Le collaborazioni rese in regime di partita IVA dopo i decreti attuativi del Jobs Act

Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2015, uno dei decreti attuativi del Jobs Act, sono stati abrogati gli articoli da 61 a 69 del d.lgs. n. 276/2003 (c.d. riforma Biagi) relativi alla disciplina delle collaborazioni a progetto e di quelle rese in regime di partita IVA.

In particolare, con riferimento alle collaborazioni rese in regime di partita IVA, il Jobs Act ha abolito i requisiti introdotti dalla legge n. 92/2012 (c.d. riforma Fornero) per la genuinità delle collaborazioni a partita IVA, che stabiliva la conversione, dapprima in collaborazioni a progetto e, se il progetto mancava, in rapporti di lavoro subordinato delle prestazioni lavorative rese da persone titolari di partita IVA solo al ricorrere di almeno due dei seguenti requisiti:

  • collaborazione con il medesimo committente di durata complessiva superiore a otto mesi per due anni consecutivi;
  • corrispettivo derivante dalla collaborazione e, pur se fatturato a soggetti diversi, riconducibile al medesimo centro di imputazione di interessi, superiore all’80% dei corrispettivi annui complessivamente percepiti nell’arco di due anni solari consecutivi;
  • assegnazione del collaboratore di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.

Inoltre, a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2015, le prestazioni delle false partite IVA potranno essere ricondotte nell’alveo della subordinazione in presenza delle prove tradizionali attestanti:

  • la mancanza di autonomia;
  • l’assoggettamento al potere direttivo e disciplinare dell’imprenditore;
  • l’utilizzo dei mezzi di lavoro del datore;
  • l’inserimento stabile all’interno del processo produttivo;
  • la continuità della prestazione;
  • la determinazione delle modalità della prestazione da parte del committente;
  • la personalità della prestazione.

Infine il d.lgs. n. 81/2015 ha introdotto una sanatoria per le collaborazioni autonome in regime di partita IVA di dubbia genuinità con scadenza successiva al 1° gennaio 2016, a condizione che:

  • i lavoratori interessati alle assunzioni sottoscrivano in sede protetta un accordo conciliativo finalizzato a definire eventuali controversie di natura economica inerenti al pregresso rapporto di lavoro ed alla relativa qualificazione;
  • i datori di lavoro si impegnino a non recedere dai rapporti di lavoro neo-instaurati, se non per giusta causa o giustificato motivo oggettivo, nei dodici mesi successivi alle assunzioni.

Il vantaggio della stabilizzazione consisterebbe nel fatto che con l’assunzione a tempo indeterminato verrebbero ad estinguersi tutti gli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali connessi all’eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro, fatti salvi gli illeciti accertati a seguito degli accessi ispettivi effettuati in data antecedente all’assunzione stessa.

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