Categoria: Il contratto internazionale di agenzia

3. Il concetto di nuovi clienti secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea

Il concetto di “nuovi clienti” secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea

Con la sentenza 7 aprile 2016, C-315/14, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato che l’art. 17, paragrafo 2, lettera a), primo trattino della direttiva 86/653 deve essere interpretato nel senso che “nuovi clienti” possono essere anche quelli procurati dall’agente che hanno già intrattenuto in precedenza rapporti d’affari con la preponente per quanto riguarda gli articoli commercializzati dalla preponente in una determinata gamma di prodotti, ma non per quanto riguarda quelli per i quali la preponente ha conferito all’agente un incarico di vendita esclusivo.

Per meglio comprendere l’importanza e la novità della sentenza in commento è utile ricostruire brevemente la vicenda da cui ha tratto origine tale sentenza, che è stata emessa in un procedimento promosso da un agente tedesco dopo la cessazione di un rapporto di agenzia con una società tedesca produttrice di vari marchi di montature per occhiali, al fine di ottenere l’indennità di fine rapporto.

La società tedesca collabora con vari agenti, ad ognuno dei quali conferisce solo collezioni di montature per occhiali di determinati marchi, ma non tutta la sua gamma di prodotti.

L’agente che ha promosso la causa in questione aveva ricevuto un incarico per la vendita delle collezioni di montature per occhiali relative a due marchi.

Di conseguenza, tale agente si trovava in concorrenza con gli altri agenti di zona della preponente ai quali era stato conferito un incarico per la vendita di altre collezioni di marchi di montature per occhiali.

La società tedesca aveva fornito all’agente un elenco di clienti comprendente ottici che avevano già acquistato da essa collezioni di montature per occhiali di marchi diversi da quelli oggetto del contratto e, quindi, la medesima società ha sostenuto in causa che tali clienti non potevano essere considerati “nuovi clienti” ai fini dell’ottenimento dell’indennità di fine rapporto.

Per contro, l’agente tedesco ha sostenuto che gli ottici che, grazie ai suoi sforzi, avevano acquistato per la prima volta montature per occhiali con i marchi a lui contrattualmente assegnati dovevano essere considerati come “nuovi clienti”, anche se erano già stati in precedenza clienti della preponente per altri marchi di montature per occhiali.

La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha risolto la controversia in esame enunciando il principio di diritto sopra riportato, e cioè che “nuovi clienti” possono essere anche quelli procurati dall’agente che hanno già intrattenuto in precedenza rapporti d’affari con la preponente per quanto riguarda gli articoli commercializzati dalla preponente in una determinata gamma di prodotti, ma non per quanto riguarda quelli per i quali la preponente ha conferito all’agente un incarico di vendita esclusivo.

Tale principio potrebbe essere utilizzato anche in Italia nelle cause tra agenti e preponenti riguardanti il riconoscimento dell’indennità di fine rapporto di cui all’art. 1751 c.c. quando vi sono circostanze analoghe a quelle presenti nella sentenza in commento (in particolare zona non in esclusiva e affidamento all’agente solo di determinate linee di prodotti). Sarà, quindi, interessante notare se la giurisprudenza italiana interpreterà il concetto di “nuovi clienti” conformemente alla sentenza 7 aprile 2016 della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

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2. Il contratto di agenzia nel Regno Unito

Il contratto di agenzia nel Regno Unito

La figura dell’agente di commercio è stata regolata in Europa dalla Direttiva 86/653/CEE del Consiglio UE del 18 dicembre 1986 relativa al coordinamento dei diritti degli Stati Membri concernenti gli agenti commerciali indipendenti.

Nel Regno Unito il diritto dei contratti di agenzia è dominato dal principio della libertà contrattuale. Vi sono al momento restrizioni solo relativamente ad alcuni diritti e doveri fondamentali dei contraenti in ragione della suddetta Direttiva UE sugli agenti, che è stata recepita in Gran Bretagna con la legge The Commercial Agents (Council Directive) Regulations 1993.

Inoltre, valgono i principi generali della legislazione contrattualistica e della concorrenza.

In buona sostanza, la maggior parte degli articoli della suddetta Direttiva è destinata a dare una tutela minima all’agente e, quindi, non può essere derogata a suo svantaggio.

Ciò riguarda le norme degli artt. 3 e 4 (diritti e doveri dei contraenti), l’art. 10 commi 2 e 3 (sussistenza ed esigibilità del diritto alla provvigione), l’art. 11 comma 3 (diritto alla provvigione), l’art. 13 comma 1 (diritto di entrambi i contraenti di pretendere un esemplare scritto del contratto), l’art. 17 (diritto all’indennizzo dell’agente dopo la fine del contratto), l’art. 19 (illiceità degli accordi che escludono il diritto all’indennizzo).

Ne consegue che, qualora una clausola contrattuale si discosti dal contenuto dei predetti articoli, tale clausola è nulla in quanto illecita e sarà di volta in volta sostituita dalla norma applicabile della Direttiva UE sugli agenti, mentre il resto del contratto resterà valido.

Operativamente nel Regno Unito ogni persona fisica o giuridica può essere agente, non essendo necessario che abbia la sede o la residenza in Gran Bretagna per poter svolgere tale attività.

L’agente non è tenuto a iscriversi alla Camera di Commercio, né ad un albo, non ci sono accordi di categoria vincolanti, né sussiste per le preponente alcun obbligo di versare contributi, trattenute o quote annuali.

Per contro, tutti gli obblighi previdenziali gravano esclusivamente sull’agente.

Nel Regno Unito il contratto di agenzia non è sottoposto ad alcun requisito di forma, nonostante la sopra citata Direttiva UE sugli agenti preveda la forma scritta.

Inoltre va considerato che, sebbene anche il contratto di agenzia concluso in forma orale sia da ritenersi valido, ciascuno dei contraenti può comunque pretendere dall’altro una copia scritta del contratto che ne riporti l’esatto contenuto.

Il contratto di agenzia non è sottoposto ad obblighi di registrazione.

Il contratto è, di solito, a tempo determinato, ma ove si protragga oltre il termine stabilito diventa a tempo indeterminato. Non vi sono norme relative ad un periodo di prova dell’agente.

Nel caso in cui manchi un accordo contrattuale sull’ammontare della provvigione, il compenso dell’agente viene determinato, ai sensi dell’art. 6 della suddetta Direttiva UE, secondo la remunerazione “usuale” e/o “ragionevole”.

Il preavviso minimo per la risoluzione è di un mese per i contratti annuali, due mesi per i biennali, tre mesi per quelli che durano tre o più anni.

Alla risoluzione del contratto l’agente ha diritto a un indennizzo o a un risarcimento danni pari “all’attuale valore di mercato del contratto se questo fosse durato nel tempo”.

La legge non dispone un modello inderogabile, rimettendo la scelta ai contraenti.

La forma più comune di liquidazione è il risarcimento del danno finalizzato ad una compensazione calcolata sulla base del pregiudizio insito per l’agente nell’interruzione del rapporto.

Non vi sono disposizioni di legge che impongano una clausola di non concorrenza post-contrattuale: i contraenti possono, quindi, decidere liberamente che l’agente sia obbligato ad astenersi per un certo periodo di tempo dopo la cessazione del contratto da ogni attività di concorrenza in danno del preponente e che in cambio di questa limitazione della sua libertà lavorativa riceva un’indennità. Sotto il profilo del diritto della concorrenza, tale clausola è lecita soltanto se si riferisce esattamente ai prodotti del preponente, se è limitata ad una determinata zona e non supera una certa durata.

La durata massima consentita, ai sensi dell’art. 20 comma 3 della citata Direttiva UE sugli agenti, è di due anni. Inoltre, sempre secondo tale Direttiva, la clausola sulla concorrenza necessita, come detto, della forma scritta.

Nel Regno Unito l’agente può servirsi di un ausiliario, il quale è obbligato soltanto nei confronti dell’agente, ma non ha con il preponente alcuna relazione contrattuale.

Di conseguenza, laddove il contratto principale (tra agente e preponente) sia dichiarato nullo o annullabile, ciò non determina comunque alcun effetto sul contratto con l’ausiliario, che rimane valido.

In linea di massima gli accordi sulla competenza giudiziaria sono possibili, così come eventuali clausole sul diritto applicabile. Tuttavia, qualora il giudice competente in base all’accordo contrattuale non dovesse applicare il diritto del relativo Paese, si dovrà ovviamente considerare che ciò comporta rilevanti costi aggiuntivi (ad esempio per le asseverazioni in relazione al diritto applicabile secondo il giudice o per l’intervento di un interprete).

Laddove le parti non abbiano stabilito nulla in merito al diritto applicabile, si applica il diritto del Paese nel quale l’agente esercita la propria attività. Infine va tenuto presente che all’interno del Regno Unito esistono giurisdizioni differenti, in considerazione delle varie nazioni che lo compongono.

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1. Il risarcimento del danno ulteriore secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea

Il risarcimento del danno ulteriore secondo la Corte di Giustizia dell’Unione europea

Con la sentenza 3 dicembre 2015, C-338/14, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha affermato che l’art. 17, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 86/653 deve essere interpretato nel senso che la concessione del risarcimento del danno ulteriore non è subordinata alla dimostrazione dell’esistenza di un illecito imputabile al preponente, che presenti un nesso causale con il danno invocato, ma esige che il danno invocato sia distinto da quello risarcito dall’indennità di fine rapporto.

In Italia l’art. 17, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 86/653 è stato attuato dall’art. 1751, IV comma, c.c., in base al quale il riconoscimento all’agente dell’indennità di fine rapporto non priva comunque lo stesso agente del diritto al risarcimento del danno ulteriore derivante dalla cessazione del rapporto.

Secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza italiana l’art. 1751, IV comma, c.c. si riferisce ai danni ulteriori da fatto illecito (contrattuale o extracontrattuale) connesso alla cessazione del rapporto di agenzia.

Tuttavia con la suddetta sentenza la Corte di Giustizia dell’Unione europea sembra aver stabilito che il riconoscimento a favore dell’agente del risarcimento del danno ulteriore non presuppone necessariamente un illecito imputabile al preponente.

Pertanto il principio di diritto enunciato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea potrebbe essere utilizzato per sostenere che l’art. 1751, IV comma, c.c. deve essere interpretato in conformità a tale principio, con la conseguenza che pure in caso di una risoluzione legittima del contratto di agenzia, oltre all’indennità di fine rapporto, si potrebbe richiedere anche il risarcimento dei danni ulteriori, purché tali danni siano distinti da quelli risarciti con l’indennità fine rapporto (ad esempio danni per denigrazione professionale, per ingiuriosità del recesso del preponente, per investimenti non recuperabili, per costi di licenziamento del personale non più utilizzabile).

Sarà, quindi, interessante notare se la giurisprudenza italiana interpreterà l’art. 1751, IV comma, c.c. conformemente alla sentenza 3 dicembre 2015 della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

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