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76. Provvigioni su affari conclusi dopo la cessazione del rapporto

Con sentenza n. 370 del 7 marzo 2023 la Corte di Appello di Bari si è pronunciata sul tema delle provvigioni sugli affari conclusi dopo la cessazione del rapporto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza la Corte di Appello di Bari ha affermato che:

  • ai sensi dell’art. 1748, terzo comma, codice civile “L’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi dopo la data di scioglimento contratto se la proposta è pervenuta al preponente o all’agente in data antecedente o gli affari sono conclusi entro un termine ragionevole dalla data di scioglimento del contratto e la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta; in tali casi la provvigione è dovuta solo all’agente precedente, salvo che da specifiche circostanze risulti equo a ripartire la provvigione tra gli agenti intervenuti”;
  • l’art. 5 dell’AEC settore commercio specifica ulteriormente il contenuto nella suddetta norma del codice civile ponendo a carico dell’agente l’onere di relazionare dettagliatamente la preponente sulle trattative intraprese e non concluse al momento della cessazione del rapporto. Tale relazione ha lo scopo di agevolare l’onere probatorio a carico dell’agente con riferimento all’elemento della riconducibilità dell’affare alla sua attività, posto che dallo stato della trattativa relazionata può presumersi il requisito della prevalenza o meno dell’intervento dell’agente cessato;
  • l’art. 5 dell’AEC settore commercio, inoltre, individua un arco temporale di 6 mesi decorrenti dalla data di cessazione del rapporto e che è stato ritenuto dalle parti congruo e adeguato ad integrare il requisito di legge della ragionevolezza dell’arco temporale entro cui l’affare può essere ricondotto all’operato dell’agente, ferma restando, comunque, la necessità che l’affare sia riconducibile alla prevalente attività dell’agente cessato;
  • in buona sostanza, l’accordo economico collettivo prevede una sorta di presunzione semplice, in base alla quale se entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto una delle trattative va a buon fine, l’agente cessato ha diritto alle provvigioni sugli affari conclusi dopo la cessazione del rapporto. Decorso il semestre, invece, si presume che la conclusione dell’affare sia imputabile all’agente subentrato e quindi l’agente cessato non ha diritto ad alcuna provvigione.

 

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72. Giusta causa per mancato pagamento provvigioni

Con sentenza n. 426 del 22 luglio 2022 la Corte di Appello di Torino ha stabilito che il mancato pagamento delle provvigioni da parte della preponente integra gli estremi della giusta causa di recesso per l’agente.

In particolare, in tale sentenza la Corte di Appello di Torino ha affermato che:

  • nella specie ricorrevano gli estremi della giusta causa di recesso per non avere la preponente adempiuto all’obbligazione principale su di lei gravante omettendo il pagamento delle provvigioni;
  • i ripetuti inadempimenti della preponente non erano riconducibili, se non in minima parte, alla crisi pandemica;
  • i ritardi nel pagamento delle provvigioni già a partire dal 2019 e gli omessi pagamenti delle provvigioni maturate da novembre 2019 a gennaio 2020 non erano evidentemente riconducibili alla pandemia per ragioni temporali. Analogamente l’omesso versamento delle quote FIRR per gli anni 2018 e 2019 non poteva certo essere collegato causalmente alla pandemia, esplosa nel mese di marzo 2020;
  • anche senza considerare il mancato pagamento delle provvigioni nel periodo compreso tra marzo 2020 e giugno 2020, l’inadempimento della preponente era di gravità tale da giustificare il recesso in tronco, poiché il mancato pagamento delle provvigioni ed i reiterati ritardi negli adempimenti funzionali al pagamento delle provvigioni costituivano violazioni del contratto che incidevano sul diritto dell’agente al regolare e puntuale corrispettivo mensile della prestazione lavorativa. Nello specifico, tali condotte riguardavano l’obbligazione principale della preponente nell’attuazione del sinallagma contrattuale e non potevano ritenersi di scarsa importanza, avendo carattere reiterato ed ammontare non del tutto trascurabile.

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64. Quando matura il diritto dell’agente alla provvigione

Con sentenza n. 223 del 7 ottobre 2021 la Corte di Appello di Brescia – Sezione lavoro si è pronunciata anche sul momento in cui matura il diritto dell’agente alla provvigione, stabilendo quanto segue.

In base alla legge 15 febbraio 1999, n. 65, di attuazione della Direttiva Europea in materia di contratti di agenzia, che ha modificato l’art. 1748 codice civile, per tutti gli affari conclusi durante il contratto, l’agente ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento (art. 3 della legge che ha così modificato l’art. 1748 codice civile, comma 1) e, salvo che sia diversamente pattuito, la provvigione spetta all’agente dal momento e nella misura in cui la preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione in base al contratto concluso con il terzo. La provvigione spetta all’agente, al più tardi, inderogabilmente dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione qualora il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico (art. 3 della legge che ha così modificato l’art. 1748 codice civile, comma 4).

Relativamente all’art. 1748 codice civile, comma 4, di recente Corte di Cassazione, nella pronuncia n. 3483 del 2020 ha affermato che: “in tal modo la legge… ha distinto tra il momento di acquisizione della provvigione e il momento di esigibilità della provvigione già acquisita. Il momento di acquisizione è il momento in cui l’operazione promossa dall’agente è stata conclusa tra le parti; il momento di esigibilità è il momento in cui il preponente ha eseguito, o avrebbe dovuto eseguire, la prestazione. Nella nuova disciplina giuridica, dunque, il fatto costitutivo della provvigione è la conclusione del contratto. Condizione di esigibilità è invece l’esecuzione del contratto da parte del preponente: la provvigione è esigibile nel momento e nella misura in cui il preponente ha eseguito o avrebbe dovuto eseguire la prestazione. Non è quindi necessaria la prova del buon fine dell’affare e cioè, in sostanza, dal pagamento del prezzo da parte del cliente“.

Pertanto, secondo la sentenza in esame della Corte di Appello di Brescia, la legge 15 febbraio 1999, n. 65 di attuazione della Direttiva Europea in materia di contratti di agenzia prevede una disciplina di maggior tutela del diritto alle provvigioni da parte dell’agente sia per quanto riguarda il momento genetico, sia in merito all’onere probatorio, nel senso che l’agente che afferma il diritto al pagamento della provvigione è tenuto a fornire soltanto la prova della conclusione dell’affare per effetto del proprio intervento e non del buon fine dello stesso.

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63. Diritto dell’agente alla provvigione e onere della prova

Con sentenza n. 223 del 7 ottobre 2021 la Corte di Appello di Brescia – Sezione lavoro si è pronunciata sul tema della ripartizione dell’onere della prova nelle cause in cui un agente agisce in giudizio per ottenere il pagamento delle provvigioni.

In particolare, in tale sentenza la Corte adita ha stabilito che:

  • in linea generale, è pacifico che nei contratti a prestazione corrispettive e di durata, la prova del diritto alla controprestazione passa necessariamente dalla dimostrazione non soltanto della fonte negoziale, ma anche dell’esecuzione della propria prestazione e questa dimostrazione grava senz’altro, ex art. 2697 codice civile, sulla parte che deduce l’inadempimento del contratto;
  • in materia di contratti di agenzia il suddetto principio generale di diritto implica che l’agente che agisce in giudizio per ottenere dalla preponente il pagamento di provvigioni non corrispostegli, ha l’onere di provare i fatti costitutivi del suo diritto, ovvero deve provare, oltre che la sussistenza del rapporto di agenzia, l’avvenuta conclusione dell’affare, per quanto tale prova possa avvenire mediante ogni mezzo, finanche facendo ricorso alle presunzioni e tenendo altresì conto, secondo più recenti arresti della giurisprudenza di legittimità, anche del principio – riconducibile all’art. 24 Costituzione e al divieto di interpretare la legge in modo da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio – della riferibilità o vicinanza o disponibilità dei mezzi di prova;
  • sotto quest’ultimo profilo, è da ricordare che l’art. 1748 codice civile riconosce il diritto dell’agente di esigere che gli siano fornite tutte le informazioni necessarie per verificare l’importo delle provvigioni liquidate e, al riguardo, va considerato che la documentazione in possesso della preponente può rivelarsi indispensabile per sorreggere, sul piano probatorio, attraverso precisi dati quantitativi, le allegazioni dell’agente, sia in materia di affari sia in materia di altri diritti derivanti dal rapporto di agenzia, sicché non è imputabile all’agente la carenza di indicazione di dati quantitativi, laddove derivi dall’inadempimento dell’obbligo di informazioni posto dalla legge a carico del preponente.

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55. Mancato pagamento delle provvigioni e giusta causa di recesso

Con sentenza n. 14 dell’11 febbraio 2021 la Corte d’Appello di Genova – Sezione lavoro ha precisato le condizioni in presenza delle quali il mancato pagamento delle provvigioni integra gli estremi della giusta causa di recesso dell’agente. 

In particolare, nella sentenza in esame la Corte territoriale adita ha affermato che:

  • in generale, la giusta causa di recesso dell’agente va identificata, in base all’art. 2119 cod. civ., nell’inadempimento colpevole e non di scarsa importanza delle preponente, che lede in misura considerevole l’interesse dell’agente;
  • in particolare, il mancato pagamento delle provvigioni e i reiterati ritardi negli adempimenti funzionali al pagamento delle provvigioni costituiscono violazioni del contratto che incidono sul diritto dell’agente a regolare e puntuale corrispettivo mensile della prestazione lavorativa;
  • nello specifico, tali condotte investono l’obbligazione principale della preponente nell’attuazione del sinallagma contrattuale e non possono ritenersi di scarsa importanza, soprattutto qualora abbiano carattere reiterato ed ammontare non del tutto trascurabile.

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49. Illegittimità dello storno delle provvigioni

Con la sentenza n. 18664 dell’8 settembre 2020 la Cassazione ha affermato l’illegittimità delle clausole di un contratto di agenzia, che prevedevano lo storno delle provvigioni erogate all’agente in caso di recesso anticipato del cliente finale e in caso di mancato raggiungimento di alcuni livelli di fatturato fissati nel contratto.

In particolare, il caso sottoposto alla Suprema Corte riguardava un contratto di agenzia stipulato tra un agente e una società di telecomunicazioni, in cui era espressamente prevista la possibilità di stornare le provvigioni corrisposte a tale agente nelle seguenti ipotesi: (i) mancato raggiungimento, da parte del cliente, di un fatturato di 30,00 Euro per le “sim fonia”; (ii) mancato raggiungimento, da parte del cliente, di un fatturato di 20,00 Euro per le “sim dati”; (iii) disdetta entro sei mesi dall’attivazione da parte del cliente.

Con la sentenza in commento la Cassazione ha stabilito che:

  • nelle ipotesi contrattuali sopra riportate non si era verificata alcuna mancata esecuzione del contratto per cause non imputabili alla preponente, ma solo il mancato raggiungimento di alcuni obiettivi di politica aziendale della stessa preponente;
  • le clausole del contratto di agenzia che prevedono lo storno delle provvigioni nelle ipotesi sopra indicate sono illegittime, in quanto in contrasto con l’art. 1746, VI comma, codice civile, secondo cui “L’agente è tenuto a restituire le provvigioni riscosse solo nella ipotesi e nella misura in cui sia certo che il contratto tra il terzo e il preponente non avrà esecuzione per cause non imputabili al preponente. È nullo ogni patto più sfavorevole all’agente.”.

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40. Mancata contestazione estratti conto provvigionali

Con la sentenza n. 12544 del 10 maggio 2019 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema della mancata contestazione degli estratti conto provvigionali.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che: “In tema di rapporto di agenzia, deve escludersi che l’omessa contestazione degli estratti conto provvigionali comporti una approvazione tacita di modifiche unilaterali apportate, con riguardo a condizioni economiche per alcuni specifici affari, dal preponente e, di conseguenza, una rinuncia dell’agente a maggiori compensi provvigionali, posto che la rinuncia tacita ad un diritto può desumersi soltanto da un comportamento concludente del titolare che riveli in modo univoco la sua effettiva e definitiva volontà abdicativa.”.

In buona sostanza, nella sentenza in commento la Cassazione ha stabilito che la mancata contestazione degli estratti conto provvigionali trasmessi periodicamente dalla preponente non costituisce un elemento sufficiente a far desumere un’accettazione tacita delle differenti condizioni economiche riconosciute dalla preponente per alcuni specifici affari.

In proposito si segnala che la sentenza n. 12544 del 10 maggio 2019 si pone in contrasto con il principio di diritto in precedenza enunciato dalla stessa Suprema Corte nella sentenza n. 13379 del 10 giugno 2009, a cui poi si è conformata la successiva giurisprudenza di merito.

Infatti nella suddetta pronuncia del 2009 la Cassazione ha affermato che in caso di modifiche unilaterali delle provvigioni da parte della preponente, la continuazione pluriennale della collaborazione da parte dell’agente comporta implicita accettazione delle nuove condizioni contrattuali.

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39. Termini di prescrizione e contratto di agenzia

Con la sentenza n. 14498 del 28 maggio 2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata sui termini di prescrizione nel contratto di agenzia.

In particolare, nella suddetta sentenza la Suprema Corte ha affermato che:

  • le provvigioni, essendo somme di denaro pagabili “periodicamente ad anno o in termini più brevi”, sono soggette al termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948, comma 1 n. 4, codice civile;
  • l’indennità di cessazione del rapporto di agenzia ex art. 1751 codice civile, è soggetto al termine ordinario di prescrizione decennale, in quanto non rientrante nell’ipotesi di cui all’art. 2948, comma 1 n. 5, codice civile, che è invece riferita espressamente alle sole indennità spettanti per la cessazione del rapporto di lavoro.

In buona sostanza, il diritto ad ottenere il pagamento delle provvigioni si prescrive in cinque anni, mentre il diritto ad ottenere il pagamento dell’indennità di fine rapporto prevista dall’art. 1751 codice civile si prescrive in dieci anni, fermo restando che – a pena di decadenza da tale diritto – entro un anno dalla cessazione del rapporto di agenzia l’agente deve chiedere espressamente alla preponente il pagamento di tale indennità.

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