Categoria: Il contratto di agenzia in Italia Pagina 4 di 11

74. Riqualificazione del rapporto da agente a lavoratore dipendente

Con sentenza n. 19 del 4 gennaio 2023 il Tribunale di Roma ha riqualificato come rapporto di lavoro subordinato un rapporto in essere tra una persona inquadrata come agente di commercio e una concessionaria di auto.

In particolare, nella suddetta sentenza il Tribunale di Roma ha affermato che:

  • l’utilizzo di un determinato tipo contrattuale non è determinante ai fini della qualificazione del contratto, dovendosi avere riguardo al reale contenuto del rapporto e al suo effettivo svolgimento;
  • il criterio distintivo principale tra lavoro autonomo e subordinato è individuabile, secondo la Corte di Cassazione, nella essenzialità della subordinazione intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro;
  • l’elemento distintivo tra rapporto di agenzia e quello di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento a favore della preponente di una attività economica esercitata in forma imprenditoriale con organizzazione dei mezzi e assunzione del rischio da parte dell’agente, che si manifesta nell’autonoma scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto dell’art. 1746 codice civile e delle istruzioni impartite dalla preponente, mentre oggetto del secondo è la mera prestazione di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore che sopporta il rischio dell’attività svolta;
  • nel caso di specie, dall’istruttoria svolta, è emerso che le concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa del ricorrente, agente di commercio addetto alle vendite della concessionaria di auto, ricalcavano esattamente quelle dei dipendenti addetti alle vendite della stessa concessionaria di auto;
  • infatti, al pari dei dipendenti addetti alle vendite della concessionaria di auto in questione, il ricorrente: (i) aveva una postazione fissa di lavoro; (ii) era sottoposto al rispetto di un determinato orario di lavoro, nonché al turno di lavoro domenicale; (iii) partecipava alle riunioni aziendali, laddove spesso la società esercitava il proprio potere direttivo e gerarchico e disciplinare; (iv) era obbligato a rispettare un preciso processo di vendita imposto dalla società e i relativi corsi di aggiornamento on line; (v) era obbligato ad eseguire tutte le fasi connesse alle vendite, essendo sottoposto al controllo della società.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, quindi, il Tribunale di Roma ha riqualificato il rapporto di lavoro da agente di commercio in lavoratore dipendente.

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73. Recesso per inosservanza delle condizioni di vendita

Con sentenza n. 173 del 2 dicembre 2022 il Tribunale di Prato si è pronunciato su un recesso per giusta causa intimato da una preponente per violazione da parte dell’agente delle istruzioni impartite dalla stessa preponente riguardo alle condizioni di vendita dei prodotti da applicare alla clientela.

Per meglio comprendere la sentenza in commento è utile ricostruire brevemente la vicenda da cui ha tratto origine tale sentenza.

La società preponente Alfa, azienda farmaceutica, basava il suo recesso per giusta causa sui seguenti inadempimenti dell’agente farmaceutico Tizio: (i) violazione da parte di Tizio dell’art. 1746 cod. civ. e degli obblighi generali di lealtà e buona fede per non essersi attenuto alle istruzioni ricevute dalla società Alfa relativamente alle condizioni di vendita dei prodotti farmaceutici da applicare alle farmacie della sua zona; (ii) sottoposizione alle farmacie di un documento riportato su carta intestata della società preponente Alfa, senza peraltro averne ottenuto il preventivo consenso, che conteneva condizioni commerciali differenti rispetto a quelle effettivamente stabilite dall’azienda farmaceutica Alfa e più precisamente una scontistica molto favorevole (40% + ulteriore 30%), pagamenti delle fatture a 365 giorni e possibilità di restituire i prodotti non venduti, lasciando intendere alle farmacie che la fornitura dei prodotti avveniva in conto vendita.

Inoltre, Alfa contestava a Tizio che, per effetto della condotta sopra descritta dell’agente, si era trovata costretta a ritirare dalle farmacie i prodotti invenduti e a stornare dalla fattura a suo tempo emessa l’importo corrispondente subendo così complessivamente un danno economico di € 69.570,00, oltre a subire un danno di immagine.

Il Tribunale di Prato dichiarava illegittimo il recesso per giusta causa intimato dalla preponente Alfa per non aver assolto l’onere probatorio a suo carico in merito all’inosservanza da parte dell’agente Tizio delle istruzioni da lei impartite riguardo alle condizioni di vendita dei prodotti da applicare alla clientela nonché all’applicazione da parte del medesimo agente di condizioni commerciali difformi rispetto a quelle effettivamente stabilite dall’azienda.

In particolare, il Giudice osservava che al riguardo l’azienda farmaceutica aveva prodotto in giudizio solo una e-mail in cui era scritto testualmente: “IMPORTANTE: in più diamo la possibilità alle farmacie di avere il ritiro delle referenze non vendute dopo 1 anno dalla consegna dei prodotti”, senza allegare ulteriori elementi di fatto a sostegno dell’interpretazione delle istruzioni nel senso voluto dalla preponente.

Pertanto, il Tribunale di Prato dichiarava illegittimo il recesso per giusta causa effettuato dalla società Alfa e condannava tale società a corrispondere all’agente Tizio l’indennità di fine rapporto e l’indennità sostitutiva del preavviso.

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72. Giusta causa per mancato pagamento provvigioni

Con sentenza n. 426 del 22 luglio 2022 la Corte di Appello di Torino ha stabilito che il mancato pagamento delle provvigioni da parte della preponente integra gli estremi della giusta causa di recesso per l’agente.

In particolare, in tale sentenza la Corte di Appello di Torino ha affermato che:

  • nella specie ricorrevano gli estremi della giusta causa di recesso per non avere la preponente adempiuto all’obbligazione principale su di lei gravante omettendo il pagamento delle provvigioni;
  • i ripetuti inadempimenti della preponente non erano riconducibili, se non in minima parte, alla crisi pandemica;
  • i ritardi nel pagamento delle provvigioni già a partire dal 2019 e gli omessi pagamenti delle provvigioni maturate da novembre 2019 a gennaio 2020 non erano evidentemente riconducibili alla pandemia per ragioni temporali. Analogamente l’omesso versamento delle quote FIRR per gli anni 2018 e 2019 non poteva certo essere collegato causalmente alla pandemia, esplosa nel mese di marzo 2020;
  • anche senza considerare il mancato pagamento delle provvigioni nel periodo compreso tra marzo 2020 e giugno 2020, l’inadempimento della preponente era di gravità tale da giustificare il recesso in tronco, poiché il mancato pagamento delle provvigioni ed i reiterati ritardi negli adempimenti funzionali al pagamento delle provvigioni costituivano violazioni del contratto che incidevano sul diritto dell’agente al regolare e puntuale corrispettivo mensile della prestazione lavorativa. Nello specifico, tali condotte riguardavano l’obbligazione principale della preponente nell’attuazione del sinallagma contrattuale e non potevano ritenersi di scarsa importanza, avendo carattere reiterato ed ammontare non del tutto trascurabile.

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71. Requisiti per il riconoscimento dell’indennità di fine rapporto ex art. 1751 codice civile

Con sentenza n. 24846 del 17 agosto 2022 la Corte di Cassazione si è pronunciata sui requisiti per il riconoscimento dell’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 codice civile.

In particolare, in tale sentenza la Suprema Corte ha affermato che: “È noto che nel rapporto di agenzia il diritto all’indennità di scioglimento del contratto – secondo la disciplina dell’art. 1751 c.c. derivante dalla modifica del primo alinea del comma 1 attuata dal D.lgs. n. 65 del 1999, al fine di dare più fedele attuazione alla direttiva comunitaria n. 86/653 del 18 dicembre 1986 – è subordinato alla concorrente presenza sia del sensibile sviluppo degli affari con i clienti esistenti, sia del requisito della permanenza, per il preponente, di sostanziali vantaggi derivanti dall’attività di promozione degli affari compiuta dall’agente”.

Pertanto, nella pronuncia in esame la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini del riconoscimento dell’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 codice civile, devono coesistere entrambi i due requisiti essenziali prescritti da tale norma per il riconoscimento del diritto all’indennità in questione e cioè:

  • l’apporto di nuovi clienti o lo sviluppo della clientela esistente;
  • la permanenza di sostanziali vantaggi per la preponente dagli affari con tali clienti.

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70. Violazione dell’esclusiva e risarcimento danni

Con sentenza n. 14763 del 10 maggio 2022 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema del risarcimento danni dovuto ad un agente in caso di violazione della sua esclusiva di zona da parte di altri agenti appartenenti alla stessa rete vendita.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che l’agente, la cui esclusiva sia stata lesa dalla captazione dei clienti compiuta da agenti incaricati per una diversa zona dalla medesima preponente, ha il diritto al risarcimento dei danni di natura contrattuale nei confronti della preponente, venendo in rilievo una violazione degli obblighi inerenti l’esclusiva che derivano dal contratto e non dalla legge, oltre che i danni di natura extracontrattuale verso gli agenti concorrenti.

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69. Gli elementi distintivi del contratto di agenzia

Con sentenza n. 10106 del 1° dicembre 2021 il Tribunale di Roma è tornato a pronunciarsi sugli elementi distintivi del contratto di agenzia, evidenziando le differenze tra tale contratto e il rapporto di procacciamento d’affari.

In particolare, nella suddetta sentenza il Tribunale di Roma ha affermato che:

  • gli elementi distintivi del contratto di agenzia sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente di promuovere la conclusione di contratti per conto della preponente nell’ambito di una determinata zona;
  • tra preponente e agente si realizza una collaborazione professionale non episodica, autonoma, con risultato a rischio dell’agente e con l’obbligo in capo all’agente di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dalla preponente;
  • la prestazione dell’agente è stabile, avendo l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti per conto della preponente;
  • il rapporto di procacciamento d’affari si concreta, invece, nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie gli ordini dei clienti, trasmettendoli all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurargli degli affari;
  • la prestazione del procacciatore è occasionale nel senso che dipende esclusivamente dall’iniziativa dello stesso procacciatore.

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68. Qual è la differenza tra agente e rappresentante di commercio?

Nel linguaggio comune si utilizzano i termini “agente di commercio” e “rappresentante di commercio” come se fossero sinonimi.

Tuttavia, da un punto di vista giuridico, sussiste una differenza tra l’agente di commercio e il rappresentante di commercio, che determina delle conseguenze anche da un punto di vista pratico.

Infatti, in base all’art. 1752 del codice civile, il rappresentante altro non è che un agente a cui la preponente ha conferito il potere di concludere contratti in nome e per conto della stessa preponente.

Da un punto di vista pratico, tale differenza implica che:

  • l’agente ha l’incarico di promuovere la conclusione dei contratti per conto della preponente, raccogliendo gli ordini dei clienti e trasmettendoli alla preponente, che però può rifiutarsi di dare esecuzione a tali ordini;
  • il rappresentante, invece, stipula direttamente i contratti con i clienti in nome e per conto della preponente, la quale non può rifiutarli essendosi già impegnata a darvi esecuzione per effetto dell’obbligazione assunta dal proprio rappresentante.

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67. Evoluzione normativa del patto di non concorrenza nel contratto di agenzia

Con sentenza n. 1143 del 14 gennaio 2022 la Corte di Cassazione ha ricostruito l’evoluzione normativa del patto di non concorrenza nel contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha precisato che:

  • prima che fosse espressamente disciplinato dall’art. 1751-bis codice civile, la giurisprudenza di legittimità riconduceva all’art. 2596 cod. civ. il patto di non concorrenza per il periodo successivo alla cessazione del contratto di agenzia;
  • a seguito del Decreto legislativo n. 303 del 1991 di attuazione della direttiva n. 86/653/CEE nel codice civile è stato aggiunto l’art. 1751-bis sul patto di non concorrenza con il seguente testo: “il patto che limita la concorrenza da parte dell’agente dopo lo svolgimento del contratto deve farsi per iscritto. Esso deve riguardare la medesima zona, clientela e genere di beni o servizi per i quali era stato concluso il contratto di agenzia e la sua durata non può eccedere i due anni successivi all’estinzione del contratto“;
  • tale disposizione, in base all’art. 6 del Decreto legislativo n. 303 del 1991, si applica anche ai contratti in corso di esecuzione al 1° gennaio 1990;
  • con l’art. 23 della legge 29 dicembre 2000, n. 422 (entrata in vigore il 4 febbraio 2001) si è aggiunto un comma 2 all’art. 1751-bis codice del seguente tenore: “L’accettazione del patto di non concorrenza comporta, in occasione della cessazione del rapporto, la corresponsione all’agente commerciale di una indennità di natura non provvigionale. L’indennità va commisurata alla durata, non superiore a due anni dopo l’estinzione del contratto, alla natura del contratto di agenzia e all’indennità di fine rapporto. La determinazione della indennità in base ai parametri di cui al precedente periodo è affidata alla contrattazione tra le parti tenuto conto degli accordi economici nazionali di categoria. In difetto di accordo l’indennità è determinata dal giudice in via equitativa anche con riferimento: 1) alla media dei corrispettivi riscossi dall’agente in pendenza di contratto ed alla loro incidenza sul volume d’affari complessivo nello stesso periodo; 2) alle cause di cessazione del contratto di agenzia; 3) all’ampiezza della zona assegnata all’agente; 4) all’esistenza o meno del vincolo di esclusiva per un solo preponente“;
  • lo stesso art. 23 della legge 29 dicembre 2000, n. 422 ha stabilito che le suindicate disposizioni sono efficaci a partire dal 1° giugno 2001 e si applicano esclusivamente agli agenti che esercitano in forma individuale, di società di persone o di società di capitali con un solo socio, nonché, ove previsto da accordi economici nazionali di categoria, a società di capitali costituite esclusivamente o prevalentemente da agenti commerciali.

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66. Violazione del patto di esclusiva

Con sentenza n. 33572 dell’11 novembre 2021 la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’onere della prova da parte dell’agente riguardo agli affari conclusi dalla preponente in violazione del patto di esclusiva.

In particolare, nella suddetta sentenza la Cassazione ha stabilito che:

  • l’agente, che deduce la conclusione di affari diretti da parte della preponente nella zona a lui riservata in violazione del patto di esclusiva, ha l’onere di provare l’avvenuta conclusione di tali affari per ottenere il pagamento delle relative provvigioni;
  • l’agente non può supplire al mancato assolvimento dell’onere della prova mediante richiesta di esibizione della contabilità aziendale della preponente relativa agli anni nei quali assume essersi verificata la violazione del patto di esclusiva, potendo richiedere solo che siano esibiti atti e documenti specificamente individuati e individuabili.

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65. La restituzione del campionario

Con sentenza n. 30768 del 29 ottobre 2021 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema della restituzione del campionario da parte dell’agente.

In particolare, nella suddetta sentenza la Cassazione ha affermato che la risoluzione del contratto di agenzia, anche per mutuo consenso, comporta l’obbligo di restituzione del campionario di cui l’agente aveva la disponibilità, in ragione dell’attività di promozione della conclusione di contratti per conto della preponente.

Nella specie, la Suprema Corte ha riconosciuto l’obbligo, negato dai giudici di merito, di restituzione di un campionario consistente in calzature, rilevando come queste, per fatto notorio, siano suscettibili di essere poste sul mercato per la vendita, anche a prezzo ridotto, negli anni successivi ed evidenziando, altresì, la permanenza dell’interesse alla loro restituzione, qualora esse esprimano un valore ideativo, per la pregevolezza dei modelli e dei materiali.

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