Autore: FTA Pagina 20 di 26

5. La differenza tra distributore all’ingrosso e distributore al dettaglio

La differenza tra distributore all’ingrosso e distributore al dettaglio

Il contratto di distribuzione viene utilizzato sia per la vendita all’ingrosso, sia per la vendita al dettaglio, con la conseguenza che nella prassi sussistono due tipologie di distributori:

  • il distributore all’ingrosso;
  • il distributore al dettaglio.

Nel primo caso al distributore viene affidato l’incarico di occuparsi della distribuzione dei prodotti del produttore in una determinata nazione (c.d. importatore esclusivo) o in una determinata zona geografica.

Nel secondo caso, invece, al distributore viene affidato l’incarico di occuparsi della distribuzione dei prodotti del produttore al consumatore finale.

Nonostante in entrambi i casi si applica il medesimo contratto, tra le due suddette tipologie di distributori vi sono le seguenti differenze:

  • il distributore all’ingrosso ha un minor grado di dipendenza dal produttore rispetto al distributore al dettaglio;
  • il distributore all’ingrosso è normalmente legato ad un territorio (uno Stato o una zona all’interno dello stesso), mentre il distributore al dettaglio è di solito legato ad un punto vendita (negozio);
  • il distributore all’ingrosso ha come clientela altri commercianti o catene commerciali, mentre il distributore al dettaglio ha come clientela i consumatori finali.

In considerazione delle sopra indicate peculiarità dei distributori al dettaglio, la giurisprudenza ha sviluppato alcuni orientamenti protettivi nei loro confronti, specie con riferimento ai concessionari di automobili.

Per contro, nel contesto dei distributori all’ingrosso è divenuta sempre più rilevante la negoziazione delle clausole del “contratto quadro” di distribuzione, che la giurisprudenza ritiene comunque esistere qualora tra le parti sussista nei fatti una duratura relazione contrattuale seppure tacita.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

4. Quando un acquirente-rivenditore è un cliente abituale o un distributore

Quando un acquirente-rivenditore è un “cliente abituale” o un distributore?

A volte avvengono casi in cui un produttore vende i suoi prodotti ad un altro soggetto, che li acquista per rivenderli in nome proprio, senza però che tra l’acquirente-rivenditore ed il produttore siano state stabilite le condizioni della loro collaborazione commerciale.

In tali situazioni va verificato se l’acquirente-rivenditore sia qualificabile come un “cliente abituale” del produttore oppure come un suo distributore.

In proposito occorre aver presente che:

  • il “cliente abituale” è un acquirente-rivenditore che instaura con il produttore una costante relazione d’affari, attraverso una serie di compravendite susseguitesi nel tempo, ma senza fissare ulteriori obblighi né da una parte (ad es. obbligo di promozione, obbligo di assistenza per l’omologazione dei prodotti, obbligo di partecipazione a fiere, ecc.), né dall’altra parte (ad es. obbligo del produttore di rispettare un preavviso qualora decida di smettere di rifornire la controparte);
  • il distributore, invece, si distingue dal “cliente abituale”, in quanto – pur in assenza di un contratto scritto che formalizzi tale ruolo – il distributore è legato al produttore da un rapporto continuativo di collaborazione commerciale, che non può essere interrotto senza un congruo preavviso e da cui scaturiscono una serie di responsabilità in capo al distributore stesso (ad es. obbligo di promozione, obbligo di assistenza per l’omologazione dei prodotti, obbligo di partecipazione a fiere, ecc.), a fronte dell’eventuale riconoscimento in suo favore dell’esclusiva.

Per un produttore è opportuno ricorrere ad un “cliente abituale” quando vuole:

  • “testare” un nuovo acquirente-rivenditore prima di instaurare eventualmente con lui un formale rapporto di distribuzione;
  • valutare l’affidabilità/solvibilità economica del nuovo acquirente-rivenditore;
  • provare a penetrare in un nuovo territorio, sperimentando la situazione di rischio del territorio stesso.

Per un produttore è, invece, opportuno ricorrere ad un distributore quando:

  • è sicuro dell’affidabilità/solvibilità economica di un acquirente-rivenditore (anche nuovo);
  • vuole essere presente in un determinato territorio, senza però avere un suo negozio diretto e/o una sua sede secondaria;
  • vuole formalizzare un rapporto di lunga durata con un acquirente-rivenditore con cui non aveva in precedenza mai stipulato alcun contratto scritto.

Nulla vieta, quindi, che un acquirente-rivenditore dapprima sia un “cliente abituale” di un produttore e poi diventi un suo vero e proprio distributore.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

3. Le condizioni di legittimità di un sistema di distribuzione selettiva

Le condizioni di legittimità di un sistema di distribuzione selettiva

Con provvedimento del 17/3/2016 il Tribunale di Milano ha precisato le condizioni di legittimità di un sistema di distribuzione selettiva, intendendosi come tale un “sistema di distribuzione nel quale il fornitore s’impegna a vendere i beni o i servizi oggetto del contratto, direttamente o indirettamente, solo ai distributori selezionati sulla base di criteri specificati e nel quale questi distributori s’impegnano a non vendere tali beni o servizi a rivenditori non autorizzati nel territorio che il fornitore ha riservato a tale sistema (Reg. UE 330/2010)”.

In particolare il Tribunale di Milano ha rilevato che un sistema di distribuzione selettiva, anche se limita la concorrenza sul mercato, può costituire una modalità di commercializzazione legittima in base alla normativa europea quando ricorrono determinate condizioni relative alla natura del prodotto, ai criteri di scelta di natura oggettiva e qualitativa dei rivenditori e alla misura dei limiti alla concorrenza.

In buona sostanza, un sistema di distribuzione selettiva è legittimo se:

  • riguarda particolari tipologie di beni di elevato livello tecnico per i quali l’acquirente necessiti di specifica assistenza;
  • riguarda beni di lusso e di prestigio, che richiedono ingenti investimenti da parte del titolare;
  • impone limiti alla concorrenza stabiliti in modo oggettivo, tenuto conto delle qualità professionali dei rivenditori.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

2. Il principio di buona fede nella cessazione del contratto di concessione di vendita

Il principio di buona fede nella cessazione del contratto di concessione di vendita

Nell’esecuzione di un qualsiasi contratto il principio di buona fede non solo opera come criterio di reciprocità, imponendo a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, ma costituisce anche un dovere giuridico autonomo a carico di entrambe le parti, a prescindere dall’esistenza di specifici obblighi contrattuali.

Ne deriva che, nel contratto di concessione di vendita, colui che abbia acquistato merce con segni distintivi del concedente ha diritto alla commercializzazione del prodotto anche successivamente alla data di cessazione del rapporto, qualora il contratto di concessione di vendita non regolamenti le modalità di smaltimento delle giacenze di magazzino rimaste invendute a tale data e, in particolare, non preveda un obbligo di riacquisto dei beni da parte del concedente, né la facoltà di smaltirli da parte del concessionario.

In tal caso, quindi, il concedente non può opporsi alla circolazione di un prodotto nel territorio di uno Stato membro dell’Unione Europea, quando tale prodotto sia stato immesso sul mercato dal concessionario con il consenso preventivo del concedente.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

1. I contratti più diffusi nella distribuzione commerciale

I contratti più diffusi nella distribuzione commerciale sono il procacciamento d’affari, il contratto di agenzia, il contratto di concessione di vendita, il contratto di franchising e il contratto di licenza.

Tali contratti hanno delle affinità e delle caratteristiche peculiari che di seguito illustreremo brevemente.  

Il procacciamento d’affari

Il procacciamento d’affari è uno strumento assai flessibile e privo di particolari obbligazioni da parte di chi conferisce l’autorizzazione, che non andrebbe utilizzato nel caso di collaborazioni stabili.

Infatti il rapporto di procacciatore d’affari si concretizza nell’attività di chi, in via del tutto episodica, raccoglie gli ordini dei clienti trasmettendoli all’imprenditore da cui ha ricevuto l’autorizzazione orale o scritta di procurare affari.

Tale attività dipende esclusivamente dall’iniziativa del procacciatore e ha carattere occasionale, quanto meno rispetto al numero degli affari procurati.

Il contratto di agenzia

Il contratto di agenzia è il principale strumento utilizzato per la creazione di reti vendita ed è caratterizzato dal maggior impianto normativo di riferimento, contenuto nel codice civile, in leggi speciali e negli accordi economici collettivi.

Con tale contratto un’impresa affida stabilmente ad un agente (persona fisica o società) l’incarico di promuovere, nella zona assegnatagli, la conclusione di contratti.

L’agente commerciale svolge, quindi, a titolo di professione abituale, l’incarico di promuovere gli affari relativi a beni o servizi, per conto di produttori, industriali o commerciali.

Nel caso in cui gli venga conferito anche l’incarico di concluderli, assume la veste di agente con rappresentanza o rappresentante di commercio.  

Il contratto di concessione di vendita

Il contratto di concessione di vendita ha per oggetto esclusivamente la fornitura di prodotti industriali o comunque di beni materiali.

Nella concessione di vendita, a parte eventuali pagamenti per materiali pubblicitari e simili, normalmente non è previsto per il concedente alcun compenso addizionale rispetto al prezzo di quanto fornito.

I vincoli di condotta del concessionario sono attenuati e per lo più finalizzati a consentire al concedente un controllo minimo sull’attività del concessionario stesso, il quale, almeno formalmente, non è tenuto ad osservare un particolare “modus operandi” del concedente e a conformarsi all’immagine di quest’ultimo.

L’uso di segni distintivi del concedente è un elemento eventuale ed accessorio del contratto ed il concessionario può, quindi, utilizzare una propria insegna, che, eventualmente affiancata dal marchio del concedente, potrebbe risultare anche preminente rispetto a quest’ultimo.

Il contratto di franchising

Il franchising è un contratto atipico, disciplinato nel nostro ordinamento da una legge speciale, che nella prassi si è andato affermando soprattutto come strumento di distribuzione commerciale all’interno di un singolo Stato.

Con tale contratto vengono disciplinate una pluralità di prestazioni che, se considerate singolarmente, risultano peculiari di altre forme di rapporto, quali ad esempio i rapporti di licenza (di brevetto, di marchio, di know-how) e di concessione di vendita – anche loro atipici – e i rapporti – tipici – di affitto o locazione (di immobili) e di comodato (di attrezzature, arredi, impianti mobili).

Il franchising costituisce, quindi, un’ipotesi di contratto misto o complesso e presenta caratteristiche che lo contraddistinguono dai suddetti rapporti, non tanto sul piano giuridico, quanto nella natura degli obiettivi perseguiti, negli obblighi tra le parti e per la presenza di alcuni vincoli specifici, come quello per il franchisee di conformarsi ad uno standard di condotta prefissato dal franchisor, nel rispetto dell’uniformità di immagine della rete.  

Il contratto di licenza

ll contratto di licenza è lo strumento contrattuale che viene utilizzato nella prassi (usualmente, anche se non esclusivamente, nell’ambito di rapporti di sub-fornitura) per trasferire un brevetto o un know-how da uno Stato ad un altro, a fronte del pagamento di una somma iniziale per la concessione della licenza e delle c.d. royalties sulle unità prodotte e/o vendute.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

19. Può l’agente lavorare nella sede della preponente

Può l’agente lavorare nella sede della preponente?

Con la sentenza 21 novembre 2018, C-452/17, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato che un agente di commercio può svolgere la sua attività promozionale presso la sede della preponente.

Più precisamente la Corte di Giustizia ha stabilito che l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 86/653 deve essere interpretato nel senso che la circostanza che un soggetto (incaricato in maniera permanente di trattare per conto della preponente la vendita o l’acquisto di merci ovvero di trattare e di concludere dette operazioni in nome e per conto della stessa) svolga la propria attività presso la sede della preponente non osta a che detto soggetto possa essere qualificato come “agente commerciale” ai sensi di tale disposizione, purché ciò non impedisca allo stesso di esercitare la sua attività in maniera indipendente.

In particolare, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea, affinché un soggetto possa essere qualificato come “agente commerciale” è necessaria la sussistenza delle tre seguenti condizioni:

  • il soggetto deve avere la qualifica di intermediario indipendente;
  • il soggetto deve collaborare in maniera stabile con la preponente;
  • il soggetto deve esercitare un’attività che può consistere o nel trattare la vendita o l’acquisto di merci per la preponente o nel trattare e concludere tali operazioni in nome e per conto di quest’ultima.

In buona sostanza, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea ai fini della qualificazione di un soggetto come “agente commerciale” non rileva il fatto che l’attività promozionale sia svolta dentro o fuori la sede della preponente, ma rileva la coesistenza di tutte e tre le condizioni sopra indicate, che attestano l’indipendenza e l’autonomia di un soggetto rispetto alla preponente.

La sentenza in commento è interessante, in quanto non preclude a priori le tutele previste dalla direttiva europea 86/653 sugli agenti di commercio a tutti quei soggetti che svolgono la loro attività all’interno della sede della preponente, come ad esempio i venditori delle concessionarie d’auto e/o dei mobilifici, a condizione che tali soggetti esercitino la loro attività in maniera del tutto indipendente e autonoma.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

18. Il contratto di agenzia in Polonia

Il contratto di agenzia in Polonia è regolato dagli articoli 758 e seguenti del codice civile polacco. Tali articoli sono stati in parte modificati a seguito del recepimento nell’ordinamento polacco della direttiva 86/653/CEE sugli agenti di commercio.

In Polonia l’agente di commercio può essere sia una persona fisica, sia una persona giuridica.

Il diritto polacco non prevede alcuna forma particolare né alcun obbligo di registrazione del contratto, sebbene a fini probatori sia preferibile concludere il contratto per iscritto. Peraltro l’art. 758 §2 del codice civile polacco stabilisce che ciascuna parte ha diritto ad ottenere la conferma scritta del contenuto contrattuale pattuito e delle clausole dirette a modificare o completare il contratto, non essendo ammessa la rinuncia a tale diritto.

In Polonia il contratto di agenzia può essere a tempo determinato o indeterminato, ma non è prevista la possibilità di pattuire un periodo di prova.

Da un contratto di agenzia a tempo indeterminato ciascuna parte può recedere concedendo all’altra parte i seguenti termini di preavviso:

  • un mese per il primo anno;
  • due mesi per il secondo anno;
  • tre mesi a partire dal terzo anno in poi.

Tuttavia le parti possono stabilire contrattualmente termini di preavviso superiori rispetto a quelli sopra indicati, purché valgano sia per la preponente sia per l’agente.

A prescindere dal fatto che il contratto sia a tempo determinato o a tempo indeterminato, secondo il diritto polacco, ogni contraente può recedere senza necessità del termine di preavviso qualora vi sia una “circostanze straordinarie” che giustifica la cessazione immediata del contratto.

Le “circostanze straordinarie” che legittimano il recesso in tronco della preponente sono:

  • la violazione dell’obbligo di fedeltà da parte dell’agente;
  • la violazione dell’obbligo di esclusiva da parte dell’agente;
  • l’appropriazione da parte dell’agente di somme di spettanza della preponente.

Le “circostanze straordinarie” che, invece, legittimano il recesso in tronco dell’agente sono:

  • la violazione dell’obbligo di esclusiva da parte della preponente;
  • la violazione dell’obbligo di salvaguardare la sfera commerciale dell’agente;
  • i significativi ritardi della preponente nella produzione e consegna dei beni.

In caso di risoluzione del contratto (a tempo determinato o indeterminato), se l’agente ha acquisito nuovi clienti per la preponente o ha sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti preesistenti, l’agente medesimo ha diritto ad un indennizzo, se la preponente ottiene dalla precedente attività dell’agente sensibili vantaggi come prima e se il pagamento dell’indennizzo corrisponde ad equità.   L’indennizzo non deve superare l’importo medio annuale delle provvigioni ottenute dall’agente negli ultimi cinque anni; se, invece, l’intera durata del rapporto contrattuale è inferiore, l’indennizzo viene calcolato sul relativo periodo.

Al contrario, l’agente non ha diritto ad alcun indennizzo se:

  • il contratto di agenzia è stato risolto dalla preponente a causa di una colpa grave dell’agente medesimo;
  • il recesso è stato esercitato dall’agente, a meno che il recesso non sia dovuto a circostanze imputabili alla preponente o sia conseguenza di malattia, salute cagionevole o vecchiaia dell’agente;
  • l’agente, con il consenso del preponente, ha trasferito ad un terzo i propri diritti e doveri.

Nel contratto di agenzia può essere pattuito un divieto di concorrenza post-contrattuale, la cui durata non può superare i due anni. Il diritto polacco non stabilisce però l’ammontare dell’indennità dovuta all’agente in tal caso, lasciando alle parti la possibilità di determinare l’importo di tale indennità.

Laddove nel contratto di agenzia non siano specificato l’importo dovuto all’agente relativamente al patto di non concorrenza post-contrattuale, l’agente ha diritto alla corresponsione di un’indennità commisurata al vantaggio che la preponente ottiene per effetto del divieto di concorrenza.

Una peculiarità del diritto polacco è costituita dal fatto che la preponente può revocare per iscritto il divieto di concorrenza post-contrattuale previsto in un contratto di agenzia fino alla cessazione del contratto stesso, ma in tal caso la preponente è tenuta a corrispondere all’agente il relativo indennizzo per sei mesi.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

17. Il contratto di agenzia nella Repubblica di San Marino

Nella Repubblica di San Marino manca una legge che disciplina in maniera specifica il contratto di agenzia, ma esiste unicamente la legge n. 125 del 31 ottobre 1990, che disciplina i requisiti per l’esercizio dell’attività di agente di commercio.

In base ad un’interpretazione letterale di tale legge sembrerebbe che nel diritto sanmarinese sia ammissibile solo la figura dell’agente-persona fisica e non anche quella dell’agente-persona giuridica (art. 3).

Nella Repubblica di San Marino un agente di commercio prima di iniziare la sua attività deve darne comunicazione all’Ufficio Tributario, all’Ufficio del Lavoro e all’Istituto Sicurezza Sociale per l’iscrizione nei ruoli dei lavoratori indipendenti.

Inoltre, secondo la suddetta legge n. 125 del 31 ottobre 1990, costituiscono requisiti necessari per l’esercizio dell’attività di agente di commercio il possesso di:

  • una specifica licenza, che viene rilasciata dall’Ufficio Industria Artigianato e Commercio, previo pagamento della tassa sulle licenze commerciali;
  • una patente commerciale che attesta le capacità professionali del soggetto che intende svolgere l’attività di agente.

Per quanto non diversamente previsto dalla legge n. 125 del 31 ottobre 1990 agli agenti di commercio si applicano le norme sul commercio in generale contenute nella legge n. 130 del 26 luglio 2010.

A San Marino un contratto di agenzia può essere stipulato oralmente o per iscritto, posto che il diritto sanmarinese non impone per i contratti alcun particolare requisito di forma.

Tuttavia è sempre opportuno formalizzare per iscritto un contratto di agenzia, anche per disciplinare in maniera dettagliata gli obblighi dell’agente e quelli del preponente, poiché nel diritto sanmarinese mancano del tutto leggi e norme speciali che si occupano di tali aspetti.

Inoltre, stante l’assenza di una normativa specifica sui contratti di agenzia, nel diritto sanmarinese manca pure una norma di legge che disciplina la durata e lo scioglimento del contratto di agenzia, con la conseguenza che anche tali aspetti dovranno essere dettagliatamente regolamentati nel contratto individuale di agenzia.

Infine si segnala che a San Marino non esistono norme o leggi che riconoscono all’agente il diritto ad ottenere un’indennità in caso di cessazione del rapporto, così come non esistono nemmeno norme o leggi che obbligano il preponente a corrispondere all’agente un’indennità per vincolare quest’ultimo a non esercitare attività in concorrenza dopo la cessazione del contratto di agenzia.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

16. Contratto di agenzia e periodo di prova secondo la Corte di Giustizia europea

Contratto di agenzia e periodo di prova secondo la Corte di Giustizia europea

Con la sentenza 19 aprile 2018, C-645/16, la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è occupata della problematica riguardante l’inserimento di un periodo di prova all’interno di contratto di agenzia.

Più precisamente alla Corte di Giustizia sono state sottoposte le due seguenti questioni:

  • se sia o meno in contrasto con la direttiva europea 86/653 sugli agenti di commercio la pattuizione di un periodo di prova in un contratto di agenzia;
  • se sia o meno applicabile l’art. 17 della direttiva europea 86/653 nel caso in cui la cessazione del contratto di agenzia avvenga durante il periodo di prova ivi previsto.

Riguardo alla prima questione, la Corte di Giustizia ha stabilito che, considerato che nessuna disposizione della direttiva europea 86/653 disciplina la pattuizione di un periodo di prova, si deve ritenere che una pattuizione del genere, che ricade nella libertà contrattuale delle parti, non è di per sé vietata dalla stessa direttiva.

Riguardo alla seconda questione, la Corte di Giustizia ha stabilito che è applicabile l’art. 17 della direttiva europea 86/653 quando la cessazione del contratto di agenzia si verifica nel corso del periodo di prova.

Sarà, quindi, interessante notare se la giurisprudenza italiana (e conseguentemente la prassi contrattuale) si uniformerà alla sentenza 19 aprile 2018 della Corte di Giustizia dell’Unione europea, posto che in Italia, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, è lecito inserire in un contratto di agenzia un periodo di prova con facoltà per entrambe le parti di recedere dal contratto durante tale periodo, senza obbligo di preavviso o di pagamento dell’indennità sostitutiva e senza obbligo di pagamento dell’indennità di fine rapporto.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

15. Il contratto di agenzia in Austria

Il contratto di agenzia in Austria è regolato dalla legge sugli agenti di commercio del 1993, che ha recepito nell’ordinamento austriaco la direttiva 86/653/CEE.

L’agente di commercio può essere sia una persona fisica, sia una persona giuridica.

La legge austriaca non stabilisce alcuna forma particolare per il contratto di agenzia, ma in ogni momento ciascuna delle parti può pretendere dall’altra una stesura per iscritto dell’accordo.

In Austria il contratto di agenzia può essere a tempo determinato o indeterminato.

Da un contratto di agenzia a tempo indeterminato ciascuna parte può recedere concedendo all’altra parte i seguenti termini di preavviso:

  • un mese per il primo anno;
  • due mesi per il secondo anno;
  • tre mesi per il terzo anno;
  • quattro mesi per il quarto anno;
  • cinque mesi per il quinto anno;
  • sei mesi a partire dal sesto anno in poi.

Tuttavia le parti possono stabilire contrattualmente termini di preavviso superiori rispetto a quelli sopra indicati.

A prescindere dal fatto che il contratto sia a tempo determinato o a tempo indeterminato, secondo la legge austriaca, ogni contraente può recedere senza necessità del termine di preavviso qualora vi sia un grave motivo che giustifica la cessazione immediata del contratto.

  • I gravi motivi che autorizzano la preponente a recedere in tronco sono:
  • violazione del rapporto di fiducia da parte dell’agente (ad esempio accettazione di compensi da parte dei clienti, trasmissione di ordini fittizi);
  • mancata visita della clientela da parte dell’agente;
  • compimento di atti denigratori nei confronti della preponente;
  • malattia grave o morte dell’agente;
  • fallimento dell’agente.

I gravi motivi che autorizzano, invece, l’agente a recedere in tronco sono:

  • violazione del rapporto di fiducia da parte della preponente;
  • mancato pagamento delle provvigioni;
  • compimento di atti denigratori nei confronti dell’agente;
  • fallimento della preponente.

In caso di risoluzione del contratto (a tempo determinato o indeterminato), se l’agente ha acquisito nuovi clienti per la preponente o ha sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti preesistenti, l’agente medesimo ha diritto ad un indennizzo, se la preponente ottiene dalla precedente attività dell’agente sensibili vantaggi come prima e se il pagamento dell’indennizzo corrisponde ad equità.

L’indennizzo non deve superare l’importo medio annuale delle provvigioni ottenute dall’agente negli ultimi cinque anni; se, invece, l’intera durata del rapporto contrattuale è inferiore, l’indennizzo viene calcolato sul relativo periodo.

Al contrario, l’agente non ha diritto ad alcun indennizzo se:

  • il contratto di agenzia è stato risolto dalla preponente a causa di una colpa grave dell’agente medesimo;
  • il recesso è stato esercitato dall’agente, a meno che il recesso non sia dovuto a circostanze imputabili alla preponente o sia conseguenza di malattia, salute cagionevole o vecchiaia dell’agente;
  • l’agente, con il consenso del preponente, ha trasferito ad un terzo i propri diritti e doveri.

A differenza di quanto avviene in quasi tutti i Paesi UE, la legge austriaca vieta espressamente l’inserimento del patto di non concorrenza post-contrattuale all’interno di un contratto di agenzia.

© FTA avvocati. All Rights Reserved

Pagina 20 di 26

2024 © FTA avvocati. All Rights Reserved | www.ftavvocati.com & Avv. Ivan Fasciani P.I. 04042220964 – Avv. Alberto Trapani P.I. 07146360727