Distribuzione selettiva e violazione del divieto di vendere su Amazon
Con la sentenza 21 dicembre 2016, C-618/15, la Corte di giustizia dell’Unione europea si è pronunciata sul tema della competenza giurisdizionale a decidere una causa promossa da un commerciante di un paese UE facente parte di una rete di distribuzione selettiva, al fine di ottenere il risarcimento dei danni a lui derivati dalla violazione, da parte di commercianti appartenenti a tale rete ed esercenti la loro attività in altri Stati UE, del divieto di vendere i prodotti su vari siti internet di Amazon in diversi paesi europei.
Per meglio comprendere la sentenza in commento è utile innanzitutto fornire alcune informazioni sul contratto di distribuzione selettiva e poi ricostruire brevemente la vicenda da cui ha tratto origine tale sentenza.
Il contratto di distribuzione selettiva è il contratto con cui un produttore instaura un rapporto preferenziale con alcuni negozi al dettaglio, che vengono selezionati in base a determinati requisiti che il produttore ritiene fondamentali per una vendita ottimale dei propri prodotti.
Tale contratto è molto diffuso nella vendita al dettaglio di prodotti hi tech e di prodotti di lusso.
Una delle caratteristiche tipiche di un contratto di distribuzione selettiva consiste nel divieto, imposto al commerciante, di vendere i prodotti a commercianti estranei alla rete di distribuzione selettiva.
Con la diffusione di internet, sempre più spesso nei contratti in questione i produttori impongono ai loro distributori anche il divieto di vendere i prodotti tramite piattaforme di terzi (ad esempio Amazon, E-Bay, ecc.).
Ciò premesso, passiamo ora a ricostruire brevemente la vicenda da cui ha tratto origine la sentenza in esame della Corte di giustizia dell’Unione europea.
La società Concurrence esercita un’attività di vendita al dettaglio di prodotti hi tech, mediante un negozio ubicato in Parigi ed il sito internet di vendita online denominato “concurrence.fr”.
In data 16 marzo 2012 Concurrence stipulava con Samsung un contratto di distribuzione selettiva relativamente ai prodotti di alta gamma del marchio Samsung, ossia la gamma Elite. In particolare tale contratto prevedeva il divieto della vendita su internet dei prodotti in questione.
Dopo la conclusione del suddetto contratto la Samsung contestava alla Concurrence la violazione del contratto di distribuzione selettiva per avere commercializzato i prodotti della gamma Elite sul suo sito internet.
La Concurrence, a sua volta, contestava alla Samsung la legittimità delle clausole di tale contratto affermando, in particolare, che esse non erano applicate in maniera uniforme a tutti i distributori europei, taluni dei quali commercializzavano i prodotti in questione su vari siti internet di Amazon, senza reazione da parte della Samsung.
Con lettera del 20 marzo 2012 la Samsung comunicava alla Concurrence la fine del loro rapporto commerciale con effetto a partire dal 30 giugno 2013.
Seguivano poi tra le parti due giudizi (uno davanti al Tribunale di Parigi e l’altro davanti alla Corte d’Appello di Parigi), in cui la Concurrence era soccombente, sicché quest’ultima adiva la Corte di Cassazione francese.
Nel ricorso proposto dinanzi alla Corte di Cassazione Concurrence rilevava che la sentenza della Corte d’Appello di Parigi aveva dichiarato erroneamente l’incompetenza del giudice francese in relazione ai siti internet di Amazon operanti al di fuori del territorio francese, poiché questi ultimi non riguardavano il pubblico francese. In particolare, secondo la Concurrence, la Corte d’Appello di Parigi avrebbe omesso illegittimamente di verificare se il sistema di vendita sui siti internet di Amazon consentisse di spedire i prodotti messi in vendita non solo nello Stato membro di origine del sito internet interessato, ma anche negli altri Stati membri, e segnatamente in Francia, il che avrebbe consentito di giustificare la competenza del giudice francese.
La Corte di Cassazione francese decideva di sospendere il procedimento e sottoponeva alla Corte di giustizia dell’Unione europea la seguente questione pregiudiziale: “Se l’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 debba essere interpretato nel senso che, in caso di asserita violazione di divieti di rivendita al di fuori di una rete di distribuzione selettiva e su un marketplace, mediante offerte di vendita online su vari siti gestiti in differenti Stati membri, il distributore autorizzato che ritiene di essere leso abbia la facoltà di proporre un’azione inibitoria della turbativa illecita che ne deriva dinanzi all’autorità giurisdizionale del territorio nel quale i contenuti messi online sono o sono stati accessibili, ovvero se debba sussistere un altro collegamento”.
In altri termini, la Corte di Giustizia francese chiedeva alla Corte di giustizia dell’Unione europea come si deve interpretare l’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 al fine di attribuire la competenza giurisdizionale conferita da tale disposizione a conoscere di un’azione risarcitoria promossa per violazione del divieto di vendita al di fuori di una rete di distribuzione selettiva risultante dall’offerta, su siti internet operanti in diversi Stati membri, di prodotti che costituiscono oggetto di tale rete.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha così risposto alla questione pregiudiziale che le è stata sottoposta: “l’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio dev’essere interpretato, al fine di attribuire la competenza giurisdizionale conferita da tale disposizione a conoscere di un’azione risarcitoria promossa per violazione del divieto di vendita al di fuori di una rete di distribuzione selettiva risultante dall’offerta, su siti internet operanti in diversi Stati membri, di prodotti che costituiscono oggetto di detta rete, nel senso che si deve considerare come luogo in cui il danno si è prodotto il territorio dello Stato membro che protegge detto divieto di vendita mediante l’azione in questione, territorio nel quale l’attore asserisce di aver sofferto una riduzione delle proprie vendite.”.
In buona sostanza, con la sentenza in commento la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che, in situazioni analoghe a quelle oggetto del caso in questione, il giudice competente a decidere la controversia è quello dello Stato membro in cui il danno lamentato si concretizza, tenendo conto della riduzione del volume delle vendite subite dal negoziante e della conseguente perdita del suo profitto. Ai fini di tale valutazione si dovrà considerare anche che il sistema di vendita sui siti internet di Amazon consente di spedire i prodotti messi in vendita non solo nello Stato membro di origine del sito internet interessato, ma anche negli altri Stati membri.
In attesa dell’importante decisione della Corte di giustizia dell’Unione europea sul caso Coty Germany GmbH (C-230/16), in cui la Corte dovrà pronunciarsi sulla legittimità o meno di inserire in un contratto di distribuzione selettiva il divieto per i distributori di vendere tramite Amazon, la sentenza qui commentata, seppure attenga ad una questione processuale, attesta che in materia di distribuzione commerciale è sempre più necessaria e urgente una specifica normativa europea sulle vendite attraverso Amazon e gli altri marketplace (E-bay, Zalando, ecc.).
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