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51. Decreto Fisco sulla sicurezza nei luoghi di lavoro

Con il decreto legge n. 146 del 21 ottobre 2021, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 21 ottobre 2021, il Governo ha introdotto delle modifiche al decreto legislativo n. 81/2008, meglio noto come Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

In particolare, il Governo ha rafforzato il sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro (SINP), prevedendo una maggiore condivisione delle informazioni in esso contenute, riguardo: (i) il quadro produttivo e occupazionale, tenendo conto dei settori di attività, delle dimensioni, della consistenza e qualificazione delle imprese e delle dinamiche occupazionali; (ii) il quadro dei rischi generato dalla elaborazione di dati personali e giudiziari, anche in un’ottica di genere; (iii) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici, contenente i dati su infortuni e malattie professionali, eventi morbosi e mortali classificati per settore di attività.

L’attività di vigilanza, finora svolta dalle ASL, viene affidata anche all’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), a cui in precedenza era stata assegnata essenzialmente quella nel settore delle costruzioni edili o di genio civile.

Per rendere la vigilanza più incisiva viene favorito un maggior coordinamento di ASL e Ispettorato Nazionale del Lavoro per l’attività svolta a livello provinciale.

Inoltre il Governo ha sostituito la norma del Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro che regola il potere di sospensione per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, attribuendolo pure agli ispettori dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che possono disporre la sospensione dell’attività quando riscontrano “che almeno il 10 per cento dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro nonché, a prescindere dal settore di intervento, in caso di gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro di cui all’Allegato I”, anch’esso sostituito con la previsione per la prima volta degli importi delle somme aggiuntive dovute per ottenere la revoca della sospensione inflitta.

Infine, il Governo ha introdotto modifiche alla norma del Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro che disciplina i compiti degli organismi paritetici e alle notifiche preliminari richieste in presenza di cantieri temporanei e mobili, le quali verranno raccolte in un’apposita banca dati istituita presso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

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64. Quando matura il diritto dell’agente alla provvigione

Con sentenza n. 223 del 7 ottobre 2021 la Corte di Appello di Brescia – Sezione lavoro si è pronunciata anche sul momento in cui matura il diritto dell’agente alla provvigione, stabilendo quanto segue.

In base alla legge 15 febbraio 1999, n. 65, di attuazione della Direttiva Europea in materia di contratti di agenzia, che ha modificato l’art. 1748 codice civile, per tutti gli affari conclusi durante il contratto, l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento (art. 3 della legge che ha così modificato l’art. 1748 codice civile, comma 1) e, salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui la preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico (art. 3 della legge che ha così modificato l’art. 1748 codice civile, comma 4).

Relativamente all’art. 1748 codice civile, comma 4, di recente Corte di Cassazione, nella pronuncia n. 3483 del 2020 ha affermato che: “in tal modo la legge… ha distinto tra il momento di acquisizione della provvigione e il momento di esigibilità della provvigione già acquisita. Il momento di acquisizione è il momento in cui l’operazione promossa dall’agente è stata conclusa tra le parti; il momento di esigibilità è il momento in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione. Nella nuova disciplina giuridica, dunque, il fatto costitutivo della provvigione è la conclusione del contratto. Condizione di esigibilità è invece l’esecuzione del contratto da parte del preponente: la provvigione è esigibile nel momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione. Non è quindi necessaria la prova del buon fine dell’affare e cioè, in sostanza, dal pagamento del prezzo da parte del cliente“.

Pertanto, secondo la sentenza in esame della Corte di Appello di Brescia, la legge 15 febbraio 1999, n. 65 di attuazione della Direttiva Europea in materia di contratti di agenzia prevede una disciplina di maggior tutela del diritto alle provvigioni da parte dell’agente sia per quanto riguarda il momento genetico, sia in merito all’onere probatorio, nel senso che l’agente che afferma il diritto al pagamento della provvigione è tenuto a fornire soltanto la prova della conclusione dell’affare per effetto del proprio intervento e non del buon fine dello stesso.

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63. Diritto dell’agente alla provvigione e onere della prova

Con sentenza n. 223 del 7 ottobre 2021 la Corte di Appello di Brescia – Sezione lavoro si è pronunciata sul tema della ripartizione dell’onere della prova nelle cause in cui un agente agisce in giudizio per ottenere il pagamento delle provvigioni.

In particolare, in tale sentenza la Corte adita ha stabilito che:

  • in linea generale, è pacifico che nei contratti a prestazione corrispettive e di durata, la prova del diritto alla controprestazione passa necessariamente dalla dimostrazione non soltanto della fonte negoziale, ma anche dell’esecuzione della propria prestazione e questa dimostrazione grava senz’altro, ex art. 2697 codice civile, sulla parte che deduce l’inadempimento del contratto;
  • in materia di contratti di agenzia il suddetto principio generale di diritto implica che l’agente che agisce in giudizio per ottenere dalla preponente il pagamento di provvigioni non corrispostegli, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del suo diritto, ovvero deve provare, oltre che la sussistenza del rapporto di agenzia, l’avvenuta conclusione dell’affare, per quanto tale prova possa avvenire mediante ogni mezzo, finanche facendo ricorso alle presunzioni e tenendo altresì conto, secondo più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità, anche del principio – riconducibile all’art. 24 Costituzione e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova;
  • sotto quest’ultimo profilo, è da ricordare che l’art. 1748 codice civile riconosce il diritto dell’agente di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate e, al riguardo, va considerato che la documentazione in possesso della preponente può rivelarsi indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, attraverso precisi dati quantitativi, le allegazioni dell’agente, sia in materia di affari sia in materia di altri diritti derivanti dal rapporto di agenzia, sicché non è imputabile all’agente la carenza di indicazione di dati quantitativi, laddove derivi dall’inadempimento dell’obbligo di informazioni posto dalla legge a carico del preponente.

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62. Le indennità spettanti all’agente in caso di cessazione del contratto di agenzia

Con la sentenza n. 1120 del 2021 la Corte di Appello di L’Aquila si è pronunciata sul tema delle indennità spettanti all’agente in caso di cessazione del contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza Corte territoriale adita ha stabilito che nel caso di cessazione del contratto di agenzia all’agente sono dovute, alternativamente, due tipologie di indennità: quelle legali e quelle negoziali.

Le prime riguardano l’indennità di cessazione del rapporto e sono disciplinate dall’art. 1751 cod. civ. Esse non possono essere riconosciute all’agente che abbia esercitato il recesso senza alcuna responsabilità del preponente e comunque ai fini del loro riconoscimento non è sufficiente la provvista di nuovi clienti o il sensibile incremento degli affari con quelli vecchi, ma occorre anche che alla cessazione del rapporto il preponente continui a ricevere sostanziali vantaggi dai clienti procurati dall’agente, ovvero dall’incremento di affari con i preesistenti.

Nel secondo gruppo vanno invece ricomprese tre tipologie di indennità: l’indennità di risoluzione del rapporto (erogata mediante gli accantonamenti eseguiti presso l’apposito fondo gestito da Enasarco), l’indennità suppletiva di clientela e quella meritocratica.

La prima (FIRR) è dovuta in ogni caso di cessazione del mandato, mentre per le altre due occorre distinguere l’indennità suppletiva di clientela (ISC), che è dovuta quando il contratto si scioglie su iniziativa dell’agente per circostanze attribuibili alla casa mandante, e l’indennità meritocratica (IM) che spetta all’agente allo scioglimento del contratto solo nel caso in cui l’importo complessivo del FIRR e dell’indennità suppletiva di clientela non superi il massimale stabilito per l’indennità di fonte legale e l’agente, al momento della cessazione, abbia procurato nuovi clienti o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti.

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50. I soggetti sottoposti al controllo del green pass

Dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, tutti i lavoratori, ai fini dell’accesso nei luoghi di lavoro, devono possedere ed esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19.

In particolare, tale obbligo si applica a:

  • lavoratori dipendenti
  • lavoratori in somministrazione
  • lavoratori autonomi e collaboratori
  • datori di lavoro
  • soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di lavoro
  • lavoratori che accedono ai luoghi di lavoro anche sulla base di contratti esterni (manutentori, ecc.)

In buona sostanza sono obbligati ad avere il green pass tutti i lavoratori che accedono all’azienda (dipendenti, liberi professionisti, appaltatori, fornitori, collaboratori famigliari, volontari, ecc.), mentre non è previsto tale obbligo nei confronti delle persone esenti dalla campagna vaccinale (aventi certificato valido rilasciato da medico certificatore della campagna vaccinale) o clienti (per esempio, in un negozio).

Tale obbligo si applica anche per i lavoratori che, pur non accedendo all’interno della sede aziendale, operano in attività esterne come cantieri, ecc.

I datori di lavoro devono attivare la procedura di controllo sulle certificazioni verdi (green pass) così come richiesto dal decreto legge 21 settembre 2021 n. 127.

Le modalità di verifica previste nella procedura operativa richiedono un controllo frequente in quanto le disposizioni vigenti non consentono ai datori di lavoro o agli incaricati al controllo di acquisire informazioni circa la durata della validità della certificazione verde. È infatti vietato raccogliere fotocopie o fare fotografie delle certificazioni.

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49. Le FAQ del Governo sul controllo del green pass

Qui di seguito le risposte del Governo alle domande più frequenti riguardo al controllo dei green pass.

1) Come devono avvenire i controlli sul green pass dei lavoratori nel settore pubblico e in quello privato?

Ogni amministrazione/azienda è autonoma nell’organizzare i controlli, nel rispetto delle normative sulla privacy e delle linee guida emanate con il Dpcm 12 ottobre 2021. I datori di lavoro definiscono le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. È opportuno utilizzare modalità di accertamento che non determinino ritardi o code all’ingresso. Nelle pubbliche amministrazioni, laddove l’accertamento non avvenga al momento dell’accesso al luogo di lavoro, esso dovrà avvenire su base giornaliera, prioritariamente nella fascia antimeridiana della giornata lavorativa, potrà essere generalizzato o a campione, purché in misura non inferiore al 20% del personale presente in servizio e con un criterio di rotazione che assicuri, nel tempo, il controllo su tutto il personale dipendente. Oltre all’app “VerificaC19”, saranno rese disponibili per i datori di lavoro, pubblici e privati, specifiche funzionalità che consentono una verifica quotidiana e automatizzata del possesso delle certificazioni. Tali verifiche potranno avvenire attraverso:

  • l’integrazione del sistema di lettura e verifica del QR code del certificato verde nei sistemi di controllo agli accessi fisici, inclusi quelli di rilevazione delle presenze, o della temperatura;
  • per gli enti pubblici aderenti alla Piattaforma NoiPA, realizzata dal Ministero dell’economia e delle finanze, l’interazione asincrona tra la stessa e la Piattaforma nazionale-DGC;
  • per i datori di lavoro con più di 50 dipendenti, sia privati che pubblici non aderenti a NoiPA, l’interazione asincrona tra il Portale istituzionale INPS e la Piattaforma nazionale-DGC; per le amministrazioni pubbliche con almeno 1.000 dipendenti, anche con uffici di servizio dislocati in più sedi fisiche, una interoperabilità applicativa, in modalità asincrona, tra i sistemi informativi di gestione del personale e la Piattaforma nazionale-DGC.

2) Come è possibile, per i soggetti che non possono vaccinarsi per comprovati motivi di salute, dimostrare di poter accedere al luogo di lavoro?

I soggetti che, per comprovati motivi di salute, non possono effettuare il vaccino contro il COVID-19, dovranno esibire un certificato contenente l’apposito “QR code” in corso di predisposizione. Nelle more del rilascio del relativo applicativo, il personale esente – previa trasmissione della relativa documentazione sanitaria al medico competente dell’amministrazione di appartenenza – non potrà essere soggetto ad alcun controllo.

3) I soggetti che hanno diritto al green pass ma ne attendono il rilascio o l’aggiornamento come possono dimostrare di poter accedere al luogo di lavoro?

Per i soggetti in attesa di rilascio di valida certificazione verde e che ne abbiano diritto, nelle more del rilascio e dell’eventuale aggiornamento, sarà possibile avvalersi dei documenti rilasciati, in formato cartaceo o digitale, dalle strutture sanitarie pubbliche e private, dalle farmacie, dai laboratori di analisi, dai medici di medicina generale e dai pediatri di libera scelta.

4) Quali provvedimenti deve prendere il datore di lavoro che accerta che il dipendente abbia effettuato l’accesso alla sede di servizio pur essendo sprovvisto di green pass? Quali sanzioni rischia il lavoratore?

Il lavoratore, pubblico o privato, è considerato assente ingiustificato, senza diritto allo stipendio, fino alla presentazione del green pass; nel caso di aziende con meno di 15 dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta.
Nel caso in cui il lavoratore acceda al luogo di lavoro senza green pass, il datore di lavoro deve poi effettuare una segnalazione alla Prefettura ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa. Infatti il lavoratore che accede al luogo di lavoro senza green pass è soggetto, con provvedimento del Prefetto, a una sanzione amministrativa che va da 600 a 1.500 euro. Vengono poi applicate anche le sanzioni disciplinari eventualmente previste dai contratti collettivi di settore. Oltre alla retribuzione, non sarà più versata al lavoratore senza green pass qualsiasi altra componente della retribuzione, anche di natura previdenziale, avente carattere fisso e continuativo, accessorio o indennitario, previsto per la giornata di lavoro non prestata. I giorni di assenza ingiustificata non concorrono alla maturazione delle ferie e comportano la perdita della relativa anzianità di servizio.

5) Da chi devono essere effettuati i controlli sul green pass dei lavoratori che arrivano da società di somministrazione? Dalla società di somministrazione o dall’azienda in cui vengono distaccati?
I controlli devono essere effettuati da entrambe, sia dalla società di somministrazione, sia dall’azienda presso la quale il lavoratore svolge la propria prestazione.

6) I protocolli e le linee guida di settore contro il COVID-19, che prevedono regole sulla sanificazione delle sedi aziendali, sull’uso delle mascherine e sui distanziamenti, possono essere superati attraverso l’utilizzo del green pass?

No, l’uso del green pass è una misura ulteriore che non può far ritenere superati i protocolli e le linee guida di settore.

7) I clienti devono verificare il green pass dei tassisti o degli autisti di vetture a noleggio con conducente?

I clienti non sono tenuti a verificare il green pass dei tassisti o dei conducenti di NCC.

8) I parrucchieri, gli estetisti e gli altri operatori del settore dei servizi alla persona devono controllare il green pass dei propri clienti? E i clienti devono controllare il green pass di tali operatori?

Il titolare dell’attività deve controllare il pass dei propri eventuali dipendenti ma non deve richiederlo ai clienti, né questi ultimi sono tenuti a chiederlo a chi svolge l’attività lavorativa in questione.

9) È necessario verificare il green pass dei lavoratori autonomi che prestano i propri servizi a un’azienda e che per questo devono accedere alle sedi della stessa?

Sì, tutti coloro che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nelle sedi dell’azienda sono soggetti al controllo.

10) È possibile per il datore di lavoro verificare il possesso del green pass con anticipo rispetto al momento previsto per l’accesso in sede da parte del lavoratore?
Sì. Nei casi di specifiche esigenze organizzative, i lavoratori sono tenuti a rendere le comunicazioni relative al mancato possesso del green pass con il preavviso necessario al datore di lavoro per soddisfare tali esigenze.

11) Quali sanzioni rischia il datore di lavoro che non effettua le verifiche previste per legge?
Il datore di lavoro che non controlla il rispetto delle regole sul green pass è punito con una sanzione amministrativa che va da 400 a 1.000 euro.

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48. La sospensione dal servizio in caso di rifiuto a vaccinarsi contro il Covid-19

Con ordinanza n. 2467 del 23 luglio 2021 il Tribunale di Modena ha affrontato la questione dibattuta del rifiuto a vaccinarsi contro il Covid-19 da parte dei lavoratori, stabilendo che il datore di lavoro è legittimata a sospenderli dal servizio con conseguente blocco del pagamento dello stipendio.

Nella suddetta ordinanza viene sottolineato che il datore di lavoro si pone “come garante della salute e della sicurezza dei dipendenti e dei terzi che per diverse ragioni si trovano all’interno dei locali aziendali e ha quindi l’obbligo ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile di adottare tutte le misure di prevenzione e protezione che sono necessarie a tutelare l’integrità fisica di lavoratori”.

Il Tribunale di Modena ha incluso il coronavirus tra gli agenti biologici per i quali è doverosa la protezione anche negli ambienti di lavoro, in particolare in quello sanitario, anche prima, come nel caso di specie, dell’entrata in vigore del Decreto Legge n. 44 del 2021, che ha fissato l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario.

Con l’ordinanza in commento il Giudice ha ritenuto pienamente legittimo il provvedimento di sospensione senza retribuzione adottato dal datore di lavoro operante nella RSA, impugnato con ricorso delle due addette no-vax con mansioni sanitarie.

In conclusione, va sottolineato che il Giudice non ha affermato che il datore di lavoro può obbligare i lavoratori no-vax a vaccinarsi; invece, ha stabilito che, in base alle norme di legge vigenti, al datore di lavoro è consentito di procedere con la sospensione del dipendente che si oppone alla somministrazione del vaccino.

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61. Prescrizione dell’indennità di incasso

Con la sentenza n. 22523 del 9 agosto 2021 la Corte di Cassazione – Sezione lavoro si è pronunciata sul tema del termine di prescrizione dell’indennità di incasso nel contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha stabilito che in tema di contratto di agenzia, l’indennità sostituiva di incasso è assoggettata alla prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 del codice civile analogicamente al termine di prescrizione a cui sono assoggettate le provvigioni, stante il vincolo di accessorietà che sussiste tra l’attività di incasso (obbligazione accessoria) e l’attività promozionale (obbligazione principale) svolta dall’agente in esecuzione dell’incarico a lui affidato.

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60. Il recesso in pendenza di preavviso equivale a rinuncia

Con sentenza n. 23822 del 2 settembre 2021 la Corte di Cassazione – Sezione lavoro si è occupata del tema del recesso da un contratto di agenzia in pendenza del periodo di preavviso.

In particolare, nella sentenza in esame la Suprema Corte ha sostanzialmente affermato che:

  • durante il periodo di preavviso il rapporto di agenzia è normalmente in essere, in base al principio di ultrattività di tale rapporto;
  • di conseguenza, in caso di recesso ordinario della preponente, nel periodo di preavviso l’agente è tenuto a svolgere la sua attività fino alla data di cessazione del periodo di preavviso;
  • laddove l’agente effettuasse un recesso per asserita giusta causa nel corso del periodo di preavviso e tale recesso fosse poi ritenuto infondato in sede giudiziaria, tale recesso dell’agente integrerebbe una rinuncia al residuo periodo di preavviso e determinerebbe l’anticipata risoluzione del rapporto di agenzia con l’effetto di escludere il diritto dell’agente all’indennità sostitutiva per il preavviso residuo, essendo il preavviso posto nel suo interesse.

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12. Omessa consegna documenti e risoluzione contratto di franchising

Con sentenza n. 3130 del 16 aprile 2021 il Tribunale di Milano si è pronunciato sulle conseguenze della mancata consegna al franchisee (o affiliato) della copia completa del contratto di franchising da sottoscrivere.

In particolare, la sentenza in esame si è occupata di un caso riguardante un franchisor (o affiliante) che ha omesso di consegnare al franchisee (o affiliato) la planimetria, nonostante il contratto prevedesse espressamente tra gli obblighi del franchisor anche quello della consegna della planimetria.

Il Giudice adito ha ritenuto che l’omessa consegna della planimetria integra gli estremi del grave inadempimento con conseguente risoluzione del contratto di franchising, essendosi verificata una violazione dell’art. 4, I comma, della legge n. 129 del 2004, secondo cui almeno trenta giorni prima della sottoscrizione di un contratto di franchising il franchisor deve consegnare all’aspirante franchisee copia completa del contratto da sottoscrivere, corredato dei seguenti allegati, ad eccezione di quelli per i quali sussistano obiettive e specifiche esigenze di riservatezza, che comunque dovranno essere citati nel contratto:

  • principali dati relativi al franchisor, tra cui ragione e capitale sociale e, previa richiesta dell’aspirante franchisee, copia del suo bilancio degli ultimi tre anni o dalla data di inizio della sua attività, qualora esso sia avvenuto da meno di tre anni;
  • l’indicazione dei marchi utilizzati nel sistema, con gli estremi della relativa registrazione o del deposito, o della licenza concessa al franchisor dal terzo, che abbia eventualmente la proprietà degli stessi, o la documentazione comprovante l’uso concreto del marchio;
  • una sintetica illustrazione degli elementi caratterizzanti l’attività oggetto del franchising;
  • una lista dei franchisee al momento operanti nel sistema e dei punti vendita diretti del franchisor;
  • l’indicazione della variazione, anno per anno, del numero dei franchisee con relativa ubicazione negli ultimi tre anni o dalla data di inizio dell’attività del franchisor, qualora esso sia avvenuto da meno di tre anni;
  • la descrizione sintetica degli eventuali procedimenti giudiziari o arbitrali, promossi nei confronti del franchisor che si siano conclusi negli ultimi tre anni, relativamente al sistema di affiliazione commerciale in esame, sia da franchisee sia da terzi privati o da pubbliche autorità, nel rispetto delle vigenti norme sulla privacy.

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