Tag: agente di commercio

68. Qual è la differenza tra agente e rappresentante di commercio?

Nel linguaggio comune si utilizzano i termini “agente di commercio” e “rappresentante di commercio” come se fossero sinonimi.

Tuttavia, da un punto di vista giuridico, sussiste una differenza tra l’agente di commercio e il rappresentante di commercio, che determina delle conseguenze anche da un punto di vista pratico.

Infatti, in base all’art. 1752 del codice civile, il rappresentante altro non è che un agente a cui la preponente ha conferito il potere di concludere contratti in nome e per conto della stessa preponente.

Da un punto di vista pratico, tale differenza implica che:

  • l’agente ha l’incarico di promuovere la conclusione dei contratti per conto della preponente, raccogliendo gli ordini dei clienti e trasmettendoli alla preponente, che però può rifiutarsi di dare esecuzione a tali ordini;
  • il rappresentante, invece, stipula direttamente i contratti con i clienti in nome e per conto della preponente, la quale non può rifiutarli essendosi già impegnata a darvi esecuzione per effetto dell’obbligazione assunta dal proprio rappresentante.

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52. Impatto delle variazioni unilaterali delle provvigioni sul fatturato dell’agente

Con sentenza n. 115 del 12 novembre 2020 il Tribunale di Mantova si è pronunciato su un caso in cui un agente di commercio si lamentava del fatto che la società preponente aveva ridotto unilateralmente la provvigione, invocando l’applicazione del c.d. Jobs Act del lavoro autonomo.

Innanzitutto il Giudice adito ha escluso l’applicazione al caso di specie del c.d. Jobs Act del lavoro autonomo, in quanto tale provvedimento legislativo prevede che devono considerarsi abusive e prive di effetto le clausole che consentono al datore di lavoro di modificare unilateralmente uno o più elementi del contratto a suo tempo stipulato.

Infatti, per espressa volontà del legislatore, il c.d. Jobs Act del lavoro autonomo si applica a tutti i lavoratori autonomi, purché non siano degli imprenditori oppure “piccoli imprenditori”.

Ebbene, per la prevalente giurisprudenza l’agente di commercio è, a seconda dell’organizzazione e dimensioni della sua attività e dell’investimento di capitali, un imprenditore commerciale ai sensi dell’art. 2082 del codice civile o, quanto meno, un piccolo imprenditore ai sensi dell’art. 2083 del codice civile.

Inoltre, il Tribunale di Mantova ha respinto anche la tesi dell’agente, secondo cui alla fattispecie in esame non si applicano gli Accordi Economici Collettivi (c.d. AEC), posto che le parti hanno aderito a tali accordi non solo per fatti concludenti, ma anche avendo richiamato espressamente la norma collettiva nel contratto individuale di agenzia.

Dopo aver accertato l’applicazione degli AEC al rapporto di agenzia per cui è causa, il Giudice ha considerato applicabile le disposizioni che consentono alla preponente di apportare unilateralmente modifiche al contratto e cioè l’art. 3 del AEC Accordo economico collettivo 16 febbraio 2009 settore commercio.

Pertanto, in coerenza con la lettera e la ratio della norma collettiva sopra richiamata, il Tribunale di Mantova ha ritenuto necessario valutare l’incidenza complessiva della riduzione della percentuale provvigionale sul fatturato dell’agente.

In particolare, secondo la sentenza in commento, non è sufficiente valutare la riduzione dell’aliquota provvigionale rispetto al monte provvigionale complessivamente maturato dal ricorrente nell’anno solare precedente alla variazione, ma bisogna necessariamente aggiungere a tale valutazione anche l’impatto sul fatturato complessivo dell’agente che ha avuto il contestuale abbassamento del prezzo unitario dei prodotti oggetto della variazione.

All’esito dell’istruttoria svolta, il Giudice adito ha reputato che nel caso di specie si è al di fuori dell’ambito di applicazione dell’art. 3 del AEC Accordo economico collettivo 16 febbraio 2009 settore commercio, poiché la modifica alle condizioni contrattuali nel suo complesso ha apportato all’agente un aumento dei suoi guadagni e non una variazione in negativo, con salvezza della ratio della norma collettiva.

In buona sostanza, in base alla sentenza in esame va valutato l’impatto delle variazioni unilaterali delle provvigioni sul fatturato complessivo dell’agente per stabilire l’eventuale illegittimità di tali variazioni.

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51. Obblighi di informazione dell’agente

Con la sentenza n. 27364 del 30 novembre 2020 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema degli obblighi di informazione a carico dell’agente e le conseguenze derivanti in caso di violazione di tali obblighi.

L’obbligo imposto all’agente dall’art. 1746 c.c. di fornire alla preponente informazioni sulle condizioni di mercato nella zona assegnatagli nonché ogni altra informazione utile per valutare la convenienza dei singoli affari, (che si traduce nell’obbligo di informare in generale sullo sviluppo della concorrenza e sulle reali prospettive di penetrazione del mercato) pur avendo carattere secondario e strumentale rispetto all’obbligo principale dell’agente di promuovere la conclusione di affari, può assumere in concreto una rilevanza tale da giustificare, in caso di sua violazione, la risoluzione del rapporto per colpa dell’agente, come avviene quando – secondo la valutazione insindacabile del giudice di merito – l’omissione delle informazioni o l’inesattezza di quelle fornite siano suscettibili di provocare gravi conseguenze negative sull’andamento commerciale dell’impresa preponente.

Nel caso oggetto della sentenza in commento è stato ritenuto che integrasse un’inadempienza grave da parte dell’agente l’inattendibilità dei dati riguardanti l’andamento di mercato nella zona assegnatagli, forniti dallo stesso agente alla preponente e utilizzati da quest’ultima per formulare le sue previsioni di vendita, tenuto conto della vistosa divergenza tra i dati previsionali indicati dall’agente e i risultati di vendita da lui effettivamente realizzati.

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50. Differenze tra contratto di agenzia e procacciamento d’affari

Con la sentenza n. 5246 del 17 settembre 2020 il Tribunale di Roma è tornato a pronunciarsi sulle differenze tra contratto di agenzia e procacciamento d’affari.

In particolare, nella suddetta sentenza il Giudice adito ha affermato che:

  • il procacciatore di affari si distingue dall’agente vuoi perché questi ha il potere – e non l’obbligo – di promuovere affari, vuoi perché esso non ha l’obbligo di osservare le istruzioni impartite dal committente;
  • il rapporto di procacciamento di affari, a differenza del rapporto di agenzia, non è connotato dal requisito della stabilità, intesa come preordinazione del procacciatore a tutti gli affari di una stessa specie, svolti per un lasso di tempo prolungato in una zona determinata e costantemente coordinati alle esigenze dell’attività del preponente;
  • il contratto di agenzia è invece connotato dall’esistenza di un obbligo di promuovere la conclusione di contratti in una zona determinata per conto del preponente con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo, ma anche dalla continuità e dalla stabilità dell’attività svolta dall’agente.

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9. La responsabilità dell’agente in caso di furto del campionario

Gli Accordi Economici Collettivi (cosiddetti A.E.C.) sia del settore commercio, sia del settore industria disciplinano espressamente l’addebito del campionario.

In particolare:

  • l’art. 4 dell’A.E.C. settore commercio 16 febbraio 2009 stabilisce che il contratto può prevedere l’addebito totale o parziale del valore del campionario all’agente, nel solo caso di mancata o parziale restituzione o di danneggiamento non derivante dal normale utilizzo, mentre è vietato l’addebito del campionario all’agente per motivi diversi;
  • l’art. 3 dell’A.E.C. settore industria 30 luglio 2014 stabilisce che il valore del campionario affidato all’agente potrà essere addebitato in caso di mancata o parziale restituzione o di danneggiamento non dovuto alla normale usura da utilizzo, mentre non è consentito l’addebito del campionario all’agente per motivi diversi.

In base ad una interpretazione letterale delle suddette norme degli A.E.C. sembra possibile addebitare all’agente il valore del campionario in caso di furto, in quanto tale fattispecie non configura un caso di mancata restituzione e/o di danneggiamento derivante dal normale utilizzo del campionario.

A sostegno della tesi della responsabilità dell’agente in caso di furto del campionario va considerato anche che:

  • di solito nei contratti individuali di agenzia si precisa che la preponente rimane proprietaria dei campionari che affida all’agente in comodato d’uso;
  • ai sensi dell’art. 1804 c.c. il comodatario è tenuto a custodire ed a conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia;
  • in base alle norme sulla responsabilità del comodatario, in caso di furto del bene in comodato, il comodatario è responsabile per colpa non in caso di semplice prevedibilità ed evitabilità dell’evento, ma qualora, avuto riguardo alle circostanze concrete, il comodatario stesso non abbia posto in essere tutte le attività richieste dall’ordinaria diligenza (ad esempio la chiusura dell’autovettura a chiave con i vetri completamente alzati e con il sistema di allarme antifurto inserito durante le soste, anche temporanee; il ricovero dell’autovettura in rimesse private o pubbliche durante le ore notturne).

Pertanto l’agente, per essere esonerato dalla sua responsabilità in caso di furto del campionario, deve riuscire a dimostrare in un eventuale giudizio di aver adottato tutte le misure richieste dall’ordinaria diligenza per evitare tale furto, posto che la mera denuncia penale da parte dell’agente non è di per sé elemento idoneo a liberarlo da tale responsabilità.

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