La tutela del concept store e la diffusione degli e-shop
La tutela del lay-out di un negozio, ossia dell’arredamento degli interni e in generale del concept caratterizzante un esercizio commerciale (cosiddetto “concept store”), è stato oggetto recentemente di alcune interessanti pronunce giurisprudenziali, che esamineremo in sintesi nel presente articolo.
Nel commercio al dettaglio sono sempre più diffusi punti vendita (spesso monomarca) contraddistinti da un particolare lay-out, e cioè da una elaborazione progettuale dei locali commerciali, detta per l’appunto concept, che veicola uno specifico messaggio commerciale.
In altri termini, il concept store rappresenta quella specifica composizione dei moduli di arredamento, disposti in una determinata maniera in tutti i punti vendita, che crea il fil rouge per il pubblico: fa riconoscere e ricollega i negozi stessi a una medesima impresa.
Il concept store assume particolare rilevanza sia commerciale che giuridica quando “originale” è la combinazione di elementi funzionali (sedie, scaffalature, illuminazione) ed estetici (colore delle pareti e tipologia di pavimenti, tendaggi, abbigliamento del personale).
Posto che non è raro notare come l’allestimento interno di un negozio venga riprodotto illecitamente da parte dei concorrenti, nel caso di un concept store“originale” si pone per le imprese il problema della tutela dalla concorrenza sleale e dalle violazioni del diritto d’autore.
In proposito si segnala che il Tribunale di Milano ha accolto il ricorso di una società contro una concorrente, riconoscendo la tutela del diritto d’autore all’elaborazione progettuale dei suoi negozi monomarca effettuata da uno studio di architettura e registrata come modello italiano.
La società condannata è stata ritenuta colpevole di avere operato una “diretta appropriazione del concept della catena concorrente, con una ripresa integrale degli elementi di arredo”.
Il Tribunale di Milano ha, quindi, inibito l’uso dell’arredo oggetto del contendere, condannando la società resistente anche al pagamento dei danni ed alla modifica di tutti i suoi punti vendita entro 60 giorni.
In particolare la quantificazione del risarcimento del danno liquidato in via equitativa nella somma di Euro 716.250,00 è stata effettuata utilizzando come criterio principale il risparmio che la società resistente ha potuto ottenere grazie allo sfruttamento del progetto di architettura della società ricorrente. Tale importo è stato, poi, aumentato in base al numero dei negozi ai quali la società condannata ha illegittimamente applicato il concept. A ciò è stato aggiunto il rimborso delle spese investigative sostenute dalla società danneggiata, oltre al riconoscimento delle spese legali quantificate nella somma di Euro 26.400,00.
L’efficacia della sentenza in commento è stata poi sospesa dalla Corte d’Appello di Milano, che ha effettuato una valutazione comparativa, all’esito della quale ha ritenuto prevalente il danno che deriverebbe all’appellante dall’esecuzione della sentenza rispetto a quello che deriverebbe all’appellata dalla mancata esecuzione della stessa e ha quindi disposto la sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza del Tribunale di Milano. Ne consegue che la società ricorrente dovrà attendere la conferma in secondo grado per ottenere la piena esecuzione della decisione di primo grado.
Ad ogni modo, tale sentenza del Tribunale di Milano è molto interessante, in quanto riconosce all’arredamento degli interni una protezione ampia e di lunga durata.
Ai progetti di arredamento di interni viene infatti riconosciuta la tutela del diritto autore: a tal fine è necessario il requisito della creatività, la quale, a detta del Tribunale di Milano, non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee semplici o comunque presenti nel patrimonio collettivo, laddove sussista un’interpretazione personale e autonoma, da parte dell’autore, di dati della realtà tali da conferire all’interior design un carattere originale nel suo insieme.
Viene altresì riconosciuta una protezione, residuale e concorrente, avverso qualsivoglia atto di concorrenza sleale parassitaria, consistente nell’imitazione degli arredamenti interni dei negozi: ciò che davvero rileva non è la confondibilità tra i lay-out dei negozi, quanto piuttosto la pluralità di elementi imitativi utilizzati al fine di sfruttare sistematicamente il lavoro, la creatività e gli investimenti altrui, in esplicita violazione dei principi di correttezza professionale.
Si sottolinea inoltre come l’imitazione possa considerarsi illecita soltanto se effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente (in caso di concorrenza parassitaria diacronica) o dall’ultima e più significativa di esse (in caso di concorrenza parassitaria sincronica).
Ciò detto, va altresì evidenziato che, nel caso di specie, pur menzionandola, la società ricorrente non abbia azionato la registrazione per modello relativa al “Design di arredi di interni per negozi monomarca”, molto probabilmente perché proprio il Tribunale di Milano in un caso precedente, pur non escludendo in generale che un modello possa tutelare un progetto d’arredamento, aveva ritenuto che il modello azionato dalla stessa società ricorrente non avesse ad oggetto il concept, ma solo “specifici elementi di arredo”.
Sul tema, il Tribunale di Bologna si è peraltro espresso in senso diametralmente opposto rispetto al Tribunale di Milano, ritenendo che il conceptd’arredamento non possa proprio rientrare nella definizione di “disegno o modello”.
In proposito non va peraltro ignorata la possibilità di tutelare il concept come marchio di forma: la Corte di giustizia europea ha già confermato che, in presenza di idonea capacità distintiva, la rappresentazione “dell’allestimento di uno spazio di vendita mediante un insieme continuo di linee, di contorni e di forme può costituire un marchio”.
Nell’ambito del quadro giurisprudenziale qui sopra brevemente delineato, da un punto operativo va infine considerato che lo sviluppo dell’e-commerce ha profondamente modificato il sistema del commercio al dettaglio, oggi sempre più ad appannaggio degli e-shop di fascia alta, che offrono una copertura planetaria e permettono alle imprese di intercettare i consumatori più giovani (i millennial e la generazione Z).
Appare dunque prevedibile che la brand identity – costruita dalle imprese con una forte integrazione tra off line e on line, in cui lo spazio fisico non scompare ma diventa il volano anche per le vendite via web – richiederà forme di tutela sempre più adeguate rispetto alle condotte scorrette delle imprese concorrenti sia off line che on line.
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