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87. Licenziamento del lavoratore che durante l’orario di lavoro utilizza l’auto aziendale per motivi privati come da relazione investigativa

Con ordinanza n. 3607 del 12 febbraio 2025 la Cassazione Civile Sezione Lavoro si è pronunciata sulla legittimità del licenziamento del lavoratore che, per motivi privati, utilizza l’auto aziendale durante l’orario di lavoro.

La Suprema Corte ha dichiarato legittimo il licenziamento irrogato al lavoratore a seguito del procedimento disciplinare iniziato con contestazione riferita a episodi di uso del mezzo aziendale per fini extra-lavorativi in orario di lavoro accertati in svariate giornate come da relazione investigativa, ritenuti provati e rientranti nell’ambito degli artt. 2119 c.c. e dell’art. 40 del CCNL per gli addetti all’industria chimica, chimico-farmaceutica, delle fibre chimiche e del settore abrasivi, lubrificanti e GPL del 19.7.2018 applicato al rapporto di lavoro in questione, che prevede la sanzione del licenziamento per l’ipotesi di “irregolare scritturazione, timbratura di cartellino/badge o altra alterazione dei sistemi aziendali di controllo e di presenza effettuate con dolo”.

Con tale provvedimento la Corte di Cassazione ha altresì ritenuto pienamente legittima l’attività investigativa finalizzata a verificare i suddetti comportamenti fraudolenti del dipendente idonei a danneggiare l’azienda escludendo la violazione della privacy, perché il controllo è stato effettuato in luoghi pubblici e allo scopo di accertare le cause dell’allontanamento dal posto di lavoro.

In proposito la Suprema Corte ha ribadito in generale che i controlli del datore di lavoro, anche a mezzo di agenzia investigativa, sono legittimi ove siano finalizzati a verificare comportamenti del lavoratore, che possano integrare attività fraudolente fonti di danno per il datore medesimo non potendo, invece, avere ad oggetto l’adempimento/inadempimento della prestazione lavorativa in ragione del divieto di cui agli artt. 2 e 3 dello Statuto dei lavoratori.

In particolare, nel caso da cui trae origine il provvedimento in esame, la Cassazione ha ritenuto che:

  • il controllo del datore di lavoro non era diretto a verificare le modalità di adempimento della prestazione lavorativa, bensì la condotta fraudolenta di assenza del dipendente dal luogo di lavoro, nonostante la timbratura del badge;
  • non sussiste neppure la lamentata violazione della privacy del dipendente seguito nei suoi spostamenti, in quanto il controllo era effettuato in luoghi pubblici e finalizzato ad accertare le cause dell’allontanamento;
  • l’attività fraudolenta del lavoratore è stata ravvisata nella falsa attestazione della presenza in servizio e nell’utilizzo personale del mezzo aziendale, nonostante il lavoratore stesso fosse autorizzato a usare detto mezzo solo per motivi attinenti all’attività lavorativa;
  • la sanzionabilità dell’attività del dipendente, comunque riscontrabile nell’utilizzo improprio della vettura e dell’orario lavorativo retribuito, prescinde dall’integrazione di una fattispecie di reato o dalla quantificazione del danno.

 

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86. Richiesta del lavoratore durante la malattia di usufruire delle ferie non godute

Con ordinanza n. 1373 del 20 gennaio 2025 la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro si è pronunciata sulla legittimità della richiesta del lavoratore assente per malattia di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute.

In tale provvedimento la Corte di Cassazione ha ribadito che sussiste un’incompatibilità assoluta tra malattia e ferie, per cui il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare al datore di lavoro la fruizione delle ferie maturate e non godute allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto.

A tale facoltà non corrisponde tuttavia un obbligo del datore di lavoro di accettare comunque la richiesta del lavoratore, ove ricorrano ragioni organizzative di natura ostativa.

La Suprema Corte ha quindi enunciato il principio che in un’ottica di bilanciamento degli interessi contrapposti, nonché in ossequio alle clausole generali di correttezza e buona fede, è necessario che le dedotte ragioni datoriali per respingere la richiesta del lavoratore siano concrete ed effettive.

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85. Le principali novità del c.d. Collegato lavoro

In data 28 dicembre 2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la legge 17 dicembre 2024 n. 203, c.d.  Collegato lavoro, che contiene anche “Disposizioni in materia di lavoro” ed è entrata in vigore il 12 gennaio 2025.

Il provvedimento, che si compone di 34 articoli, è di ampia portata e comprende disposizioni in materia di:

  • rapporti di lavoro in generale
  • contratti a tempo determinato e di somministrazione
  • ammortizzatori sociali e politiche formative
  • previdenziale e assicurativa
  • salute e sicurezza sul lavoro

Esaminiamo qui di seguito in maniera sintetica tali novità.

Disposizioni in materia di rapporti di lavoro in generale

  • Fatte salve le previsioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova nell’ambito del rapporto di lavoro a tempo determinato è fissata in un giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro. In ogni caso, non può essere inferiore a 2 né superiore a 15 giorni per i contratti con durata massima di 6 mesi, e non può essere inferiore a 2 e superiore a 30 giorni per quelli con durata da 6 a 12 mesi.
  • Comunicazioni telematiche delle prestazioni di lavoro svolte in modalità agile. I nominativi dei lavoratori e la data di inizio e di fine delle prestazioni in smart working vanno comunicati entro 5 giorni dalla data di avvio del periodo. L’evento modificativo della durata o della cessazione del periodo di lavoro svolto in modalità agile deve essere comunicato entro i 5 giorni successivi alla data in cui si verifica.
  • In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, per un periodo superiore a 15 giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla competente sede dell’Ispettorato del Lavoro, che può verificarne la veridicità. Ne consegue la risoluzione del rapporto di lavoro per volontà del lavoratore e a tale fattispecie non si applica la disciplina vigente in materia di dimissioni telematiche. Tale previsione non si applica se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano l’assenza.
  • Disciplina dei contratti misti: potranno accedere alla tassazione agevolata (c.d. regime forfettario) i professionisti iscritti in albi o registri professionali che svolgono la propria prestazione nei confronti di datori di lavoro con più di 250 dipendenti, anche se risultano già assunti dagli stessi con contratto di lavoro subordinato a tempo parziale e indeterminato. L’applicazione del regime agevolato necessita che il contratto subordinato preveda un orario pari a un minimo del 40% e a un massimo del 50% del tempo pieno e soltanto se il contratto di lavoro autonomo è certificato dagli organi competenti e qualora non si configuri (rispetto al contratto di lavoro subordinato) alcuna forma di sovrapposizione riguardo all’oggetto e alle modalità della prestazione, nonché all’orario e alle giornate di lavoro.
  • Unico contratto di apprendistato duale: è introdotta la possibilità di trasformare l’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, anche nella terza tipologia di apprendistato, ossia quella concernente l’apprendistato di alta formazione e di ricerca.
  • Procedimenti di conciliazione in materia di lavoro: è previsto che i procedimenti di conciliazione in materia di lavoro possano svolgersi in modalità telematica e mediante collegamenti audiovisivi secondo le modalità che saranno stabilite in un apposito decreto attuativo. Fino all’entrata in vigore di tale decreto attuativo i suddetti procedimenti continueranno a svolgersi secondo le modalità vigenti.

 

Disposizioni in materia di contratti a tempo determinato e di somministrazione

  • Esclusi dal computo dei limiti quantitativi relativi alla somministrazione a tempo determinato di lavoratori (che non può superare il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei medesimi contratti) i casi in cui la somministrazione a termine riguardi lavoratori assunti dal somministratore a tempo indeterminato o lavoratori con determinate caratteristiche o assunti per determinate esigenze (svolgimento di attività stagionali o di specifici spettacoli, start-up, sostituzione di lavoratori assenti, lavoratori con più di 50 anni).
  • Eliminata la previsione secondo cui, se il contratto tra agenzia di somministrazione e lavoratore è a tempo indeterminato, non trovano applicazione i limiti di durata complessiva della missione a tempo determinato presso un soggetto utilizzatore (e attualmente pari a 24 mesi).
  • Interpretazione autentica della disposizione che definisce le caratteristiche delle attività stagionali escluse dall’ambito di applicazione dei termini dilatori per la riassunzione a tempo determinato di un lavoratore se richiamate nei contratti collettivi. In particolare, si intendono attività stagionali (oltre quelle previste dal D.P.R. n. 1525/1963) le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria.

 

Disposizioni in materia di ammortizzatori sociali e di politiche formative

  • Sospensione della prestazione di cassa integrazione per le giornate di lavoro subordinato o di lavoro autonomo svolte durante il periodo di integrazione salariale. Il lavoratore decade dal diritto al trattamento di integrazione salariale nel caso in cui non abbia provveduto a dare preventiva comunicazione alla sede territoriale dell’INPS dello svolgimento dell’attività lavorativa. Le comunicazioni telematiche previste dalla legge assolvono l’obbligo del lavoratore.
  • Incremento di 5 milioni di euro delle risorse destinate alla copertura delle spese di amministrazione degli enti privati gestori di attività formative.
  • Estensione a tutte le tipologie di apprendistato delle risorse destinate annualmente per la formazione del solo apprendistato professionalizzante.
  • Istituzione presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito, dell’Albo delle buone pratiche dei PCTO, al fine di condividere e diffondere soluzioni organizzative ed esperienze di eccellenza e dell’Osservatorio nazionale per i PCTO, con compiti di sostegno delle attività di monitoraggio e di valutazione dei medesimi percorsi.

 

Disposizioni in materia previdenziale e contributiva

  • Dal 1° gennaio 2025 sarà possibile rateizzare fino ad un massimo di 60 rate mensili i debiti per contributi, premi e accessori di legge, dovuti all’INPS e all’INAIL e non affidati agli agenti della riscossione, nei casi da definirsi con decreto ministeriale e secondo i requisiti, i criteri e le modalità successivamente stabiliti da un atto emanato dal consiglio d’amministrazione di ciascuno dei due enti.
  • Uniformati i tempi di presentazione delle domande di accesso ad Ape Sociale e di pensionamento anticipato con requisito contributivo ridotto, prevedendo che tali domande siano presentate entro il 31 marzo, il 15 luglio e, comunque, non oltre il 30 novembre di ciascun anno.
  • A queste misure si aggiunge inoltre l’estensione del c.d. legittimo impedimento per i liberi professionisti iscritti in albi anche ai casi di parto della libera professionista e ai casi di ricovero ospedaliero del figlio minorenne che necessita di assistenza da parte del genitore libero professionista.

 

Disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro

  • Relazione annuale sullo stato della sicurezza nei luoghi di lavoro: entro il 30 aprile di ogni anno, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali rende comunicazioni alle Camere sullo stato della sicurezza nei luoghi di lavoro, con riferimento all’anno precedente, nonché sugli interventi da adottare per migliorare le condizioni di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro e sugli orientamenti e i programmi legislativi che il Governo intende adottare per l’anno in corso.
  • Formazione continua dei medici competenti: utilizzando i dati dell’anagrafe nazionale dei crediti formativi, il Ministero della salute verificherà periodicamente il mantenimento del requisito della partecipazione al programma di educazione continua in medicina ai fini della permanenza nell’elenco dei medici competenti istituito presso il medesimo Ministero.
  • Visite mediche: in un’ottica di semplificazione, si prevede che il medico competente possa tener conto, nella prescrizione di esami clinici e biologici e di indagini diagnostiche ritenuti necessari in sede di visita preventiva, delle risultanze dei medesimi esami e indagini già effettuati dal lavoratore e risultanti dalla copia della cartella sanitaria e di rischio, al fine di evitarne la ripetizione. Con riferimento all’obbligo di visita medica precedente alla ripresa del lavoro per i casi di assenza del lavoratore, per motivi di salute, di durata superiore a 60 giorni continuativi previsto dalla normativa vigente, l’obbligo permane solo qualora la visita sia ritenuta necessaria dal medico competente che, altrimenti, è tenuto ad esprimere il  giudizio di idoneità alla mansione specifica.

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84. L’immediatezza della contestazione nel procedimento disciplinare

Con ordinanza n. 30314 del 25 novembre 2024 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema dell’immediatezza della contestazione nel procedimento disciplinare.

In particolare, la Suprema Corte ha ribadito innanzitutto che l’immediatezza (o tempestività) della contestazione deve essere rapportata ai fattori che possono cagionare il ritardo dell’azienda nell’effettuare la contestazione al lavoratore quali possono essere il tempo necessario per l’accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell’impresa stessa.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha precisato che la valutazione sulla immediatezza (o tempestività) della contestazione disciplinare è riservata solo al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici.

In buona sostanza, il requisito della tempestività (o immediatezza) va inteso in senso relativo e va valutato dal giudice anche in rapporto alle dimensioni della società datrice di lavoro e/o alla eventuale complessità delle indagini necessarie per l’accertamento dell’illecito disciplinare.

 

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83. I limiti territoriali del patto di non concorrenza nel contratto di lavoro subordinato

L’art. 2125 del codice civile disciplina il patto di non concorrenza nel contratto di lavoro subordinato e stabilisce, tra gli altri requisiti, che tale patto a carico dell’ex dipendente sia nullo ove il vincolo non sia contenuto entro determinati limiti di luogo.

Il concetto di “territorio” di cui all’art. 2115 del codice civile deve essere interpretato in maniera elastica in quanto più coerente con la realtà socio-economica in cui agiscono attualmente gli operatori economici, per cui il luogo non deve essere inteso come parametro fisico dove collocare o meno una postazione di lavoro (specie per i lavori di natura intellettuale ed eseguiti per il tramite di strumenti tecnologi e rete internet), bensì deve essere inteso quale “spazio” nel quale si riflettono gli effetti della prestazione lavorativa del dipendente in questione.

In buona sostanza, per determinare il luogo di applicazione del patto di non concorrenza non ci si deve concentrare sul luogo dove si svolge il lavoro, ma sul mercato di riferimento a cui il lavoro è destinato.

 

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82. Illegittimo il licenziamento per rimborsi spese indebiti senza prova del dolo del lavoratore

Con ordinanza n. 23053 del 23 agosto 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla proporzionalità della sanzione del licenziamento senza preavviso per giusta causa nel caso di un lavoratore, che aveva presentato alla datrice di lavoro alcune note di rimborso spese errate con conseguente rimborso non dovuto pari ad € 365,20.

Nell’ordinanza in commento la Suprema Corte è tornata in particolare a trattare il tema delle conseguenze e delle tutele applicabili in caso di difetto di proporzionalità del licenziamento rispetto al fatto contestato, ribadendo che:

  • la valutazione della non proporzionalità rientra tra le ipotesi in cui è possibile applicare la reintegrazione nel posto di lavoro, solo se lo scollamento tra la gravità della condotta e la sanzione adottata emerga da una disposizione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, che preveda per tale fattispecie l’applicazione di una sanzione conservativa;
  • in caso contrario la sproporzione tra la condotta e la sanzione espulsiva rientra sempre nelle “altre ipotesi” in cui non sussistono gli estremi della giusta causa o del giustificato motivo soggettivo, che comportano l’applicazione della tutela indennitaria forte ex art. 18, comma 5°, della legge n. 300 del 1970.

La Corte di Cassazione ha ritenuto, quindi, che in astratto non va esclusa a priori l’esistenza di una giusta causa di licenziamento (giudizio da effettuarsi tenendo presenti la natura e la qualità del rapporto di lavoro, la qualità e il grado del vincolo di fiducia connesso al rapporto di lavoro, l’entità della violazione commessa e l’intensità dell’elemento soggettivo), ma nel caso concreto la sanzione applicata dalla datrice di lavoro alla condotta è sproporzionata rispetto all’entità della violazione commessa dal lavoratore, soprattutto in assenza di un fine illecito collegato alla medesima condotta, dato che nel giudizio di merito non è emersa l’esistenza di un preventivo accordo tra il lavoratore e il direttore, che ha autorizzato il suddetto rimborso spese, tale da fare opinare una collusione volta a frodare l’azienda.

Pertanto, sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento in questione per difetto di proporzionalità così come stabilito dal Tribunale in sede di opposizione Fornero e dalla Corte di Appello, che – da un lato – hanno dichiarato risolto il rapporto di lavoro respingendo la domanda di reintegrazione del lavoratore, ma – dall’altro lato – hanno condannato la società datrice di lavoro al pagamento di una indennità risarcitoria pari a 20 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.

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81. L’obbligo di repechage nel licenziamento per giustificato motivo oggettivo

Con l’ordinanza n. 17036 del 20 giugno 2024  la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’obbligo di repechage in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

In particolare, la Suprema Corte ha affermato che l’obbligo datoriale di repéchage è limitato alle mansioni inferiori compatibili con il bagaglio professionale di cui il lavoratore è dotato al momento del licenziamento, che non necessitino di una specifica formazione che il medesimo lavoratore non abbia.

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione, applicando il suddetto principio di diritto, ha ritenuto incensurabile la sentenza impugnata con la quale la Corte territoriale aveva accertato l’incapacità dei ricorrenti allo svolgimento delle mansioni inferiori di addetto al servizio mensa, se non seguendo un idoneo percorso di riqualificazione professionale, in quanto entrambi i lavoratori licenziati erano provvisti di un idoneo bagaglio professionale.

In buona sostanza, con l’ordinanza in commento la Suprema ha stabilito che, in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, la datrice di lavoro ha un obbligo di repechage dei lavoratori licenziati anche in relazione alle eventuali mansioni inferiori disponibili in azienda, ma non ha invece un obbligo alla specifica formazione dei medesimi lavoratori per rendere possibile lo svolgimento delle eventuali mansioni inferiori disponibili in azienda.

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80. Legittimo il licenziamento per violazione delle procedure aziendali

Con ordinanza n. 6827 del 14 marzo 2024 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità del licenziamento per giusta causa di due lavoratori che avevano violato le procedure aziendali esponendo la datrice di lavoro ad un danno economico e a sanzioni amministrative.

Più precisamente tale licenziamento per giusta causa ai sensi e per gli effetti dell’art. 2119 del codice civile ha avuto ad oggetto il caricamento, effettuato dai lavoratori in contrasto con le procedure aziendali, di merce di significativo valore commerciale (lamiere), che non corrispondeva ai regolari documenti di trasporto ed era di maggior valore rispetto a quanto ivi indicato, su un automezzo destinato ad uno specifico cliente della datrice di lavoro e fermato a seguito di ispezione.

La Suprema Corte ha confermato la responsabilità disciplinare di entrambi i lavoratori per aver operato, per la parte di rispettiva competenza, in maniera gravemente difforme rispetto alla prassi e alle regole aziendali, esponendo l’azienda al pericolo di un danno economico grave e al rischio di far circolare merci con irregolari documenti di trasporto, con possibili conseguenze amministrative.

Con l’ordinanza in commento la Corte di Cassazione ha pertanto ritenuto la sanzione disciplinare espulsiva comminata ad entrambi i lavoratori adeguata e proporzionata alla gravità dei fatti contestati.

Riguardo al concetto di proporzionalità e di giusta causa ex art. 2119 c.c. la Suprema Corte ha infine evidenziato che:

  • la giusta causa di licenziamento e la proporzionalità della sanzione disciplinare sono nozioni che la legge, allo scopo di adeguare le norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura con disposizioni ascrivibili alla tipologia delle c.d. clausole generali, che sono di contenuto illimitato e delineano un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama;
  • le specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è, quindi, deducibile in sede di legittimità davanti alla Suprema Corte come violazione di legge, mentre invece l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e la loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento ex art. 2119 del codice civile si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, che è demandato al Giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) ed è incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici.

 

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79. Legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo a seguito della scelta di sostituire un dipendente con un agente di commercio

Con sentenza n. 1539 del 25 marzo 2024 il Tribunale di Napoli Sezione lavoro si è pronunciato sulla legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogato dalla datrice di lavoro ad una dipendente per soppressione del posto di lavoro e sostituzione della medesima dipendente con un agente di commercio.

In particolare, nel caso in questione la datrice di lavoro ha ricondotto il suddetto licenziamento alla decisione di “sopprimere la posizione lavorativa di addetto alla rete commerciale per l’Area Campania e Basilicata” ricoperta dalla dipendente.

Nella comunicazione di licenziamento la datrice di lavoro ha comunicato l’impossibilità di procedere ad una ricollocazione della dipendente licenziata in quanto le mansioni precedentemente svolte dalla ricorrente sono state affidate ad un agente di commercio.

In buona sostanza, rispetto al giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro ha rappresentato la necessità del licenziamento a fronte della scelta aziendale di soppressione della posizione lavorativa, per uniformare le modalità di gestione degli affari su tutto il territorio.

Parte resistente ha, infatti, dedotto che la propria rete commerciale è sempre stata costituita esclusivamente da agenti, tranne che nel caso della ricorrente, allegando la volontà di addivenire ad una uniformità di trattamento economico e normativo, al fine anche di facilitare la propria gestione contabile – amministrativa.

La datrice di lavoro ha depositato in atti i contratti di agenzia stipulati nel corso degli anni con i singoli agenti, dando così prova dell’effettiva organizzazione aziendale secondo lo schema riportato in giudizio, confermando che l’unica inquadrata come dipendente era effettivamente la ricorrente.

È risultato in causa altresì pacifico – in quanto riportato da entrambe le parti – che, prima di procedere al licenziamento, la posizione di agente era stata offerta anche alla ricorrente, che l’ha rifiutata.

Pertanto, il Tribunale di Napoli ha ritenuto effettivamente sussistente il giustificato motivo oggettivo posto dalla resistente a fondamento del licenziamento della ricorrente.

A supporto il Tribunale ha ribadito che in tema di giustificato motivo oggettivo la giurisprudenza di legittimità ha da anni affermato il principio secondo cui in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo la verifica del giudice circa la legittimità del recesso si deve concentrare su tre elementi:

  • l’effettività delle ragioni poste dal datore di lavoro a giustificazione della decisione di ridimensionamento e riassetto organizzativo del personale, con la precisazione, tuttavia, che tale indagine deve essere limitata al dato oggettivo e non può estendersi ad un sindacato sull’opportunità della scelta fatta dal datore di lavoro, rispetto a cui l’imprenditore gode dell’autonomia garantita dall’art. 41 Cost.;
  • l’esistenza del nesso di causalità tra l’individuazione del posto da sopprimere rispetto al riassetto organizzativo;
  • l’inesistenza di soluzioni alternative al licenziamento.

Alla luce di tali elementi il licenziamento per giustificato motivo oggettivo a seguito della scelta della datrice di lavoro di sostituire un dipendente con un agente di commercio è stato ritenuto legittimo dal Tribunale di Napoli Sezione Lavoro e la domanda di impugnativa da parte della dipendente è stata quindi rigettata con la sentenza in commento.

 

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78. La novità in materia di lavoro subordinato a tempo determinato

È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 28 febbraio 2024 la legge n. 18 del 23 febbraio 2024 di conversione del D.L. n. 215 del 30 dicembre 2023 c.d. Decreto Milleproroghe, che contiene una novità in materia di contratto di lavoro a tempo determinato.

Come noto, il Decreto Lavoro n. 48 del 4 maggio 2023 era intervenuto in materia di causali giustificatrici per i rapporti di lavoro a tempo determinato prevedendo la possibilità, fino alla data del 30 aprile 2024, di stipulare contratti a tempo determinato di durata superiore ai 12 mesi in presenza di accordo individuale tra le parti, fatto salvo quanto previsto dai contratti collettivi e per la sostituzione di altri lavoratori.

La suddetta legge di conversione del Decreto Milleproroghe ha invece fissato al 31 dicembre 2024 il termine per l’utilizzo della causale prevista dall’art. 24 del citato Decreto Lavoro e cioè “per esigenze di natura tecnica organizzativa o produttiva individuate dalle parti”.

In buona sostanza, con il c.d. Decreto Milleproroghe è stata prorogata sino al 31 dicembre 2024 la possibilità per le parti del contratto individuale di lavoro di individuare esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva che giustifichino l’apposizione, nei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, di un termine superiore ai 12 mesi e fino a 24 mesi.

 

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