c.d. multicanalità, che consiste nell’integrazione da parte delle aziende dei loro seguenti canali di vendita: negozi off line (e cioè i negozi tradizionali), negozi on line, mobile e social;
  • c.d. dropshipping, che consiste nel modello di vendita, in cui il venditore si occupa esclusivamente della pubblicizzazione dei prodotti, senza le incombenze legate ai processi di imballaggio e spedizione, che sono a cura del fornitore (il “dropshipper”), dato che il venditore vende all’utente finale un prodotto, senza possederlo materialmente nel proprio magazzino. Infatti, effettuata la vendita, il venditore trasmette l’ordine al dropshipper, il quale a sua volta spedisce direttamente il prodotto all’utente finale.

I motivi per cui le aziende italiane dovrebbero sviluppare sempre più il loro interesse nei confronti del commercio elettronico nei prossimi anni sono i seguenti:

  • il commercio elettronico consente una vantaggiosa eliminazione o riduzione degli spazi e dei tempi tipici del commercio tradizionale;
  • il commercio elettronico permette di perseguire una vocazione internazionale anche alle piccole imprese, che sono specializzate in prodotti locali o attive su territori ristretti;
  • la strategia della c.d. multicanalità, ossia l’integrazione della vendita on line con quella off line, rappresenta la strategia di vendita “vincente”.

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21. Il contratto di agenzia in Francia

In Francia la disciplina giuridica del contratto di agenzia è contenuta negli articoli 134-1 e seguenti del Codice di Commercio, oltre che nel regolamento del 23 dicembre 1958.

Secondo il diritto francese l’agente di commercio può essere sia una persona fisica, sia una giuridica.

Gli agenti che operano in Francia sono tenuti a registrarsi in un apposito registro, ma in caso di mancata registrazione dell’agente in tale registro il contratto di agenzia è valido ugualmente, essendo però previste delle sanzioni pecuniarie a carico dell’agente.

La forma scritta del contratto di agenzia non rappresenta un requisito di validità del contratto stesso, però tale forma è utile a fini probatori. Tuttavia clausole particolari, come l’obbligo di non concorrenza, necessitano sempre della forma scritta a pena di invalidità.

Il contratto di agenzia può essere a tempo determinato o indeterminato. Il diritto francese non prevede il periodo di prova.

Dal contratto a tempo indeterminato è possibile recedere dando un determinato preavviso. A tutela dell’agente sussistono, ai sensi dell’art. L 134, comma 11, del Codice di Commercio francese, i seguenti termini minimi di preavviso:

  • un mese per un contratto fino ad un anno;
  • due mesi per un contratto da uno a due anni;
  • tre mesi per un contratto oltre i due anni.

La clausola che preveda termini inferiori è illecita. Qualora vengano stabiliti termini superiori a quelli di legge, sono leciti solo se valgono in ugual misura per l’agente e per la preponente.

Il contratto a tempo determinato che proseguedopo lo scadere del termine vale per legge come rinnovato a tempo indeterminato.   A prescindere dal fatto che il contratto sia a tempo determinato o a tempo indeterminato, secondo il Codice di Commercio francese ogni contraente può recedere senza necessità del termine di preavviso qualora vi sia un grave motivo.

I gravi motivi che autorizzano la preponente a recedere sono:

  • una grave violazione del contratto da parte dell’agente;
  • una violazione del rapporto di fiducia da parte dell’agente;
  • atti di concorrenza illegittima posti in essere dall’agente.

I gravi motivi che autorizzano, invece, l’agente a recedere sono:

  • una grave violazione del contratto da parte della preponente;
  • atti di concorrenza illegittima posti in essere dalla preponente (ad esempio l’acquisizione di clientela originariamente dell’agente);
  • l’impossibilità dell’adempimento da parte della preponente di obblighi contrattuali essenziali (ad esempio incolpevole insolvenza dell’impresa).

In caso di scioglimento del contratto di agenzia (a tempo determinato o a tempo indeterminato) l’agente ha diritto ad una indennità. Tale indennità è finalizzata a compensare i vantaggi che la preponente ha ottenuto dall’attività dell’agente.

L’ammontare tale indennità sarà pari alla media delle provvigioni degli ultimi due anni precedenti alla cessazione del contratto. Tale indennità deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro un anno dalla cessazione del rapporto.

In caso di contenzioso l’agente non deve procurare il numero dei clienti da lui apportati per ottenere il riconoscimento dell’indennità di fine rapporto.

Il diritto ad ottenere l’indennità viene meno solo nei tre casi seguenti:

  • recesso da parte dell’agente senza fondata giustificazione;
  • recesso da parte della preponente per grave motivo costituito da comportamento colpevole dell’agente;
  • subentro consensuale di un terzo nel rapporto contrattuale.

Infine,  in base al diritto francese nel contratto di agenzia può essere pattuito un divieto di concorrenza post contrattuale, la cui durata non può superare i due anni. Per tale patto di non concorrenza post contrattuale all’agente spetta un indennizzo.

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46. Recesso della preponente e abuso di diritto

Con la sentenza n. 2520 del 4 febbraio 2020 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema del recesso della preponente, a seguito della mancata sottoscrizione da parte dell’agente di un nuovo contratto con condizioni peggiorative.  

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che non configura un abuso di diritto e quindi è lecito il comportamento della preponente che, in caso di mancato sottoscrizione da parte dell’agente di un nuovo contratto di agenzia con condizioni peggiorative, ha effettuato un recesso ordinario con concessione del periodo di preavviso.  

Infatti, secondo la Corte di Cassazione, tale comportamento non integra un abuso di diritto e comunque non ha natura ritorsiva, in quanto in un rapporto di agenzia entrambe le parti possono legittimamente recedere dal contratto, dando il preavviso.

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26. La responsabilità del datore di lavoro e il contratto di somministrazione

Con la sentenza n. 31889 del 6 dicembre 2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla responsabilità ex art. 2049 del codice civile per i danni cagionati a terzi da fatti illeciti del lavoratore somministrato nello svolgimento della sua missione.

In particolare, la causa decisa dalla Suprema Corte aveva ad oggetto il risarcimento danni causati in un sinistro stradale, da parte di un lavoratore somministrato come magazziniere – autista, mentre era alla guida di un autocarro in autostrada nell’esecuzione di un contratto di fornitura di lavoro temporaneo stipulato tra due società.

Nella motivazione della sentenza in commento la Cassazione ha ribadito che secondo l’art. 2049 del codice civile (articolo che disciplina la cosiddetta “responsabilità dei padroni e dei committenti”), il soggetto che, nell’espletamento della propria attività, si avvale dell’opera di terzi assume il rischio connaturato alla loro utilizzazione e, di conseguenza, risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, ancorché non siano alle proprie dipendenze, ribadendo altresì il criterio della occasionalità necessaria che circoscrive il rischio.

La Suprema Corte ha altresì evidenziato che la peculiarità del contratto di somministrazione risiede nel fatto che tale contratto configura un rapporto giuridico caratterizzato dalla presenza di tre soggetti e cioè il somministratore o agenzia, il lavoratore e l’utilizzatore, che concludono tra loro due distinti contratti:

  • il contratto di somministrazione vero e proprio è quello concluso tra l’agenzia e l’utilizzatore per l’invio di lavoratori presso l’utilizzatore che provvederà a dirigerli a fronte del pagamento di un corrispettivo. Tale contratto può essere a termine o a tempo indeterminato;
  • il contratto di lavoro somministrato è quello con cui il lavoratore si obbliga nei confronti dell’agenzia di somministrazione a lavorare alle condizioni previste dai contratti di somministrazione che essa stipulerà. Anche questo contratto può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato.

In base alla normativa contenuta nel D. Lgs. n. 276 del 2003, che disciplina il contratto di somministrazione, il rapporto di lavoro dipendente intercorre tra lavoratore ed agenzia che lo assume e lo retribuisce, mentre la prestazione viene in concreto resa a beneficio dell’utilizzatore.

Pertanto, secondo le motivazioni della Corte di Cassazione contenute nella sentenza in commento, qualora il lavoratore sia in missione, la responsabilità ex art. 2049 del codice civile grava sull’utilizzatore, ossia sul soggetto che ha gestito detta missione, inserendo il lavoratore nella propria organizzazione imprenditoriale, ovvero inserendolo – nel proprio interesse – nel senso di esigenza organizzativa, sotto la propria direzione e il proprio controllo, così da integrare la cosiddetta “occasionalità necessaria” che è presupposto della medesima responsabilità ex art. 2049 del codice civile.

In buona sostanza, in tema di contratto di somministrazione di lavoro, “la responsabilità dei padroni e dei committenti” per i danni cagionati a terzi da fatti illeciti compiuti dal lavoratore nello svolgimento della missione non grava sul somministratore, ma grava sull’utilizzatore e cioè sul soggetto che ha gestito la stessa missione inserendo il lavoratore nella propria organizzazione imprenditoriale.

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25. Contratto a termine e risarcimento del danno in caso di dimissioni del lavoratore

Con la sentenza n. 28932 dell’8 novembre 2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla debenza o meno dell’indennità di risarcimento del danno prevista in caso di trasformazione del contratto a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato per decisione del Giudice, nell’ipotesi in cui il lavoratore si sia dimesso prima della scadenza naturale del medesimo rapporto di lavoro a tempo determinato.  

Tale indennità omnicomprensiva, originariamente prevista dall’art. 32, comma 5, e attualmente contenuta nell’art. 28, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, consiste in un risarcimento danni, deciso dal Giudice, che può variare tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto.  

Nel caso di specie la Suprema Corte ha deciso che, nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato prima della scadenza del termine poi dichiarato nullo dal Giudice, va escluso il riconoscimento del risarcimento del danno in favore del lavoratore che abbia ottenuto la declaratoria di conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, se lo stesso lavoratore sia dimesso prima della scadenza naturale del contratto a tempo determinato.

Ciò perché, secondo il suddetto art. 28, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, tale indennità spetta solo per il periodo c.d. “intermedio” ossia compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il Giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.  

Pertanto la Corte di Cassazione ha rigettato la domanda risarcitoria del lavoratore derivante dall’accertamento della nullità del termine del contratto a tempo determinato tra le parti e ha conseguentemente cassato la sentenza di condanna nei confronti della datrice di lavoro al pagamento, a titolo risarcitorio, di un’indennità pari a 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.    

 

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