Le provvigioni sugli affari conclusi dalla preponente dopo la cessazione del contratto
L’art. 1748, III comma, c.c., riconosce all’agente il diritto alle provvigioni sugli affari conclusi dalla preponente dopo la cessazione del contratto (c.d. provvigioni postume) in due ipotesi:
- se la proposta è pervenuta all’agente o alla preponente prima della fine del contratto;
- se gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dopo lo scioglimento del contratto e la conclusione dell’affare è da attribuirsi prevalentemente all’attività svolta dall’agente.
Il concetto della ragionevolezza del termine di cui all’art. 1748, III comma, c.c. ha dato luogo a diversi problemi interpretativi, che sono stati risolti dagli Accordi Economici Collettivi (c.d. A.E.C.), attraverso la fissazione di un termine preciso in sostituzione della generica previsione “termine ragionevole” contenuta nel suddetto art. 1748 c.c.
In particolare, sia l’A.E.C. commercio 16/2/2009 (art. 5), sia l’A.E.C. industria 30/7/2014 (art. 6) hanno stabilito un termine di sei mesi dalla data di cessazione del contratto, decorso il quale l’affare non può ritenersi attribuibile all’agente, con la conseguenza che quest’ultimo non ha diritto alle relative provvigioni.
Ad ogni modo, per richiedere il pagamento delle provvigioni in questione, è necessario che l’agente abbia consegnato alla preponente una relazione dettagliata con gli affari in corso al termine del rapporto.
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