Categoria: Il contratto di agenzia in Italia Pagina 2 di 9

80. Presupposti per ottenere l’indennità meritocratica

Con sentenza n. 988 del 7 giugno 2023 il Tribunale di Cosenza – Sezione Lavoro si è pronunciato sui presupposti che devono essere dimostrati in giudizio da un agente per ottenere il riconoscimento dell’indennità meritocratica.

In tale pronuncia, il Giudice adito ha stabilito che:

  • l’indennità di fine rapporto prevista dagli Accordi Economici Collettivi è composta da tre emolumenti: (i) il primo, denominato indennità di risoluzione del rapporto, viene riconosciuto all’agente anche se non ci sia stato da parte sua alcun incremento della clientela e/o del fatturato, e risponde principalmente al criterio dell’equità; (ii) il secondo, denominato indennità suppletiva di clientela, risponde al principio di equità, e non necessita per la sua erogazione della sussistenza della prima condizione indicata nell’art. 1751, comma 1, codice civile; (iii) il terzo, denominato indennità meritocratica, risponde ai criteri indicati dall’art. 1751 codice civile relativamente alla sola parte in cui prevede come presupposto per l’erogazione l’aumento del fatturato con la clientela esistente e/o l’acquisizione di nuovi clienti;
  • l’indennità meritocratica spetta nel caso in cui l’importo complessivo di indennità di risoluzione del rapporto ed indennità suppletiva di clientela sia inferiore al valore massimo previsto dal comma 3 dell’art. 1751 codice civile e sempreché ricorrano le condizioni per cui l’agente al momento della cessazione del rapporto abbia procurato nuovi clienti al preponente o abbia sensibilmente sviluppato gli affari con i clienti esistenti e il preponente riceva ancora sostanziali vantaggi derivanti dagli affari con tali clienti;
  • l’agente che agisce in giudizio per ottenere il riconoscimento dell’indennità meritocratica deve fornire la prova sia dell’incremento dei nuovi clienti e/o del sensibile sviluppo degli affari con i clienti esistenti, sia dei sostanziali vantaggi che la preponente continua a ricevere dagli affari conclusi con tali clienti.

 

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79. Il principio di equità nel calcolo dell’indennità ex art. 1751 codice civile

Con sentenza n. 770 del 1° giugno 2023 la Corte d’Appello di Bari si è pronunciata sul principio di equità nel calcolo dell’indennità di cessazione di un rapporto di agenzia in applicazione dell’art. 1751 codice civile.

In particolare, in relazione ai criteri di quantificazione dell’indennità in caso di cessazione del rapporto di agenza, con tale sentenza la Corte d’Appello di Bari ha evidenziato che l’art. 17 della direttiva 86/653/CEE del Consiglio del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento del diritto degli Stati membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti, così come interpretato dalla Corte di giustizia Cee, 23 marzo 2006, in causa C-465/05, non impone un calcolo analitico in materia, bensì consente l’utilizzo di metodi di calcolo diversi e, segnatamente, di metodi sintetici che valorizzino ampiamente il criterio di equità avendo quale punto di partenza il limite massimo di un’annualità media di provvigioni previsto dalla direttiva medesima.

In altri termini, la media annuale delle retribuzioni riscosse dall’agente negli ultimi cinque anni e, se il contratto risale a meno di cinque anni, sulla media del periodo in questione deve costituire il punto di partenza di un calcolo sintetico volto alla più ampia valorizzazione del criterio di equità, tenendo conto di tutte le circostanze apprezzabili nella specifica questione.

Nel caso di specie, la suddetta Corte ha considerato le seguenti circostanze:

  • la qualità di agente plurimandatario, che ha reso meno gravosa la cessazione del rapporto con il preponente in questione, proprio perché l’esistenza di vari rapporti attribuisce, di norma, una maggiore autonomia economica all’agente e rende meno importante il singolo recesso sotto l’aspetto per l’appunto economico;
  • la riduzione del portafoglio dei clienti apportati dall’agente alla preponente a circa la metà in un periodo prossimo alla cessazione del rapporto di agenzia;
  • il documentato calo di fatturato in concomitanza con l’ultimo periodo del rapporto;
  • il fatto che l’agente in questione fosse prossimo al pensionamento per ragioni di età;
  • la durata complessiva del rapporto di agenzia.

Sulla base degli elementi concorrenti sopra indicati, la Corte d’Appello di Bari ha riparametrato l’indennità spettante all’agente rispetto all’importo massimo calcolato ex art. 1751 codice civile come media annuale delle provvigioni nella misura, ritenuta equa, di circa la metà di tale importo.

 

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78. Fallimento della preponente e ammissione al passivo dell’agente

Con sentenza n. 10046 del 14 aprile 2023 la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro ha espresso due importanti principi di diritto in tema di fallimento della preponente.

In particolare, in tale pronuncia la Suprema Corte ha affermato che:

  • nel caso di fallimento della preponente al contratto di agenzia pendente si applica, in assenza di una disciplina specifica, la regola generale di sospensione stabilita dall’art. 72, I comma, della legge fallimentare e non l’art. 78 della legge fallimentare, non essendo possibile assimilare tipologicamente il rapporto di agenzia a quello di mandato alla luce dei caratteri distintivi del primo, dati dalla continuità e stabilità dell’attività dell’agente;
  • qualora il rapporto di agenzia pendente sia sciolto per fatto concludente, con il provvedimento di esclusione dei crediti ad esso relativi dallo stato passivo del fallimento della preponente, l’agente ha diritto ad essere ammesso allo stato passivo del per i crediti maturati a titolo di indennità sostitutiva del preavviso e suppletiva di clientela.

In buona sostanza, nella sentenza in esame la Cassazione ha stabilito che al contratto di agenzia pendente alla data di dichiarazione del fallimento della preponente si applica la regola generale contenuta nell’art. 72, I comma, della legge fallimentare, con la conseguenza che, stante lo scioglimento del contratto di agenzia per fatto concludente del curatore fallimentare, l’agente ha diritto ad essere ammesso allo stato passivo del fallimento per i crediti maturati a titolo di indennità suppletiva di clientela e a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.

 

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77. Nulle le clausole che attribuiscono alla preponente un potere illimitato di modifica unilaterale della base di calcolo delle provvigioni

Con sentenza n. 9365 del 5 aprile 2023 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulle clausole contenute in un contratto di agenzia, che attribuiscono alla preponente un potere illimitato di modifica unilaterale della base di calcolo delle provvigioni.

La sentenza in commento trae origine da una controversia tra agente e preponente per il riconoscimento delle differenze provvigionali stornate dalla preponente in base a clausole contrattuali secondo cui le provvigioni spettanti all’agente sono calcolate sul totale del fatturato relativo ai beni venduti “al netto degli sconti” e che gli sconti costituiscono una facoltà della preponente da esercitarsi a suo insindacabile giudizio.

Con la pronuncia in esame la Suprema Corte ha stabilito che nel contratto di agenzia devono considerarsi nulle, ai sensi degli articoli 1346 e 1418 cod. civ., le clausole formulate in modo tale da attribuire alla preponente un potere illimitato di modifica unilaterale della base di calcolo e quindi dell’importo delle provvigioni, attraverso la facoltà di concedere extrasconti in misura non prestabilita e a un numero di clienti imprecisato, così rendendo non determinato e non determinabile un elemento essenziale del contratto, quale appunto la controprestazione dovuta dalla preponente all’agente.

 

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76. Provvigioni su affari conclusi dopo la cessazione del rapporto

Con sentenza n. 370 del 7 marzo 2023 la Corte di Appello di Bari si è pronunciata sul tema delle provvigioni sugli affari conclusi dopo la cessazione del rapporto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza la Corte di Appello di Bari ha affermato che:

  • ai sensi dell’art. 1748, terzo comma, codice civile “L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze risulti equo a ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti”;
  • l’art. 5 dell’AEC settore commercio specifica ulteriormente il contenuto nella suddetta norma del codice civile ponendo a carico dell’agente l’onere di relazionare dettagliatamente la preponente sulle trattative intraprese e non concluse al momento della cessazione del rapporto. Tale relazione ha lo scopo di agevolare l’onere probatorio a carico dell’agente con riferimento all’elemento della riconducibilità dell’affare alla sua attività, posto che dallo stato della trattativa relazionata può presumersi il requisito della prevalenza o meno dell’intervento dell’agente cessato;
  • l’art. 5 dell’AEC settore commercio, inoltre, individua un arco temporale di 6 mesi decorrenti dalla data di cessazione del rapporto e che è stato ritenuto dalle parti congruo e adeguato ad integrare il requisito di legge della ragionevolezza dell’arco temporale entro cui l’affare può essere ricondotto all’operato dell’agente, ferma restando, comunque, la necessità che l’affare sia riconducibile alla prevalente attività dell’agente cessato;
  • in buona sostanza, l’accordo economico collettivo prevede una sorta di presunzione semplice, in base alla quale se entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto una delle trattative va a buon fine, l’agente cessato ha diritto alle provvigioni sugli affari conclusi dopo la cessazione del rapporto. Decorso il semestre, invece, si presume che la conclusione dell’affare sia imputabile all’agente subentrato e quindi l’agente cessato non ha diritto ad alcuna provvigione.

 

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75. Il recesso dell’agente senza giusta causa si converte in recesso senza preavviso

Con sentenza n. 64 del 16 febbraio 2023 il Tribunale di Cuneo si è pronunciato sulla richiesta di pagamento dell’indennità sostituiva del preavviso formulata da una preponente, a seguito di un recesso senza giusta causa esercitato da un agente.

Per meglio comprendere la sentenza in commento è utile ricostruire brevemente la vicenda da cui ha tratto origine tale sentenza.

L’agente Tizio effettuava un recesso da un contratto di agenzia senza l’osservanza del periodo di preavviso, inviando alla preponente Alfa una comunicazione in cui non solo non era indicata alcuna circostanza integrante una giusta causa di recesso, ma addirittura l’agente ringraziava la preponente per l’esperienza da lui acquisita durante gli anni della loro collaborazione.

La preponente Alfa adiva il Tribunale di Cuneo per ottenere la condanna dell’agente Tizio al pagamento dell’indennità sostituiva del preavviso derivante dal suo recesso.

Tizio si costituiva in giudizio eccependo che il suo recesso era un recesso per giusta causa, con la conseguenza che nessuna indennità sostitutiva del preavviso era dovuta alla società Alfa.

Nella sentenza in esame il Tribunale di Cuneo ribadiva i seguenti principi di diritto già affermati dalla Corte di Cassazione:

  • il recesso dell’agente per giusta causa si converte, ove si accerti l’insussistenza di quest’ultima e salvo che non emerga una diversa volontà dell’agente medesimo, in un recesso senza preavviso, che determina la riespansione del diritto della controparte a percepire le previste indennità ed all’eventuale risarcimento del danno (Cass. civ. 30 settembre 2016 n. 19579);
  • l’indennità sostituiva del preavviso è correlata al fatto che lo scioglimento del rapporto di agenzia è conseguenza della volontà di una parte e tale indennità ha la funzione di risarcire in modo preventivo e automatico il danno che può derivare all’altra parte dal recesso senza preavviso (Cass. civ. 14 marzo 2012 n. 4042);
  • l’indennità sostituiva del preavviso è dovuta indipendentemente dalla prova di un pregiudizio subito a causa del recesso ad nutum della controparte, posto che tale indennità è prevista in favore della parte non recedente quale conseguenza automatica e predeterminata del recesso con effetto immediato, intimato dalla controparte, non assistito da giusta causa (Cass. civ. 29 novembre 2017 n. 28524).

Nel caso di specie il Giudice adito accertava che dal tenore della comunicazione di recesso inviata dall’agente alla preponente era incontrovertibile che si era trattato di un recesso in tronco privo di giusta causa, considerato che non solo non era menzionata alcun fatto costituente una ipotetica giusta causa, ma l’agente aveva persino ringraziato la preponente per gli anni della loro collaborazione.

Pertanto, il Tribunale di Cuneo riteneva che la comunicazione in questione era incompatibile con la sussistenza di un inadempimento della preponente così grave da giustificare un recesso per giusta causa e condannava Tizio a corrispondere a Alfa l’indennità sostituiva del preavviso.

 

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74. Riqualificazione del rapporto da agente a lavoratore dipendente

Con sentenza n. 19 del 4 gennaio 2023 il Tribunale di Roma ha riqualificato come rapporto di lavoro subordinato un rapporto in essere tra una persona inquadrata come agente di commercio e una concessionaria di auto.

In particolare, nella suddetta sentenza il Tribunale di Roma ha affermato che:

  • l’utilizzo di un determinato tipo contrattuale non è determinante ai fini della qualificazione del contratto, dovendosi avere riguardo al reale contenuto del rapporto e al suo effettivo svolgimento;
  • il criterio distintivo principale tra lavoro autonomo e subordinato è individuabile, secondo la Corte di Cassazione, nella essenzialità della subordinazione intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro;
  • l’elemento distintivo tra rapporto di agenzia e quello di lavoro subordinato va individuato nella circostanza che il primo ha per oggetto lo svolgimento a favore della preponente di una attività economica esercitata in forma imprenditoriale con organizzazione dei mezzi e assunzione del rischio da parte dell’agente, che si manifesta nell’autonoma scelta dei tempi e dei modi della stessa, pur nel rispetto dell’art. 1746 codice civile e delle istruzioni impartite dalla preponente, mentre oggetto del secondo è la mera prestazione di energie lavorative, il cui risultato rientra esclusivamente nella sfera giuridica dell’imprenditore che sopporta il rischio dell’attività svolta;
  • nel caso di specie, dall’istruttoria svolta, è emerso che le concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa del ricorrente, agente di commercio addetto alle vendite della concessionaria di auto, ricalcavano esattamente quelle dei dipendenti addetti alle vendite della stessa concessionaria di auto;
  • infatti, al pari dei dipendenti addetti alle vendite della concessionaria di auto in questione, il ricorrente: (i) aveva una postazione fissa di lavoro; (ii) era sottoposto al rispetto di un determinato orario di lavoro, nonché al turno di lavoro domenicale; (iii) partecipava alle riunioni aziendali, laddove spesso la società esercitava il proprio potere direttivo e gerarchico e disciplinare; (iv) era obbligato a rispettare un preciso processo di vendita imposto dalla società e i relativi corsi di aggiornamento on line; (v) era obbligato ad eseguire tutte le fasi connesse alle vendite, essendo sottoposto al controllo della società.

Alla luce delle considerazioni sopra svolte, quindi, il Tribunale di Roma ha riqualificato il rapporto di lavoro da agente di commercio in lavoratore dipendente.

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73. Recesso per inosservanza delle condizioni di vendita

Con sentenza n. 173 del 2 dicembre 2022 il Tribunale di Prato si è pronunciato su un recesso per giusta causa intimato da una preponente per violazione da parte dell’agente delle istruzioni impartite dalla stessa preponente riguardo alle condizioni di vendita dei prodotti da applicare alla clientela.

Per meglio comprendere la sentenza in commento è utile ricostruire brevemente la vicenda da cui ha tratto origine tale sentenza.

La società preponente Alfa, azienda farmaceutica, basava il suo recesso per giusta causa sui seguenti inadempimenti dell’agente farmaceutico Tizio: (i) violazione da parte di Tizio dell’art. 1746 cod. civ. e degli obblighi generali di lealtà e buona fede per non essersi attenuto alle istruzioni ricevute dalla società Alfa relativamente alle condizioni di vendita dei prodotti farmaceutici da applicare alle farmacie della sua zona; (ii) sottoposizione alle farmacie di un documento riportato su carta intestata della società preponente Alfa, senza peraltro averne ottenuto il preventivo consenso, che conteneva condizioni commerciali differenti rispetto a quelle effettivamente stabilite dall’azienda farmaceutica Alfa e più precisamente una scontistica molto favorevole (40% + ulteriore 30%), pagamenti delle fatture a 365 giorni e possibilità di restituire i prodotti non venduti, lasciando intendere alle farmacie che la fornitura dei prodotti avveniva in conto vendita.

Inoltre, Alfa contestava a Tizio che, per effetto della condotta sopra descritta dell’agente, si era trovata costretta a ritirare dalle farmacie i prodotti invenduti e a stornare dalla fattura a suo tempo emessa l’importo corrispondente subendo così complessivamente un danno economico di € 69.570,00, oltre a subire un danno di immagine.

Il Tribunale di Prato dichiarava illegittimo il recesso per giusta causa intimato dalla preponente Alfa per non aver assolto l’onere probatorio a suo carico in merito all’inosservanza da parte dell’agente Tizio delle istruzioni da lei impartite riguardo alle condizioni di vendita dei prodotti da applicare alla clientela nonché all’applicazione da parte del medesimo agente di condizioni commerciali difformi rispetto a quelle effettivamente stabilite dall’azienda.

In particolare, il Giudice osservava che al riguardo l’azienda farmaceutica aveva prodotto in giudizio solo una e-mail in cui era scritto testualmente: “IMPORTANTE: in più diamo la possibilità alle farmacie di avere il ritiro delle referenze non vendute dopo 1 anno dalla consegna dei prodotti”, senza allegare ulteriori elementi di fatto a sostegno dell’interpretazione delle istruzioni nel senso voluto dalla preponente.

Pertanto, il Tribunale di Prato dichiarava illegittimo il recesso per giusta causa effettuato dalla società Alfa e condannava tale società a corrispondere all’agente Tizio l’indennità di fine rapporto e l’indennità sostitutiva del preavviso.

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72. Giusta causa per mancato pagamento provvigioni

Con sentenza n. 426 del 22 luglio 2022 la Corte di Appello di Torino ha stabilito che il mancato pagamento delle provvigioni da parte della preponente integra gli estremi della giusta causa di recesso per l’agente.

In particolare, in tale sentenza la Corte di Appello di Torino ha affermato che:

  • nella specie ricorrevano gli estremi della giusta causa di recesso per non avere la preponente adempiuto all’obbligazione principale su di lei gravante omettendo il pagamento delle provvigioni;
  • i ripetuti inadempimenti della preponente non erano riconducibili, se non in minima parte, alla crisi pandemica;
  • i ritardi nel pagamento delle provvigioni già a partire dal 2019 e gli omessi pagamenti delle provvigioni maturate da novembre 2019 a gennaio 2020 non erano evidentemente riconducibili alla pandemia per ragioni temporali. Analogamente l’omesso versamento delle quote FIRR per gli anni 2018 e 2019 non poteva certo essere collegato causalmente alla pandemia, esplosa nel mese di marzo 2020;
  • anche senza considerare il mancato pagamento delle provvigioni nel periodo compreso tra marzo 2020 e giugno 2020, l’inadempimento della preponente era di gravità tale da giustificare il recesso in tronco, poiché il mancato pagamento delle provvigioni ed i reiterati ritardi negli adempimenti funzionali al pagamento delle provvigioni costituivano violazioni del contratto che incidevano sul diritto dell’agente al regolare e puntuale corrispettivo mensile della prestazione lavorativa. Nello specifico, tali condotte riguardavano l’obbligazione principale della preponente nell’attuazione del sinallagma contrattuale e non potevano ritenersi di scarsa importanza, avendo carattere reiterato ed ammontare non del tutto trascurabile.

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71. Requisiti per il riconoscimento dell’indennità di fine rapporto ex art. 1751 codice civile

Con sentenza n. 24846 del 17 agosto 2022 la Corte di Cassazione si è pronunciata sui requisiti per il riconoscimento dell’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 codice civile.

In particolare, in tale sentenza la Suprema Corte ha affermato che: “È noto che nel rapporto di agenzia il diritto all’indennità di scioglimento del contratto – secondo la disciplina dell’art. 1751 c.c. derivante dalla modifica del primo alinea del comma 1 attuata dal D.lgs. n. 65 del 1999, al fine di dare più fedele attuazione alla direttiva comunitaria n. 86/653 del 18 dicembre 1986 – è subordinato alla concorrente presenza sia del sensibile sviluppo degli affari con i clienti esistenti, sia del requisito della permanenza, per il preponente, di sostanziali vantaggi derivanti dall’attività di promozione degli affari compiuta dall’agente”.

Pertanto, nella pronuncia in esame la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai fini del riconoscimento dell’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 codice civile, devono coesistere entrambi i due requisiti essenziali prescritti da tale norma per il riconoscimento del diritto all’indennità in questione e cioè:

  • l’apporto di nuovi clienti o lo sviluppo della clientela esistente;
  • la permanenza di sostanziali vantaggi per la preponente dagli affari con tali clienti.

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