Con sentenza n. 10028 del 15 aprile 2021 la Corte di Cassazione – Sezione lavoro è tornata ad occuparsi dei requisiti di validità della lettera di recesso per giusta causa effettuato dalla preponente.
In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha precisato che:
- il principio della necessità della contestazione immediata, sia pure sommaria, delle ragioni poste a base del recesso per giusta causa, con la conseguente preclusione di dedurre successivamente fatti diversi da quelli contestati, opera sia per il rapporto di lavoro subordinato che per quello di agenzia – data l’analogia dei due rapporti – ma in relazione solo al recesso della preponente, mentre il recesso per giusta causa dell’agente non è invece condizionato da alcuna formalità di comunicazione delle relative ragioni, sicché, a tal fine, può tenersi conto anche di comportamenti della preponente ulteriori rispetto a quelli lamentati nella lettera di recesso dell’agente;
- nella lettera di recesso per giusta causa la preponente non deve però fare riferimento necessariamente a fatti specifici, qualora l’agente sia a conoscenza di tali fatti, anche “aliunde“.
Nel caso di specie, dagli atti di causa e dalle incontestate deduzioni della preponente è risultato che l’agente era perfettamente a conoscenza dell’attività di concorrenza illecita posta in essere, che gli venne conseguentemente contestata.
In buona sostanza, nella sentenza in commento la Suprema Corte ha stabilito che, ai fini della legittimità del recesso per giusta causa effettuato dalla preponente, quest’ultima deve contestare immediatamente all’agente gli addebiti, ma non deve necessariamente far riferimento a fatti specifici, fin dal momento della lettera di recesso, essendo sufficiente che l’agente sia a conoscenza di tali fatti, anche “aliunde”.
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