Tag: indennità di fine rapporto

92. La questione della legittimità dell’indennità di fine rapporto prevista dagli A.E.C.

Con la sentenza n. 350 del 3 aprile 2024 il Tribunale di Catanzaro si è pronunciato sulla questione della legittimità dell’indennità di fine rapporto prevista dagli Accordi Economici Collettivi (c.d. “A.E.C.”), ribadendo al riguardo i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia europea nella nota sentenza del 23 marzo 2006.

Con la pronuncia C-465/04 del 23 marzo 2006 la Corte di Giustizia europea ha contestato la legittimità dell’indennità di fine rapporto prevista dagli Accordi Economici Collettivi. Tali accordi, secondo la Corte di Giustizia europea, possono derogare alla disciplina dettata dalla direttiva 86/653/CEE solo se, con un’analisi ex ante, dall’applicazione dell’Accordo Economico Collettivo possa derivare all’agente un trattamento economicamente più favorevole rispetto all’indennità di cui all’art. 1751 codice civile.

Dal momento che non sono previsti degli strumenti di calcolo che permettono di pronosticare l’ammontare dell’indennità di fine rapporto ex art. 1751 codice civile e tale indennità può essere conosciuta e calcolata solamente dopo lo scioglimento del rapporto e posto che, secondo la Corte di Giustizia europea, la valutazione sul fatto che il trattamento degli Accordi Economici Collettivi sia (sempre) più favorevole rispetto alla disciplina civilistica di cui all’art. 1751 codice civile deve essere fatto ex ante, è chiaro che, seguendo tale ragionamento, solamente un sistema di calcolo che garantisca sempre il massimo dell’indennità potrà essere considerato in linea con i principi dettati dalla direttiva europea e con la sentenza della Corte di Giustizia europea del 23 marzo 2006.

In particolare, secondo quanto affermato dalla Corte di Giustizia europea nella sentenza del 23 marzo 2006, il raffronto tra le discipline legale e pattizia dev’essere effettuato con riferimento al caso concreto, pervenendosi alla dichiarazione di nullità della parte del contratto risultata sfavorevole all’agente.

Ciò comporta per questo l’onere di provare nel giudizio di merito con dettagliati calcoli conformi ad entrambi i criteri, legale e contrattuale, la differenza peggiorativa, e per la preponente l’onere di provare il contrario, anche attraverso l’eventuale considerazione complessiva delle clausole e la relativa compensazione di vantaggi e svantaggi, ritenendo altresì che l’art. 1751, comma 6, codice civile si interpreta nel senso che il giudice deve sempre applicare la normativa che assicuri all’agente, alla luce delle vicende del rapporto concluso, il risultato migliore, siccome la prevista inderogabilità a svantaggio dell’agente comporta che l’importo determinato dal giudice ai sensi dell’art. 1751 codice civile deve prevalere su quello, inferiore, spettante in applicazione degli Accordi Economici Collettivi.

In tale quadro argomentativo delineato dalla Corte di Giustizia europea, appare comunque in via di consolidamento l’orientamento della Cassazione secondo il quale i criteri di quantificazione dell’indennità di fine rapporto previsti dagli Accordi Economici Collettivi devono considerarsi comunque come un trattamento minimo che deve essere garantito all’agente, salvo la necessità da parte del giudice, una volta riscontrata l’esistenza o meno dei requisiti previsti dall’art. 1751 codice civile, di effettuare una sorta di valutazione caso per caso al fine di valutare l’equità della soluzione derivante dagli Accordi Economici Collettivi con facoltà discrezionale, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto.

 

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91. Le due tipologie di indennità in caso di cessazione del contratto di agenzia

Con la sentenza n. 350 del 3 aprile 2024 il Tribunale di Catanzaro si è pronunciato sulle due tipologie di indennità in caso di cessazione del contratto di agenzia, evidenziandone le differenze.

In particolare, in tale pronuncia il Giudice adito ha affermato quanto segue.

Nel caso di cessazione del contratto di agenzia all’agente sono dovute – alternativamente – due tipologie di indennità: quelle legali e quelle negoziali previste dagli Accordi Economici Collettivi (c.d. “A.E.C.”).

Le indennità legali riguardano l’indennità di cessazione del rapporto e sono disciplinate dall’art. 1751 codice civile. Esse non possono essere riconosciute all’agente che abbia esercitato il recesso senza alcuna responsabilità della preponente e comunque ai fini del loro riconoscimento non è sufficiente la provvista di nuovi clienti o il sensibile incremento degli affari con quelli vecchi, ma occorre anche che alla cessazione del rapporto la preponente continui a ricevere sostanziali vantaggi dai clienti procurati dall’agente ovvero dall’incremento di affari con i clienti preesistenti.

Le indennità negoziali, invece, sono disciplinate dagli Accordi Economici Collettivi e si articolano nelle tre seguenti voci:

  • l’indennità di risoluzione del rapporto (c.d. “FIRR”), che è dovuta in ogni caso di cessazione del contratto di agenzia;
  • l’indennità suppletiva di clientela, che è dovuta quando il contratto si scioglie o ad iniziativa della preponente per fatto non imputabile all’agente o su iniziativa dell’agente per circostanze attribuibili alla preponente
  • l’indennità meritocratica, che spetta all’agente allo scioglimento del contratto solo nel caso in cui l’importo complessivo del FIRR e dell’indennità suppletiva di clientela non superi il massimale stabilito per l’indennità di fonte legale e l’agente, al momento della cessazione, abbia procurato nuovi clienti o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e la preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti.

Più nello specifico, l’art. 1751 codice civile dispone che, all’atto della cessazione del rapporto, la preponente è tenuta a corrispondere all’agente un’indennità se ricorrono le seguenti condizioni:

  • l’agente abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti;
  • la preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
  • il pagamento di tale indennità sia equo, tenendo conto di tutte le circostanze del caso, in particolare delle provvigioni che l’agente perde e che risultano dagli affari con tali clienti.

Il terzo comma dell’art. 1751 codice civile prevede che l’indennità non è dovuta nei tre seguenti casi:

  • quando la preponente risolve il contratto per un’inadempienza imputabile all’agente, la quale per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto;
  • l’agente receda dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività;
  • quando, ai sensi di un accordo con la preponente, l’agente cede ad un terzo i diritti e gli obblighi che ha in virtù del contratto d’agenzia.

Riguardo all’ammontare dell’indennità, il terzo comma dell’art. 1751 codice civile dispone che la stessa non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione.

Il criterio di cui all’ art. 1751 codice civile non contiene alcun metodo di calcolo, ma solo un tetto massimo (ossia un’annualità da calcolarsi secondo la media provvigionale degli ultimi 5 anni) e due condizioni all’avverarsi delle quali è subordinato il maturare dell’indennità, ossia che:

  • l’agente abbia procurato nuovi clienti e/o “intensificato” il fatturato di quelli già esistenti
  • l’indennità sia “equa” alla luce di “tutte le circostanze del caso ivi comprese le provvigioni che l’agente perde a seguito della cessazione del contratto.

Dall’altra parte, la disciplina contrattuale – alternativa – degli Accordi Economici Collettivi (c.d. “A.E.C.”) stabilisce un metodo di calcolo certo e preciso, articolato su tre diverse voci:

  • l’indennità di risoluzione del rapporto (il “FIRR”, costituito da un accantonamento annuale presso l’apposito Fondo gestito dall’Enasarco) calcolata sulla base dei dettami degli AEC;
  • l’indennità suppletiva di clientela, riconosciuta all’agente anche in assenza di un incremento della clientela;
  • l’indennità meritocratica, collegata all’incremento della clientela e/o giro di affari.

 

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89. L’indennità di fine rapporto nel contratto di agenzia

Con la sentenza n. 3713 del 9 febbraio 2024 la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi dell’indennità di fine rapporto di cui all’art. 1751 codice civile.

In particolare, in tale sentenza la Suprema Corte ha stabilito che:

  • l’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 codice civile spetta all’agente quando questi abbia procurato nuovi clienti alla preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e la preponente riceva ancora, dopo la cessazione del rapporto, sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
  • la prova della spettanza del diritto all’indennità di fine rapporto compete all’agente, salvi i temperamenti che discendono dal principio di vicinanza alle fonti di prova riguardo ai fatti la cui dimostrazione possa esser data solo dalla preponente;
  • il giudice deve stabilire se l’indennità sia equa in base ad una verifica in concreto, valutando le sole “circostanze del caso”, intendendosi per tali tutti gli elementi, ulteriori e diversi rispetto a quelli costitutivi, che siano idonei a pervenire ad una adeguata personalizzazione del “quantum” spettante all’agente;
  • l’importo dell’indennità di fine rapporto non può superare una cifra equivalente ad un’indennità annua calcolata sulla base della media delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione;
  • l’art. 17 della direttiva 86/653/CEE del 18 dicembre 1986, relativa al coordinamento del diritto degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, non prevede un calcolo da compiere in maniera analitica, ma consente l’utilizzo di metodi di calcolo diversi e, segnatamente, di metodi sintetici, che valorizzino ampiamente il criterio dell’equità e, quale punto di partenza, il limite massimo di un’annualità media di provvigioni previsto dalla direttiva medesima.

 

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