Con la sentenza n. 28932 dell’8 novembre 2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla debenza o meno dell’indennità di risarcimento del danno prevista in caso di trasformazione del contratto a termine in contratto di lavoro a tempo indeterminato per decisione del Giudice, nell’ipotesi in cui il lavoratore si sia dimesso prima della scadenza naturale del medesimo rapporto di lavoro a tempo determinato.
Tale indennità omnicomprensiva, originariamente prevista dall’art. 32, comma 5, e attualmente contenuta nell’art. 28, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, consiste in un risarcimento danni, deciso dal Giudice, che può variare tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del Trattamento di Fine Rapporto.
Nel caso di specie la Suprema Corte ha deciso che, nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato prima della scadenza del termine poi dichiarato nullo dal Giudice, va escluso il riconoscimento del risarcimento del danno in favore del lavoratore che abbia ottenuto la declaratoria di conversione del contratto da tempo determinato a tempo indeterminato, se lo stesso lavoratore sia dimesso prima della scadenza naturale del contratto a tempo determinato.
Ciò perché, secondo il suddetto art. 28, comma 2, del decreto legislativo n. 81 del 2015, tale indennità spetta solo per il periodo c.d. “intermedio” ossia compreso tra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il Giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
Pertanto la Corte di Cassazione ha rigettato la domanda risarcitoria del lavoratore derivante dall’accertamento della nullità del termine del contratto a tempo determinato tra le parti e ha conseguentemente cassato la sentenza di condanna nei confronti della datrice di lavoro al pagamento, a titolo risarcitorio, di un’indennità pari a 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
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