Tag: contratto agenzia

36. Determinazione contrattuale dei motivi di recesso per giusta causa

Con la sentenza del 14 febbraio 2019 la Corte di Appello di Brescia si è pronunciata sul tema della determinazione contrattuale dei motivi di recesso per giusta causa.

In particolare, nella suddetta sentenza la Corte di Appello di Brescia ha dichiarato la validità delle clausole che prevedono una tipizzazione delle ipotesi di recesso per giusta causa e cioè una predeterminazione nel contratto individuale di agenzia delle circostanze che integrano gli estremi della giusta causa.  

In buona sostanza, la Corte territoriale bresciana ha ritenuto lecita la determinazione contrattuale dei motivi di recesso per giusta causa.

La pronuncia in commento è destinata a far discutere, in quanto la tipizzazione dei motivi di recesso per giusta causa non solo consentirebbe alle parti di qualificare a priori come “giusta causa” anche situazioni che non integrano gli estremi di cui all’art. 2119 del codice civile, ma sostanzialmente rappresenterebbe un “doppione” dell’istituto della clausola risolutiva espressa.

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11. Differenza tra monomandato e esclusiva

Nella prassi i concetti di monomandato ed esclusiva vengono spesso confusi tra di loro, essendo erroneamente considerati come sinonimi.

In realtà tali concetti sono distinti e hanno finalità diverse.

Per poter meglio cogliere tale distinzione occorre fornire prima una definizione dei due concetti.

Il concetto di monomandato è previsto esclusivamente dagli Accordi Economici Collettivi (i cosiddetti “A.E.C.”), secondo cui è agente monomandatario l’agente che si obbliga a prestare la propria attività in favore di un’unica preponente.

L’esclusiva in favore della preponente, invece, è prevista anche dal codice civile e implica per l’agente il divieto di assumere nella zona contrattualmente assegnata incarichi per conto di imprese in concorrenza con la stessa preponente.

E’ evidente, quindi, la differenza tra esclusiva e monomandato, considerando che:

  • con la clausola di monomandato la preponente impedisce all’agente di assumere incarichi per qualunque altra preponente, incluse, quindi, le preponenti che trattano prodotti non in concorrenza;
  • con la clausola di esclusiva in favore della preponente, invece, quest’ultima impedisce all’agente di assumere, nella zona contrattualmente assegnata, incarichi da parte di preponenti che trattano prodotti in concorrenza, con la conseguenza che (in presenza di una clausola di plurimandato) l’agente può assumere in tale zona incarichi da parte di preponenti che trattano prodotti non in concorrenza.

Infatti la finalità della clausola di monomandato è quella di far sì che l’agente impieghi le proprie energie unicamente per la promozione dei prodotti della preponente, mentre la finalità della clausola di esclusiva è quella di evitare che l’agente svolga in una determinata zona attività promozionale per prodotti in concorrenza.

Pertanto, in presenza di una clausola di monomandato l’agente deve operare per un’unica preponente a prescindere dal tipo di prodotti e dalla zona di riferimento, mentre in presenza di una clausola di esclusiva in favore della preponente (e in regime di plurimandato) l’agente può assumere incarichi nella stessa zona di riferimento da parte di preponenti che trattano prodotti non in concorrenza.

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9. La responsabilità dell’agente in caso di furto del campionario

Gli Accordi Economici Collettivi (cosiddetti A.E.C.) sia del settore commercio, sia del settore industria disciplinano espressamente l’addebito del campionario.

In particolare:

  • l’art. 4 dell’A.E.C. settore commercio 16 febbraio 2009 stabilisce che il contratto può prevedere l’addebito totale o parziale del valore del campionario all’agente, nel solo caso di mancata o parziale restituzione o di danneggiamento non derivante dal normale utilizzo, mentre è vietato l’addebito del campionario all’agente per motivi diversi;
  • l’art. 3 dell’A.E.C. settore industria 30 luglio 2014 stabilisce che il valore del campionario affidato all’agente potrà essere addebitato in caso di mancata o parziale restituzione o di danneggiamento non dovuto alla normale usura da utilizzo, mentre non è consentito l’addebito del campionario all’agente per motivi diversi.

In base ad una interpretazione letterale delle suddette norme degli A.E.C. sembra possibile addebitare all’agente il valore del campionario in caso di furto, in quanto tale fattispecie non configura un caso di mancata restituzione e/o di danneggiamento derivante dal normale utilizzo del campionario.

A sostegno della tesi della responsabilità dell’agente in caso di furto del campionario va considerato anche che:

  • di solito nei contratti individuali di agenzia si precisa che la preponente rimane proprietaria dei campionari che affida all’agente in comodato d’uso;
  • ai sensi dell’art. 1804 c.c. il comodatario è tenuto a custodire ed a conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia;
  • in base alle norme sulla responsabilità del comodatario, in caso di furto del bene in comodato, il comodatario è responsabile per colpa non in caso di semplice prevedibilità ed evitabilità dell’evento, ma qualora, avuto riguardo alle circostanze concrete, il comodatario stesso non abbia posto in essere tutte le attività richieste dall’ordinaria diligenza (ad esempio la chiusura dell’autovettura a chiave con i vetri completamente alzati e con il sistema di allarme antifurto inserito durante le soste, anche temporanee; il ricovero dell’autovettura in rimesse private o pubbliche durante le ore notturne).

Pertanto l’agente, per essere esonerato dalla sua responsabilità in caso di furto del campionario, deve riuscire a dimostrare in un eventuale giudizio di aver adottato tutte le misure richieste dall’ordinaria diligenza per evitare tale furto, posto che la mera denuncia penale da parte dell’agente non è di per sé elemento idoneo a liberarlo da tale responsabilità.

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3. Restituzione degli anticipi provvigionali

Sia la giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. Sez. lavoro 20/3/2015 n. 5715), sia la giurisprudenza di merito (Trib. Monza Sez. lavoro 7/7/2015) sono tornate ad occuparsi del tema della restituzione degli anticipi provvigionali corrisposti agli agenti.

Il contenzioso tra agente e preponente relativamente alla restituzione degli anticipi provvigionali si verifica per lo più al termine del rapporto di agenzia (specie nel caso in cui è l’agente a recedere), quando la preponente ha corrisposto all’agente provvigioni in eccesso rispetto a quelle effettivamente maturate da quest’ultimo e/o in generale rispetto ai crediti di quest’ultimo derivanti a qualsiasi titolo dal rapporto di agenzia.

Come ribadito dalle due sentenze sopra menzionate, che si inseriscono in un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in materia, la restituzione in via giudiziale, ai sensi dell’art. 2033 c.c., degli anticipi provvigionali corrisposti in eccesso ad un agente presuppone che:

  • nel contratto di agenzia sia specificato che si tratta di un “anticipo provvigionale soggetto a successivo conguaglio”;
  • nell’oggetto delle fatture sia inserita la dicitura “anticipo provvigionale” e non quella “provvigioni” o quella “minimo garantito”;
  •  l’avvenuto pagamento degli anticipi provvigionali da parte della preponente sia provato in via documentale (ad es. attraverso la produzione in giudizio delle copie delle disposizioni di bonifico);
  • la preponente dimostri in giudizio la mancata maturazione da parte dell’agente del diritto alle provvigioni ricevute.

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1. legittimo il recesso per giusta causa della preponente se l’agente utilizza espressioni critiche

È legittimo il recesso per giusta causa della preponente se l’agente utilizza espressioni critiche aventi determinate caratteristiche

Con la sentenza 24/4/2015 il Tribunale di Palermo – Sezione Lavoro ha ritenuto legittimo il recesso per giusta causa intimato da una banca ad un promotore finanziario, che aveva utilizzato nei confronti della preponente espressioni critiche aventi le seguenti caratteristiche:

  • intento di conseguire ingiustificati vantaggi personali per il promotore anche a detrimento degli interessi della banca;
  • modalità tali da generare discredito fuori dall’ambito dei diretti interlocutori del promotore (e cioè i suoi manager), coinvolgendo anche soggetti estranei alla banca.

In particolare il Tribunale di Palermo ha stabilito che quando le critiche di un agente nei confronti della preponente hanno le caratteristiche sopra indicate vengono superati i limiti entro i quali – secondo una precedente sentenza della Cassazione (Cass. n. 12873/2004) – è lecito per un agente manifestare espressioni critiche verso la preponente.

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