Con ordinanza n. 14777 del 27 maggio 2021 la Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione ha rimesso alla Sezione lavoro la decisione in merito alla tutela applicabile nel caso di un licenziamento disciplinare ritenuto sproporzionato rispetto a una condotta che non risultava specificatamente elencata dal CCNL applicato tra quelle punibili con sanzione conservativa.
Infatti la Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione ha criticato alla luce dei principi di uguaglianza e ragionevolezza la tesi dominante espressa negli ultimi anni secondo cui il licenziamento disciplinare illegittimo è soggetto a tutela reintegratoria (fatta salva l’ipotesi dell’insussistenza del fatto) solo nel caso in cui il contratto collettivo tipizza la condotta inadempiente e la riconduce ad una sanzione conservativa.
In particolare, l’art. 18, 4° e 5° comma, dello Statuto dei Lavoratori (nella versione modificata dalla c.d. legge Fornero) prevede, in caso di licenziamento disciplinare ingiustificato, una duplice possibile tutela:
- reintegratoria e indennitaria, se il giudice accerta l’insussistenza del fatto contestato o che questo rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa, sulla base delle previsioni del contratto collettivo o del codice disciplinare;
- meramente indennitaria, negli altri casi.
Il più recente orientamento della Corte riduce l’ambito della previsione delle “condotte punibili con una sanzione conservativa” alle sole ipotesi in cui il contratto collettivo o il codice disciplinare del datore di lavoro abbiano tipizzato i casi punibili con la sanzione conservativa, delineandone tutti gli elementi costitutivi.
La Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione (che è quella a cui è demandata la pronuncia su questioni sulle quali la Corte si è ormai pronunciata in maniera uniforme, ma che può dissentirne, rimettendo la questione alla Sezione lavoro), investita del giudizio che verte sulle conseguenze di un licenziamento per giusta causa, ha rilevato l’irrazionalità del suddetto recente orientamento, in ragione del fatto che i contratti collettivi solo raramente “tipicizzano” le ipotesi disciplinari, utilizzando invece, quanto meno come norma di chiusura, formule generiche (inadempimento lieve e grave, negligenza lieve etc.).
Inoltre, secondo la suddetta Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, i contratti collettivi non decidono se tipizzare o usare formule generiche in funzione della disciplina di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. Del resto ciò sarebbe assurdo, quando a redigere il codice disciplinare sia unilateralmente il datore di lavoro.
Infine, secondo la Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione, appare discriminatorio trattare diversamente ipotesi tipizzate e altre che hanno, nell’intenzione dei contraenti collettivi o del datore di lavoro, identica rilevanza disciplinare, ma che sono espresse con formule riassuntive e/o generiche.
In conclusione, la Sezione Sesta Civile della Corte di Cassazione ha rimesso alla normale udienza di trattazione in contraddittorio presso la Sezione lavoro la rivalutazione della questione in considerazione dei rilievi sopra esposti.
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